2555 giorni fa

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Sette anni orsono indossai per l'ultima volta l'abito da cerimonia di broccato blu e oro, colori che avevo scelto come insegne quali futura principessa consorte. Avevo deciso di sciogliere il fidanzamento la sera del mio diciottesimo compleanno, durante la cena in mio onore. E così feci, senza moine e preamboli.

Il salone, gremito di nobili giunti da tutto il reame, si ammutolì all'istante quando, alzatami in piedi, scandii con voce piena la mia scelta. «Io e il principe non ci amiamo più, lascio il castello per non farvi più ritorno».

Ero stata anche troppo diplomatica. Quando mai Sua Maestà ed io c'eravamo amati? Il mio bel salvatore, dal canto suo, non mi degnò di uno sguardo.

Da quando mi aveva baciato nel campo di bocche di leone qualche anno prima, non aveva più posato le labbra sulle mie. La caccia e i giochi a cavallo erano stati sempre il suo unico pensiero ed io, a dir la verità, non mi ero mai sforzata più di tanto per cercare di fargli cambiare idea.

Sollevai il calice del vino e brindai alla libertà, imitata solo da qualche coraggioso cavaliere.

«I vostri ordini, mia signora?» bisbigliò la dama di compagnia alle mie spalle.

«Vestiti comodi, un cavallo fresco e i miei libri pronti entro l'alba».

Una risata si espanse nella sala, inarrestabile e sinistra come la nebbia d'autunno. «Se te ne vai, esigerò tutto ciò che possiedi come risarcimento» dichiarò il principe, rizzandosi sulla sedia d'oro. «La tua corona» continuò, «le tue terre e le rendite a esse legate fanno parte della dote che mi spetta di diritto».

Una marea di occhi silenziosi si voltò verso di me, in attesa di una replica. Finii il contenuto del calice e posai delicatamente il bicchiere sulla candida tovaglia di lino.

«Qualora dovessi sentire mancanza di casa, Vostra Grazia, saprò riprendermi il mio trono».

Il principe rise di nuovo, con ancora più veemenza. «Tu? E con quale esercito?».

«Di quelli che non vi aspettereste mai» conclusi con un profondo inchino.

Un tappeto di brusii e chiacchiericci mi accompagnò fino agli appartamenti reali. Nemmeno una volta richiusa la pesante porta di legno della mia stanza riuscii a separarmi dalle voci che si rincorrevano al piano sottostante.

La decisione era stata rimandata oltre misura. La mia curiosità e la necessità d'indipendenza che la alimentava erano state strizzate troppo a lungo nei corsetti, insieme alle mie forme.

Gli esperimenti anatomici che avevo condotto marcivano nelle segrete del castello, dal momento che gli impegni di rango mi avevano sempre impedito di seguirli con le dovute cure.

Quella notte non dormii. Studiai la mappa dei principati, cercando d'individuare la via più breve per raggiungere la prima meta, la Biblioteca del Saio Nero. Lì avrei potuto affinare le mie conoscenze ritualistiche e carpire le basi della magia ultraterrena.

Scribacchiai il percorso da seguire annotando a lato, in ordine alfabetico, i testi che avrei voluto consultare.

Sul finire della lista premetti con troppa forza la piuma d'oca sulla pergamena. Un'enorme macchia nera si fece largo tra le sottili stradine di campagna tracciate dall'amanuense di corte.

«Accidenti» imprecai, sparpagliando della sabbia fine nel tentativo di assorbire la chiazza dal foglio.

Era l'ennesima prova che il mio destino sarebbe stato scrivere col sangue, non con l'inchiostro.

Breve memoriale di una principessa negromanteWhere stories live. Discover now