Capitolo 3

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Fingere sorrisi è una delle cose più complicate del lavoro di Alec. O meglio dire, forse è la più complicata. Senza forse. È davvero la cosa più difficile e più noiosa del suo lavoro. Okay, ora chiamarli sorrisi è troppo. Diciamo che stira le labbra. E se il cliente è gentile e non un rompiscatole, Alec riesce addirittura a mostrare i suoi denti bianchissimi e allineati tra loro. Ma possiamo affermare che questo capita una volta su diecimila, ma quella volta che capita è bene tenerla a mente perché non si sa quando potrebbe succedere nuovamente. Un po' come gli eventi scientifici, ad esempio un'eclissi lunare, che avviene ogni tot di anni.
Strofina i palmi delle sue mani sul grembiule nero, tipico dei camerieri, e poi cerca di allentare la presa della camicia sui polsini con l'aiuto del pollice e dell'indice. Sono solo le nove del mattino e già si sente stressato. E il suo turno è ancora lungo.

«Ehi, amico!» — qualcuno interrompe la sua meditazione durata si e no tre secondi. Il tempo di sentire un po' di silenzio in quel bar sempre troppo affollato, complice il fatto di trovarsi in pieno centro. Alec riconoscerebbe la voce di quel qualcuno anche a distanza di migliaia di chilometri. Sorride, voltando il capo verso il suo interlocutore, lasciando perdere i secondi di pausa che si era preso autonomamente. Quei tre secondi gli erano bastati.

«Ciao Jace!» — lo saluta amichevolmente Alec, accorgendosi solo in quel momento della presenza di un'altra persona al suo fianco. — «Clary!» — saluta anche lei, che se ne sta con le braccia dietro la schiena, i capelli rossi perfettamente lisci, ed un sorriso dipinto sul volto. Cosa avrà da sorridere di primo mattino, ad Alec piacerebbe tanto saperlo.

«Ehi Alec!» — lo saluta la rossa, poggiando la mano sull'avambraccio di Jace scoperto dalla maglia nera a maniche corte. Alec decide di ignorare il brivido che gli ha attraversato la spina dorsale alla visione di quella pelle scoperta, e che gli colora lievemente le guance. Si schiarisce la voce con un secco colpo di tosse e poi si tocca la punta del naso.

«Cosa posso offrirvi?» — chiede con tutto l'autocontrollo di questo mondo. Non è un adolescente di tredici anni. Mica può permettersi di soffocarsi con la sua stessa saliva solo nel vedere un po' di braccio scoperto. Jace, per fortuna o per sfortuna — Alec non ha ancora capito se è una fortuna o no —, riesce a non rendersi conto della calata di una nota della voce del suo migliore amico, e si volta verso la rossa, la quale annuisce.
Alec aggrotta le sopracciglia. Non crede di aver capito. Anzi, non lo crede. Non ha capito e basta.

«Un caffè macchiato per me» — risponde il suo amico, indicandosi con un cenno del palmo — «E un caffè con panna per lei» — continua Jace, indicando Clary. Alec si chiede come in un semplice sguardo si siano confermati le loro ordinazioni, ma decide di sorvolare anche su questo. Forse questo è uno dei segreti dell'essere innamorati. Forse amare qualcuno significa davvero riuscire a leggere dentro l'altro con un singolo sguardo. Da studente triennale di Psicologia dovrebbe saperle certe cose, ma in realtà l'amore è un argomento complicato anche per un Einstein come lui. E probabilmente anche non è l'espressione giusta da usare per il semplice fatto che l'amore è complicato solo per lui, da quello che crede.
Alec rimanda i suoi pensieri psicologici, che ormai riempiono la sua mente da che era un quindicenne, e tenta di concentrarsi sulle parole che sono fuoriuscite dalla bocca del suo amico. Annuisce, con qualche secondo di ritardo, e va dietro il bancone, armeggiando con la macchinetta del caffè.

«A che ora smonti?» — chiede Clary, appoggiando il gomito al bancone e il viso sul palmo della mano, mentre Jace si accomoda su uno sgabello accanto.

«Alle tre» — risponde Alec, continuando a dare le spalle ai suoi amici per preparare le loro bevande. In realtà, in cuor suo, pensa di dare le spalle al suo amico e alla fidanzata del suo amico, perché non è certo di considerare Clary come sua amica. Ma questo è meglio non dirlo troppo in giro. — «Come al solito» — aggiunge, spruzzando la panna sulla tazza contenente il caffè.

There'll be oceans for us to treadWhere stories live. Discover now