Ma adesso a quei sentimenti di affetto si era sostituito un sentimento di odio e vendetta, quasi, perché per lunghi diciassette anni aveva taciuto sui suoi sentimenti. Non era mai stato un tipo rabbioso, però se solo avesse avuto davanti Fabrizio Moro, poteva giurare di volerlo prendere quantomeno a schiaffi per tutto il male che gli aveva fatto e per tutto lo scompiglio che gli aveva creato, al punto tale da rinunciare di passare il compleanno con le persone che amava per stare con lui e dirgli la sua.

Fabrizio, intanto, era tornato nel camerino con tutta l'adrenalina ancora in circolo. Aveva spaccato e ne era cosciente, non c'era sensazione più bella.

Bussarono alla porta. «Avanti!» esclamò convintissimo fosse qualcuno dello staff. E invece no. Chi entrò era un ragazzo riccio con i capelli corti, il corpo magro e pallido. Fabrizio rimase immobile. «Che ci fai qua?» chiese.
«Mi sa che devi ripassare i capitoli sui convenevoli. L'altro giorno a casa mia te ne sei uscito con "cazzo" adesso con questa domanda. Non ci siamo proprio». Aveva un tono ironico, ma Fabrizio non ci trovava nulla da ridere in quella situazione. «Sono venuto a farti i complimenti. È stato un bel concerto, sul palco sei una bomba» aggiunse notando il silenzio catatonico di Fabrizio.

Fabrizio dall'altro lato nella stanza si sentiva la gola arida. Non si riusciva a spiegare perché Ermal fosse venuto al suo concerto. Lui, in fondo, pur di dimenticarlo aveva anche iniziato a cambiare le sue canzoni in radio, lo aveva evitato in ogni modo possibile. Aveva mantenuto l'atteggiamento da duro anche durante la foto di Sanremo, l'unica volta in cui si era sciolto un po' era stato ad Amici all'inizio del mese.

Ma poi tutti i ricordi erano ritornati alla mente, quel pomeriggio all'hotel, le pasticche, l'ospedale, vivere in strada, la musica. Tutto. E si era ricordato il perché, così aveva deciso di allontanarsi di nuovo. Era meglio che fosse Fabrizio ad essere odiato. «Grazie» rispose semplicemente con un tono incolore. In realtà dentro sentiva lo stomaco fare le capriole ed il cuore che ormai aveva vita propria, tanto andava veloce.
Ermal intanto avanzava verso di lui. «Dobbiamo parlare» disse. Fabrizio trasalì conscio del fatto che non potesse essere nulla di buono.
«No, guarda, io non ho niente da dirti» rispose il moro per evitare di prolungare l'agonia.
«Ma io sì. Quindi ora ti siedi e parliamo come due persone adulte». Sul viso di Ermal si dipinse uno strano sorriso, sembrava divertito, mentre il viso di Fabrizio era teso come una corda di violino.

Fece un lungo sospiro e si sedette sul divano. Anche Ermal si sedette; erano divisi solo da pochi centimetri di vuoto. «Dobbiamo riprendere da dove abbiamo lasciato l'altra sera...». Fabrizio stava per replicare che forse non era il caso, che non c'era ragione di cominciare qualsiasi discussione perché sapeva di essere – in parte – il responsabile di quella serata finita male. Ma non ebbe il tempo di farlo perché si ritrovò Ermal sulle sue labbra che gli stava dando un bacio da togliere il fiato.

Quanto gli erano mancate quelle labbra, quei sospiri, quel profumo. Stava finalmente respirando.

Quel pomeriggio Ermal e Fabrizio si erano incontrati come al solito al parchetto dell'EUR. Nonostante fosse gennaio e facesse freddo, avevano mantenuto quest'abitudine. Fabrizio era ormai certo dei sentimenti che provava per il ragazzo, anche se era ancora turbato: per troppo tempo si era rifugiato nelle braccia di ragazze disposte a concedersi amplessi veloci senza intimità.

Erano seduti sotto un albero, il vento soffiava freddo ma nessuno dei due aveva intenzione di andarsene. «Ma quindi è vero che vai a Sanremo?» chiese Ermal ancora una volta. Fabrizio rise abbassando la testa. «Sì, Ermal, è l'ennesima volta che te lo dico».

«Ma non è che mi diventi famoso e poi non mi calcoli più?» chiese il riccio preoccupato. «Ma che, al massimo divento ancora più sfigato».

«Sei talmente bono che faresti stragi di ragazze» disse Ermal dandogli una leggera spallata. Fabrizio rise imbarazzato da quel complimento. Poi si fece serio. «Davvero credi che io sia bono?» chiese marcando particolarmente sulla parola "bono".

«Ma certo! Non mi dire che non ti sei accorto di come le ragazze cadono ai tuoi piedi!»

«Peccato che pare che l'unica persona che vorrei non se ne sia accorta» commentò amaramente.

«Non mi avevi detto di esserti innamorato» nella voce di Ermal si percepiva una nota di...gelosia?

«Non è semplice parlare di sentimenti per me» rispose facendo spallucce. «Sono un tipo molto istintivo». E detto questo si girò verso Ermal, gli prese il viso dolcemente e lo baciò.

Fu un bacio tenero e bisognoso d'amore allo stesso tempo. Fabrizio si rese conto con piacere che Ermal non rifiutava il bacio, anzi cercava in tutti i modi di approfondirlo. Ma Fabrizio lo impedì, Ermal era così fragile che non meritava fretta. Meritava la calma e la cura, la leggerezza e la sua totale dedizione. Fu Fabrizio a staccarsi, poggiando la fronte su quella di Ermal e sorrisero. «Mi piace questo tuo essere istintivo, sai Fabrì? Dovresti esserlo più spesso». Fabrizio sorrise e lo baciò di nuovo.

Come nel lontano 2000, anche nel 2017 Ermal era bisognoso di andare oltre il bacio per recuperare il tempo che avevano perso. Gli anni che erano sfuggiti al loro controllo dividendo le loro strade che per un periodo erano state quasi parallele. E Fabrizio lo percepiva, sentiva le mani del più piccolo correre lungo la sua schiena arrivando fino ai capelli. Sei un drogato di merda – pensò – sei un drogato di merda e lo farai soffrire. E lui ha già sofferto abbastanza e non lo merita.

Fabrizio interruppe di scatto il bacio allontanando Ermal e lasciandolo interdetto. «Non possiamo» disse semplicemente alzandosi di scatto.
«Perché?» sembrava più una supplica che una domanda.
«Perché non possiamo. Tu hai una compagna ed io due figli, non siamo più i ragazzini di una volta senza responsabilità». Ermal si sollevò dal divano con uno sguardo pieno d'odio. «L'unico ragazzino senza responsabilità, ai tempi, sei stato solo tu che sei sparito senza dare spiegazioni a nessuno!» Fabrizio sospirò ricordandosi che era sempre meglio essere odiato, almeno lui avrebbe sofferto di meno.
«Ti prego, vattene» lo supplicò aprendo la porta.
«No, Fabrì, cazzo. Ho abbandonato tutti i miei amici la sera del mio compleanno per venire da te! Non me ne vado manco per il cazzo!» 

Il suo compleanno. Già, era il 20 aprile. Si sentì uno stronzo, di quelli potenti, di quelli che puoi solo odiare al punto da investirli con un camion, passarci di sopra un paio di volte e non sentirti minimamente in colpa perché in fondo hai reso il mondo un posto migliore. «Bene, allora me ne andrò io» disse raccogliendo le sue cose ed uscendo dal camerino.

Aveva smesso di nuovo di respirare.

Amare me, difficile 
Come amare chi se ne va via.

(La tua canzone – Coez)

Angolo autrice:

Di solito non sfrutto mai questo spazio, per ovvie ragioni, oggi, però, è necessario. Vi ringrazio per tutte e visualizzazioni e le stelline per tutti i complimenti e per tutti i commenti. Sono davvero contenta che questa storia stia piacendo. Grazie di tutto, veramente.

Chiara. 

Amici mai || MetaMoroWhere stories live. Discover now