VIII-L'Altra metà

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"Vedo che oggi te ne stai tutta sola Cassie, c'è qualcosa che ti preoccupa?" Cassie, diminutivo di Cassandra, come l'oracolo di Delfi nell'antica Grecia. Mia madre mi aveva dato quel nome nella speranza che avessi sempre la capacità di vedere cosa fosse meglio per me e il mio futuro (cosa che si era rivelata, evidentemente, del tutto inutile), così come aveva chiamato mio fratello Joseph, con l'augurio che potesse avere la forza necessaria per essere la colonna portante della sua famiglia, che si trattasse di me e dei nostri fratelli o della sua futura famiglia, che fosse in grado di fare tutto ciò che ci sarebbe stato bisogno facesse; cosa che adesso gli auguravo anch'io, anche se avrei dato qualsiasi cosa per poter essere ancora al suo fianco e non lasciarlo ad affrontare la vita e le sue sfide da solo.

Se il proprietario del Bivacco degli Scrittori davvero sapeva come ero arrivata lì probabilmente la sua era una domanda retorica, ma non c'era motivo di essere scortesi, tanto lui non aveva colpe nella mia storia, né poteva farci nulla ormai e magari parlarne con qualcuno mi avrebbe aiutato a fare un po' di chiarezza, o almeno a sfogarmi.

Uno strano arnese al collo dell'uomo iniziò a vibrare in quel momento, come se fosse felice di sentirmi raccontare la mia storia, così pensai di accontentarlo:

" Sento la mancanza di mio fratello gemello, Joseph. In realtà mi manca tutta la mia famiglia, ma lui era il mio gemello, avevamo un legame strettissimo, quindi mi manca più di tutti gli altri. Vengo da una famiglia numerosa, sai? Eravamo in quattro: io, Joseph e due fratelli più grandi, Jackson e Peter; io e mia madre Sophia eravamo le uniche donne della famiglia, era divertente esserlo, ci hanno sempre trattato come principesse, per quanto fosse possibile con la vita che conducevamo. Abbiamo sempre fatto una vita molto avventurosa: la mia famiglia viene da una lunga discendenza di cacciatori, fin da tempi immemori i miei antenati hanno dato la caccia ad ogni tipo di entità maligna presente nel mondo, che minacciasse la vita dei suoi abitanti. I miei genitori e i miei due fratelli più grandi spesso erano via per cacciare, a parte subito dopo la nascita di Joseph e me, quando nostra madre rimaneva a casa con noi. In seguito restava uno dei nostri fratelli maggiori a tenerci a bada, come una specie di secondo babbo; dicevano sempre entrambi che quello era più impegnativo di qualsiasi battuta di caccia avessero mai fatto. Con il tempo io e il mio gemello abbiamo cominciato a stare a casa da soli, abbiamo imparato ad arrangiarci; era come vivere da soli considerato che a volte gli altri stavano via per mesi e questo non ha fatto altro che rafforzare il nostro legame. Ma era bello ogni volta che vedevamo il resto della famiglia tornare sano e salvo e potevamo rimanere tutti insieme per un po', erano i momenti più felici della mia vita. Nel crescere siamo diventati più uniti di prima se possibile, andavamo a caccia tutti insieme, in particolare io e Joseph avevamo un'intesa e una sincronia in battaglia come pochi altri, eravamo l'uno l'estensione delle braccia e dei pensieri dell'altro, era come essere imbattibili insieme. Non ho mai avuto paura di morire con lui al mio fianco, ci siamo feriti gravemente molte volte, ma sapevo che eravamo invincibili.

"Non sempre combattevamo da soli, avevamo anche l'aiuto di altre famiglie come la nostra, perché per fortuna non eravamo gli unici ad avere questo compito gravoso e avevamo deciso di riunirci tutti insieme per riuscire a fare meglio. Mio padre Kostantin e mia madre venivano da due di queste famiglie, si erano conosciuti ed innamorati cacciando insieme e salvandosi la vita a vicenda innumerevoli volte; il loro legame è diventato così indissolubile proprio perché sapevano che potevano perdere l'un l'altra in qualsiasi momento.

Ma si sa, più si diventa e più aumentano i guai, perché se avevamo delle discussioni in famiglia in un modo o nell'altro riuscivamo a risolverle, il bene che ci volevamo era più forte di tutto il resto; ma con altri non era lo stesso, i dissapori diventavano rancori vecchi di generazioni ed era più il tempo che passavamo a discutere che a cacciare.

Un giorno, alcune di queste famiglie decisero di voler intraprendere una caccia ben più cruenta: contro le persone che facevano del male ad altri, trattandole alla stregua dei mostri; per quanto a volte la gente riesca a fare cose ben peggiori dei mostri, sempre persone rimangono, non meritano di ricevere lo stesso trattamento. Un mostro spesso nemmeno capisce come mai fa quello che fa, segue soltanto l'istinto, mentre le persone sono dotate di coscienza, per cui vale sempre la pena cercare di fargli capire i propri errori, c'è sempre la possibilità che capiscano lo sbaglio e possano migliorare. Ma era evidente che non tutti la pensavano alla stesso modo, così iniziò una specie di faida interna fra chi dava credito a questa nuova ideologia e chi ricordava che noi facevamo quel che facevamo proprio perché avevamo deciso di proteggere le persone e lasciare che a loro ci pensasse la giustizia terrena, nella speranza che fosse davvero giusta.

Una volta ci eravamo riuniti tutti per cercare un punto d'incontro e cessare le ostilità, esporre con calma il nostro punto di vista e discutere senza più odio, ma la situazione è degenerata molto velocemente e l'ultima cosa che ricordo prima di risvegliarmi qui è un coltello che mi trafigge da dietro la schiena e Joseph che urla il mio nome, mi tiene fra le braccia e piange." Come stavo facendo io adesso, un buon modo per rendere la zuppa ancora più saporita. Richiamare alla mente certi ricordi in maniera così nitida e raccontarli ad alta voce li rendeva più reali che mai.

Il locandiere mi sorrise:

"Spero che adesso le cose per tua famiglia vadano meglio, dopotutto io qui non ho mai visto passare qualcuno che ti somigliasse."

"Grazie, per avermelo detto. Spero anch'io che abbiano capito i loro sbagli e possano imparare a vivere con più armonia." Gli dissi sorridendogli di rimando.

Mi consolava sapere che nessuno della mia famiglia era qui, perché voleva dire che erano ancora tutti insieme, ma allo stesso tempo un po' mi rattristava perché voleva dire che non li avrei rivisti ancora per molto tempo, sempre ammesso che un giorno li avessi potuti davvero rivedere.

Lo strano aggeggio al collo del locandiere aveva smesso di vibrare non appena finito il mio racconto, come se avesse assorbito le mie parole; lui lanciò uno sguardo alla mia zuppa come a valutare se lasciarmela ancora (mi divertivo da un bel po' a fissarla ormai), poi si allontanò senza dire più nulla. Io rimasi lì con i miei ricordi e un piatto di zuppa offuscato dalle mie lacrime, dove continuava a riflettersi il volto di mio fratello.

[Giu]

Questo episodio, come avrete avuto modo di capire dalla firma, è stato scritto da uno di voi Avventori che ci seguite qui su Wattpad! L'avventrice in questione non ha un profilo suo. O meglio, al momento non ha storie su in corso di pubblicazione, quindi non sto a linkarvelo. 

IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (SOSPESA)Kde žijí příběhy. Začni objevovat