Odile

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Odile ha otto anni e non ha una mamma. Ha un papà buono con gli occhi verdi che le racconta le storie, e una bambola scolorita con i capelli di lana ispida, e un'amica che viene da lontano. Ha un lettino caldo e la pancia piena ogni sera. A volte sgattaiola nelle cucine, porta un rametto fiorito alla cuoca gentile con le mani grandi e gli occhi buoni, e corre via con un biscotto stretto in mano e il vento fra i capelli. Finché può giocare al lago con Odette, inventare qualche stramberia per sentire quella sua buffa risata singhiozzante, e poi tornarsene a casa sgambettando nella polvere, non ha nulla da chiedere alle stelle prima di dormire.

***

Odile ha undici anni e un segreto. Di tutte le storie che racconta a Odette nei lunghi pomeriggi d'estate, quando il sole non vuol saperne di tramontare, ormai quasi nessuna è davvero inventata da lei. Quando vuole far sorridere la sua amica speciale, rovista fra i libri di suo padre. Ruba un pezzetto di questa storia e uno di quest'altra, finché non ha in mano un bel mosaico di tutti i colori, e quello è il suo regalo per Odette. Non ha il coraggio di dirglielo. E se non volesse più essere sua amica? Odile non vuole rinunciare alle loro corse sotto gli alberi, alle risate, alla sensazione di non essere tutta sola. Forse un giorno, quando saranno grandi, glielo dirà.

Suo padre le sorride quando la sorprende fra le pagine, le dice di andarsene a giocare fuori con la sua amica, che i libri non vanno da nessuna parte. Odile non capisce: nemmeno Odette se ne andrà. Lo ha promesso. Ci sarò anche domani, e dopo, tutti i giorni finché non avremo tutte e due i capelli grigi, ha promesso Odette. E Odile le ha creduto.

***

Odile ha quattordici anni e adesso sa cosa chiedere alle stelle. Chiede la stessa cosa ogni sera, con le lacrime agli occhi e uno strano dolore in fondo al petto: chiede un altro giorno. Un altro giorno sospeso in un'infanzia di sole, un altro giorno prima che Odette si accorga che la sua promessa è impossibile. Perché Odette è una principessa, e Odile è appena un gradino sopra la servitù, e non ci si può fare niente. Si può solo sperare di avere un altro giorno per sentirla ridere, un altro giorno per tenerle la mano, prima che il baratro si spalanchi ai loro piedi e le divida per sempre.

È stato suo padre a parlarle della differenza fra lei e Odette. Lo ha fatto con la voce calma e morbida delle favole, ma con gli occhi tristi. Odile ha ascoltato, e ha capito, e ha cercato di rassegnarsi. Si è rassegnata a tante cose nella sua breve vita: a non avere una mamma, a contare gli spiccioli ogni domenica sera, a chinare la testa quando un nobile della corte la guarda con troppa insistenza. Ma questa è più difficile, e Odile non è sicura di voler ammettere il perché.

***

Odile ha diciassette anni ed è nei pasticci. Non sa esattamente come e quando sia potuto succedere, ma si è lasciata cambiare le carte in tavola e all'improvviso non sa più giocare. L'amicizia sincera che la legava a Odette, quell'affetto tenero e infantile che le permetteva di stringersi al cuore ogni tiepido istante senza chiedere altro che un momento in più, senza preavviso è diventato un vuoto divorante allo stomaco, un tremore incontrollabile delle dita, un rossore che le prende le guance e le orecchie e non se ne va più. Non sa cosa le sia preso, quel pomeriggio nella sua soffitta. Non sa spiegare dove abbia trovato il coraggio di dire quelle parole, l'incoscienza di chiudere gli occhi e perdersi nel battito del cuore di Odette, così veloce sotto la pelle, sotto le sue labbra. Ora Odile non può più accontentarsi di pregare le stelle per un altro giorno. Si ritrova suo malgrado a chiedere ciò che non dovrebbe - un'impossibilità così enorme che si sente sciocca anche solo a pensarla.

***

"Odile. C'è qualcosa di cui dovremmo parlare."

"Dimmi, papà."

Odile sorride, si siede davanti alla sua tazza di tè. C'è sempre una tazza di tè sul tavolo scheggiato del pianterreno, per scaldarsi le mani e addolcire le parole amare.

"Ormai sei una donna, e sono preoccupato per tutto il tempo che passi a corte. Una giovane graziosa e di umili origini è un facile bersaglio per ogni sorta di attenzioni, specie quelle sbagliate."

"Ne abbiamo già parlato, papà. I nobili sono quel che sono, non ci si può fare granché. Ma non è niente, sto bene, e ho le mie strategie per evitare... situazioni scomode. Dopotutto, mi hai insegnato tu quali sono le piante da usare."

"Mi sentirei meglio se potessi persuaderti a prendere marito, ma so riconoscere una battaglia persa in partenza."

Silenzio. Odile sorseggia il suo tè, e non si esprime. Ha paura di tradire il suo segreto, di mettere nei guai Odette.

"Odile, so che non è facile. Ma devi lasciarla andare."

Come non detto. Maledizione a suo padre e alla sua dannata mania di sapere sempre tutto. Ma non c'è giudizio in quegli occhi verdi, solo un sorriso triste e infinitamente tenero. E Odile piange senza potersi fermare, finché il tè nella tazza incrinata è freddo e sa di sale.

***

"Odile."

"Sì, Altezza?"

"Vorrei parlarti. Si tratta di Odette."

Pausa. Panico. Se il principe sospetta, se è venuto a sapere... Odile rischia grosso. Deve proteggere suo padre. Deve proteggere Odette.

"Sì, Altezza."

Il principe si allontana lungo i corridoi del palazzo, seguito dai bisbigli dei cortigiani e da Odile a rispettosa distanza.

Un salottino vuoto, accogliente. Un fuoco nel camino, un divano. Odile non si siede. Le manca l'aria.

"Odile, un tempo eravamo amici ed è in nome di quell'amicizia che ti prego di rispondermi con sincerità. Ti prometto che sei al sicuro qui, e che non ci saranno conseguenze spiacevoli né per te, né per tuo padre. Mi dirai la verità?"

Odile è sorpresa dal cambiamento nella voce di Siegfried, nella sua postura, nei suoi occhi. Sembra così onesto, così... vulnerabile. Che sia davvero innamorato di Odette? E se anche fosse, questo cosa significherebbe per Odile? Ma è passato troppo tempo, bisogna rispondere.

"Sì, Altezza. Sarò sincera."

Potrebbe essere una bugia, Odile non è sicura. Dipende tutto dalla domanda che seguirà.

"La ami?"

Eccola lì, la domanda-lama, dritta al cuore di Odile. Disarmante, imprevista, semplice eppure incommensurabilmente complicata. Odile sa di conoscere la risposta solo nel momento in cui la pronuncia, con la stessa semplicità.

"Sì."

Pausa. A Odile manca l'aria. Il principe fissa le fiamme, contrae e rilassa più volte la mascella, sembra che si faccia violenza per non parlare. Poi, sommessamente:

"Allora trova un modo, Odile. Io sono sotto gli occhi della corte e non posso agire, ma preferisco uno scandalo piuttosto di condannarci entrambi. Fa' qualcosa."

È una preghiera e un ordine al tempo stesso. Odile lascia la stanza con il fiato corto e gli occhi pieni di lacrime roventi che non sa spiegarsi. Fatica a credere che sia successo davvero, ma non dimentica. Nemmeno per un istante dimentica che forse, stavolta, il destino è nelle sue mani.

***

Odile ha vent'anni da meno di ventiquattro ore. Il compleanno di Odette si avvicina, e con esso la separazione definitiva. Odile dovrebbe farsi da parte - l'avrebbe già fatto, se Odette glielo avesse chiesto. Ma Odette le chiede di restare, notte dopo notte, non con le parole ma con la stretta delle sue braccia, con le unghie nella sua carne, con le lacrime che asciuga di nascosto mentre la porta si chiude a dividerle di nuovo. E Odile ricorda le parole del principe, comando e supplica, un amico di infanzia con la voce di un re. E le viene in mente che da bambina era la migliore a inventare giochi, storie e avventure. Ha letto tutti i libri, conosce tutti i finali. Ci deve essere un altro finale per questa storia, basta trovarlo. È ora di inventarsi una soluzione, una che asciughi le lacrime di Odette e non ne faccia scorrere altre mai più. 

E il lago ascoltavaWhere stories live. Discover now