Parte 23 ~ Cuori spezzati

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Un fragoroso applauso seguì alla sua esibizione.

«Per tua fortuna Apollo non è permaloso come Afrodite», la dea Atena disse, quando lui tornò al tavolo.

Eros lo guardava ammirato, e Psiche pensò che per la prima volta dopo settimane si sentiva un po' più umano. Era strano pensare che fosse successo tra creature divine tanto diverse da lui, ma per quanto amasse Eros non poteva essere lui il centro della sua giornata. Aveva bisogno di pensare un po' a se stesso, di suonare per gli altri, di vedere la sua famiglia. Sorrise grato a Eros per avergli ridato un po' di serenità dopo le ultime settimane.

Quando fu il momento di alzarsi e vide Eros coinvolto in una conversazione con Bacco, decise di non disturbarlo. In fonde se la poteva cavare da solo. Gli dei da vicino gli incutevano soggezione, ma aveva scoperto quella sera che erano più umani di quanto pensasse. Gli umani erano capaci delle più atroci malvagità, una voce sospettosa nella sua testa gli suggerì, la scacciò via.

Si avvicinò a una delle tante pareti di cristallo da cui si poteva contemplare il giardino. Una mano che si posò sulla sua spalla lo riscosse. Non era il tocco delicato che Eros gli riservava, ma una presa salda, quasi prepotente. Chi poteva essere? Un dio a cui la sua esibizione non era piaciuta? Prima ancora di voltarsi scorse sul cristallo il riflesso dei riccioli neri. Appartenevano a un volto squadrato, su cui troneggiava un naso importante e un paio di occhi scuri come onice e inquietanti come quelli di una fiera affamata. Non riuscì a proferire parola.

«Non c'è motivo di avere paura», il dio disse, facendolo voltare. «Ho apprezzato la tua musica».

Psiche gli rivolse un debole sorriso. Il suo sguardo gli ricordava la luce sinistra e lussuriosa che animava quello di Prassitele. Gli occhi del dio indugiarono sul suo volto, sulle labbra piene. Psiche cercò di capire chi fosse la divinità che gli stava davanti. E dov'era Eros? Non riusci più a vederlo.

«Io sono Kakia», l'altro disse, mentre le labbra si piegavano in un ghigno suadente.

Psiche provò l'istinto di fuggire, e i suoi occhi dovettero assumere un'espressione terrorizzata, perché Kakia esplose in una sonora risata. «Non posso farti del male, non preoccuparti, e poi, non sono stato io a decidere che tu dovessi venire nella mia rocca».

Psiche cercò ancora Eros con lo sguardo, ma sembrava essere stato avviluppato dalle vesti degli altri dei. Non lo trovava. E perché aveva invitato Kakia? Non sapeva forse che il suo solo nome era per lui insopportabile? I suoi occhi caddero sulla mano destra del dio che gli stava davanti. Sentì il sangue farsi di ghiaccio. Sul dito indice del dio spiccava il quarzo e il diamante rosa che spesso avevano ornato le dita di Eros. Come faceva ad avere quell'anello?

Ancora le parole di suo fratello gli tornarono in mente. Suo fratello lo aveva messo in guardia dicendogli che se non aveva mai visto in faccia il dio dell'Ira, di cui neanche l'iconografia osava occuparsi, come poteva essere sicuro che il dio che l'aveva condotto nel castello di delizie fosse davvero Eros? E se il castello fosse stato un figmento della sua immaginazione? Se per tutto questo tempo a possederlo fosse stato Kakia? Magari tutti gli dei sapevano e stavano ridendo di lui. Un umano che aveva creduto di poter essere sposo legittimo di un dio, del dio dell'amore fra tutti! Invece Kakia aveva escogitato un metodo più sadico, gli aveva fatto credere di essere Eros, ma l'anello adesso lo tradiva. A un dio bastava poco a cambiare il colore dei capelli, degli occhi... Non può essere, si disse, ma una vertigine lo fece barcollare.

Quando riaprì gli occhi, davanti a sé stava Eros, le labbra rosee e gli occhi smeraldo colmi di preoccupazione. «Mando via tutti», disse. In pochi attimi, tra le proteste degli altri dei, la sala si svuotò, il castello tornò silenzioso. Eros gli porse un bicchiere di vino, ma lui lo scostò.

«Non mi va».

«Ti accompagno a letto», Eros disse, mettendo via il calice.

Psiche lo scrutò, il suo sguardo dolce come poteva appartenere a Kakia? «Vorrei andare dai miei domani».

«Per quale motivo?»

«Perché sono la mia famiglia». Psiche strinse i pugni, avrebbe voluto strapparsi la tunica candida di dosso, non aveva il diritto di indossarla.

«L'ultima volta che ci sei andato sei tornato in uno stato... stanco, nervoso. È proprio necessario? Non mi piacciono».

«E a me non piace tua madre».

Eros trangugiò il calice di vino. «Neanche a me certe volte. Vuoi dirmi qual è il problema?»

«Perché Kakia era qui? Dopo quello che è successo...»

«Non potevo non invitare anche lui, è una regola dell'Olimpo. Speravo che avesse la decenza di starti lontano. Ha osato mancarti di rispetto?»

Psiche scosse la testa. «Non mi dici mai nulla di come funziona il tuo mondo, ti aspetti che io rispetti e capisca le tue regole ogni volta».

«Devi fidarti di me». Eros lo attirò a sé.

Psiche lasciò che lo facesse, ma non riuscì ad abbandonarsi tra le sue braccia. «Sono solo un uomo, fatto di materia mortale e corruttibile, non durerò in eterno e tu mi sostituirai presto con qualcun altro», gli sputò addosso. Lo vide indurire i tratti del viso, ma non mollò la presa, arrivando, anzi, a far quasi toccare i loro petti ansanti.

«Se davvero pensi questo perché rimani qui? Puoi andare via», Eros disse spinto dalla rabbia.

«Come se tu me lo permetteresti mai. Sono solo uno tuo schiavo», lo provocò.

Gli occhi di Eros si accesero di indignazione e Psiche pensò che non aveva mai visto le iridi smeraldo diventare tanto torbide, come se fossero gemme ancora nel ventre della terra, nelle cavità più profonde e nessuno le avesse portate alla luce.

Uno schiavo, Eros pensò. Le parole usate da Psiche martellavano nella sua mente divina. Sì, aveva pensato all'inizio di colpire il cuore del giovane con i suoi dardi dorati per assicurarsi che non si muovesse dal suo castello, per sottrarlo alle ire di sua madre e all'invidia del mondo. Solo per proteggerlo, quindi, ma Psiche sembrava non capirlo, e lui, offeso nel suo orgoglio divino, non era disposto a tollerare le sue insinuazioni. «Vuoi vedere come viene davvero trattato uno schiavo?» Non gli lasciò il tempo di rispondere e premette le sue labbra su quelle di Psiche.

Psiche riuscì a divincolarsi, oltraggiato. Aveva ragione, dunque. Eros non avrebbe mai trattato in quel modo chi considerava suo sposo. «Questo cosa dovrebbe provare...», ansimò, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro.

Eros lo afferrò nuovamente, Psiche sentì la finestra di cristallo premere contro la sua schiena, le labbra di Eros affondare nell'incavo del suo collo, sulla sua spalla nuda, dopo aver fatto scivolare via la spallina della sua tunica.

«Dovrebbe provare», Eros disse ansante, sollevandogli una gamba, «che il modo in cui verresti trattato da Kakia è questo, mentre io... io non lo farei mai». Lo lasciò d'improvviso, e Psiche avvertì sulla pelle accaldata un brivido causato dall'aria fredda che d'improvviso l'accarezzava.

Eros si era allontanato e lo guardava ancora pieno di risentimento.

Psiche si sistemò la spallina della tunica. «Se mi avessi lasciato a Prassitele sarebbe stato meglio», disse senza pensarlo davvero. Voleva ferirlo, dimostrargli che non poteva decidere della sua vita come meglio credeva solo perché gliel'aveva salvata tre mesi prima.

Eros sollevò il braccio, indicò la porta della sala e poi oltre la finestra, i giardini, il sentiero che conduceva all'uscita.

«E allora puoi andare, consoci la strada».

Psiche lo vide andare via, con il solito incedere regale, questa volta reso più energico dall'ira che lo animava. Una fitta al ventre lo fece quasi accasciare. Provò un senso di disperazione che non aveva mai avvertito fino ad allora, non da quando era stato accolto nel castello delle delizie. Odiò che Eros lo avesse lasciato pieno di desiderio, odiò non poter vedere il suo volto. Odiava aver parlato con Kakia. Odiava anche il ventre che gli sembrava più gonfio, ma no... non significava niente. Eros aveva fatto di tutto per evitare che le loro unioni fossero totali, perché per Eros lui non era che un passatempo. Le parole della sua famiglia e le sue congetture gli diedero una vertigine. Eppure, era così felice i primi tempi. Serrò le mascelle e cominciò a muoversi.

Amore & Psiche (gay story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora