3. Prince Puma

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«Sì, tesoro. Un grosso felino predatore. Devi riportarlo dove l'hai trovato, altrimenti la sua mamma piangerà tanto tanto».

Cherry strinse più forte il cucciolo contro il suo petto, strappandogli un piccolo lamento.

«No» Disse.

Tom batté le palpebre. Ricordava (ma questa era solo un'impressione, non la realtà dei fatti) la sua bambina come una piccola persona assolutamente ragionevole e che non faceva mai i capricci. Proprio ora doveva impuntarsi per quella bestia pericolosa? E dove l'aveva trovata, poi? Dove c'era un cucciolo di coguaro, ci doveva essere per forza anche la madre, una bestia pericolosa e pronta a sbranare chiunque per difendere il suo piccolo, e Cherry glielo aveva rubato sotto il naso... come aveva fatto? Avrebbe potuto morire. Avrebbe potuto...

Tom sentì le mani tremargli, cercando di ricordarsi quando aveva permesso alla sua bambina di scappare da sola nel bosco.

«T-tesoro. D-dove sei andata, davvero?»
«Nel bosco» Rispose Cherry, tranquilla

«E non hai visto la mamma di questo puma piccolino? L'hai vista?»
«No»

«Sei stata molto fortunata, lo sai? I puma sono pericolosi. Molto, molto pericolosi. E mangiano i bambini. Non andare più nel bosco da sola»

«E allora come faccio a riportare indietro alla sua mamma questo cucciolo?» chiese sorniona lei, spostando il peso da un piede all'altro «Non posso, papà. Eh. Non posso proprio»

«No, hai ragione, non puoi» Tom le afferrò le spalle, benché tenere le mani così vicine alla bestia che sua figlia teneva in braccio gli causasse brividi lungo tutte le braccia «Quindi aspetteremo che la mamma ritorni e quando mamma sarà a casa, sai che faremo? Le daremo questo piccolino che hai portato e lei andrà a darlo alla sua mamma, così si ricongiungeranno».

Cherry si imbronciò. Avrebbe voluto usare il suo potere per convincere immediatamente suo padre ad adottare il suo nuovo amico, ma non era così stupida o cattiva da ignorare che quel cucciolo doveva avere davvero una madre che lo cercava da qualche parte. Così annuì e lasciò che suo padre la conducesse dentro.

«Ma lui rimane fuori» Tom indicò il puma «Fuori dalla porta. Niente animali selvatici in casa».

Cherry si sollevò sulle punte dei piedi e fissò suo padre. Caricò la voce di volontà e, in tono imperioso, disse «No, papi. Tu vuoi che il cucciolo entri in casa perché fuori è pericoloso. Non puoi proprio lasciarlo fuori!».

Tom scosse la testa, poi un sorrisone ebete comparve sulla sua faccia.

«Cosa aspetti a entrare?» Domandò «E mi raccomando, Cherry, porta dentro il cucciolo, fuori è pericoloso per uno piccolo come lui!».

Soddisfatta, la bambina varcò la soglia con un puma in braccio.

Mezz'ora dopo, Cherry sedeva in poltrona con l'animale che ronfava sulle ginocchia, sorseggiando un bicchierone di succo d'uva bianca. Suo padre aveva preparato del latte tiepido e aveva nutrito il cucciolo, che era affamato abbastanza da non fare storie e aveva praticamente masticato il vecchio biberon che un tempo era appartenuto alla bimba.

«Aveva proprio fame» Commentò Cherry, carezzando fra le orecchie il puma addormentato «Si è bevuto una bottiglia intera! E poi ancora un'altra mezza!»

«Già» Tom, pensieroso, si appoggiò al frigorifero «Sembrava piuttosto affamato...».

Non disse ad alta voce che se era così affamato era probabile che non avesse più una madre, non voleva che Cherry si facesse l'idea che c'era una possibilità di tenerlo. Eppure, che fine avrebbe fatto il cucciolo? Lo avrebbero donato allo zoo locale? Quest'ultima ipotesi non lo entusiasmava: allo zoo avevano a malapena lo spazio per un puma solo, che tenevano in una gabbia troppo piccola per lui, e il povero felino aveva sempre un'aria terribilmente depressa.

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