Chapter 36: Diana

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"Dobbiamo parlare" sussurro non appena riusciamo a liberarci dei fotografi nell'enorme salone decorato a festa, guardando Luke annuire leggermente.

"Ma magari non dove potrebbe ascoltarci mezza New York".

"Potremmo andare in terrazza".

"Ci sono sempre paparazzi appostati lì, e preferirei evitare di servire loro uno scoop succoso".

"In bagno?".

"Le matrone annoiate si riuniscono lì per tirare strisce di coca, non so quanto ci convenga".

Un gemito di frustrazione mi sfugge dalle labbra, ma prima che possa proporre qualcos'altro vedo dall'altra parte della stanza Ashton discutere animatamente con quello che suppongo essere suo padre, Claire e Calum dietro di lui.

"Ashton aveva una camera qui?" Domando girandomi nuovamente verso Luke che annuisce con cautela.

"Sì... È al piano di sopra nell'ala ovest" risponde, e per un attimo sono tentata di alzare gli occhi al cielo.

Le case di questi ricconi sono tutte divise come fossero dei castelli, all'ingresso dovrebbero distribuire delle mappe per orientarsi.

"Ci sapresti arrivare?".

Luke annuisce nuovamente, capendo dove voglio andare a parare, e senza dire nulla prende la mia mano, guidandomi verso l'altro lato della casa tra i vari camerieri e poi su per una scalinata, fermandosi davanti a una porta bianca.

"Sappi che Ashton era un adolescente leggermente... Ribelle" mi avverte, ed io lo osservo perplessa qualche secondo mentre apre la porta, ma non appena vedo la stanza capisco cosa intendesse.

Le pareti sono completamente riempite da poster di band e concerti eccezione fatta una bacheca con alcune foto in cui riconosco Luke, più giovane e con i capelli tirati su in un ciuffo anzichè lasciati naturalmente ricci. La stanza è in ordine, ma nonostante ciò è come se regnasse il caos per i diversi colori dei mobili e dei suppellettili.

"Ha uno stile molto strano" commento dopo qualche istante, girandomi verso Luke che chiude la porta con un sorriso.

"Ha passato dei momenti difficili in questa casa, la sua stanza era la sua forma di ribellione" spiega, guardandosi attorno con l'aria di chi conserva un ricordo felice, "l'ho aiutato io a mettere la maggior parte di questi poster".

"Anche tu ascolti questo tipo di musica?".

"Quando ero più giovane sì, adesso meno. Lui, invece, è rimasto un sedicenne sotto questo punto di vista" sorride, facendomi poi cenno di sedermi ai piedi del letto, ed io lo faccio, guardandolo fare lo stesso.

A prima vista sembra sempre lo stesso Luke con quell'aria impertinente e quel piercing al labbro che lo fanno risultare più giovane di quanto non sia, ma io non riesco a non notare le occhiaie violacee che lasciano trasparire come sta veramente.

Sospiro piano osservandolo, tentata di portare una mano sulla sua guancia ed accarezzarla, ma mi trattengo, decidendo di essere la prima a mandare giù il suo orgoglio.

"Mi dispiace" sussurro piano, "mi dispiace tantissimo. Non avrei dovuto... Io... Non ero nella posizione per insistere a farti fare qualcosa che avevi detto chiaramente di non voler fare. È solo che io cerco sempre di aiutare e spesso finisco solo per peggiorare la situazione. Non volevo farti star male, io...".

Luke mi zittisce prendendomi la mano ed accarezzandomela: "Diana, tu non hai nulla per cui chiedere scusa. Forse è stato prematuro da parte tua, vero, ma non hai nulla di cui scusarti. Io, invece, sì, e non so da dove cominciare. Tu non sei stata una notte e via, non lo sei mai stata e non avrei mai, e dico mai, dovuto farti passare per tale, ed è stupido che sia la seconda volta che te lo dico, ma io sono uno stupido. Ho reagito male, e ho voluto ferirti perchè tu avevi ferito me. Io... Cazzo, Diana, non ti merito".

Sorrido leggermente a quelle parole, accarezzandogli piano la guancia per portarlo a guardarmi negli occhi: "meriti più di quanto pensi, invece".

Luke non dice nulla subito, limitandosi a guardarmi negli occhi ed accarezzarmi.

"Quando mi guardi con quegli occhi mi fai venire voglia di baciarti e non fermarmi mai" confessa in un sussurro, posando la fronte sulla mia, ed io non riesco a trattenere un sorriso.

"Ho contattato il mio psicoterapeuta, il dottor Rogers. Gli ho chiesto un appuntamento" continua, staccandosi poi per guardarmi negli occhi, "e vorrei che venissi con me".

"Io?" Domando, stupita, "ma non credo sia consentito".

"Gli chiederò di fare un'eccezione. Voglio che questo funzioni, che noi funzioniamo, e vorrei averti lì con me".

Rimango in silenzio qualche secondo, finendo poi per annuire: "se è quello che vuoi, allora va bene".

"Vorrei anche un'altra cosa".

Lo osservo interrogativa, aspettando che continui, ma lui sorride, prendendomi poi il viso tra le mani e baciandomi dolcemente, un bacio che non vuole diventare di più, che vuole soltanto infondere affetto.

Luke si allontana leggermente per studiare la mia reazione, ma io lo riporto vicino a me, baciandolo nuovamente con più enfasi, stringendolo a me e infilando le mani tra i suoi capelli perchè anche solo pochi giorni senza lui si sono rivelati essere l'inferno in terra.

"Non andartene mai più" sussurro contro le sue labbra, cedendo alla mia stessa debolezza, e lui scuote la testa, posando uno, due, tre baci sulle mie labbra.

"Mai più, te lo prometto. Mai più".

"Ti sto consegnando il mio cuore, non spezzarlo".

A quelle parole Luke si scosta leggermente, le sue labbra rosse e gonfie per i baci prima che mi guardi negli occhi, sfilandosi l'anello che porta all'anulare e infilandolo al mio, una semplice fascia d'argento con un cuore sopra.

"E io ti ho consegnato il mio, ma so che con te è in buone mani".

Adesso so che ho sempre avuto ragione, che non tutte le relazioni sono delle favole, che non è sempre tutto rosa e fiori, ma ci sono relazioni per cui vale la pena lottare, e io e Luke siamo pronti a farlo.

Fake Girlfriends Agency || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora