Parte prima (e prima della tempesta) CAPITOLO 13 - Madison

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"Madison apri questa porta o giuro su Nicholas che la faccio sfondare!"
Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando Scarlett ha iniziato a bussare alla porta.
Sono sdraiata sul divano con le forze pari a zero, una bottiglia di vino vuota sul tappeto che ha lasciato il segno con un paio di macchioline rosse, un calice ancora mezzo pieno poggiato sopra al tavolo di vetro attraverso al quale riesco a vedere New York sotto la luce di un sole spento.
Questo, assieme al Natale, è il mio periodo dell'anno preferito e ora lo ricorderò come il momento in cui la mia vita perfetta ha subito un crollo irrefrenabile.
Gregory è riuscito a portarmi via anche questo.
"Madison, santo Dio!"
"Arrivo." Biascico mentre mi alzo lentamente, mi sento come se tutta la gravità del pianeta avesse deciso di piombare solo ed unicamente su di me, i piedi si trascinano in malo modo verso l'ingresso, ho gli occhi gonfi e arrossati sia per l'alcol che per le lacrime, non ho il coraggio di guardarmi allo specchio e non lo farei nemmeno per un milione di dollari.
Quando apro la porta, l'espressione sul viso di Scarlett conferma la schifezza del mio stato sia fisico che mentale, mi osserva ora con rabbia perché non le ho mai risposto al cellulare e perché non le ho aperto dieci minuti fa, ora con tristezza, ai suoi occhi devo sembrare una povera disperata.
E in effetti lo sono.
"Sembri uno spaventapasseri." Inizia attraversando la soglia della porta, immediatamente si reca in sala e raccoglie la bottiglia di vino: "E' così che pensi di risolverla?" sbuffa spazientita mentre cerca di dare una sistemata sotto al mio sguardo impotente e stanco, l'ultima cosa di cui ho bisogno è una ramanzina da una donna la cui vita è perfetta.
Un po' la odio per questo. Dove ho sbagliato io? Perché non ho potuto essere come lei e Charles?
"Io e Kim eravamo spaventatissime, sai? Sei sparita per due giorni, santo cielo! Che hai combinato?"
Ho disdetto tutto: abito, hotel a Miami, il viaggio prenotato per la luna di miele, chiesto scusa a Lawrence, il wedding planner, e perfino alla sua segretaria di cui non me ne è mai fregato nulla. Ho restituito l'anello di Tiffany e sono pateticamente scoppiata a piangere appena uscita dal negozio sotto lo sguardo di tutti i presenti. Poi ho spento il cellulare senza dire niente a nessuno, avevo e ho ancora bisogno di spazio, di tempo per me stessa, di metabolizzare tutto quanto. Ci sono ancora troppe domande che hanno bisogno di risposta, ma non me la sento di affrontarle.
Scarlett finisce di dare una sistemata, dopodiché, una volta sodisfatta del suo operato, mi prende per mano accompagnandomi sul divano come fossi una vecchietta che non riesce più a muoversi da sola.
"Maddy, non farti scoraggiare da quel figlio di puttana. Nessun uomo vale un'autodistruzione."
Ancora una volta la mia amica sempre attenta al linguaggio usa un'espressione colorita per sottolineare tutto il suo disprezzo nei confronti di Gregory. Non lo voglio ammettere ma mi piace questa cosa, sentire che Scarlett è ancora come un tempo mi infonde un certo coraggio.
"Te la senti di dirmi com'è andata?"
Annuisco e lo faccio.
Inizialmente con immensa difficoltà, dopo pochi minuti le parole mi escono da sole di bocca uscendo come un fiume in piena. Le racconto di come ho trovato casa vuota, del fatto che si sia licenziato e che ora abita da sua madre perché ha paura del nostro futuro, che non vuole più vedermi per un po', che il problema è lui e non io.
A quest'ultima affermazione, Scarlett ha la stessa reazione che ebbi dentro al taxi: sorride amaramente scuotendo appena la testa: "Classica scusa."
"Sono finita Scarl." Ammetterlo ad alta voce è ancora più terribile che pensarlo, butto la testa in avanti raccogliendola tra le mani, passando le dita tra i capelli li sento unti e umidi. Da quand'è che non mi faccio una doccia?
"Non sei finita, Maddy. Hai trent'anni e sei una donna single a New York."
"Adesso sembri Kim."
"Probabilmente saremmo d'accordo se fosse qui anche lei." Fa una piccola pausa ad effetto per poi cercare il mio sguardo: "Ultimamente lo siamo anche troppo, alla fine qualcosa di buono è successo."
Apprezzo il suo sforzo per farmi ridere, ma ovviamente non ci riesce.
"Scusami, era una battuta infelice."
"Non fa niente." Un lungo respiro, sposto le mani dalla testa al viso. "Non so cosa fare Scarl, sono disperata."
"Ricomincia a vivere, Madison."
"Si, dopo dieci anni in coppia, come no."
"Goditi la vita come ha detto Kim l'altro giorno."
"Da sola." Ribadisco.
"Si, da sola! Inizia con una bella vacanza, cambiare aria ti farà solo che bene!" schiocca le dita tenendo l'indice in alto e assumendo un'espressione gioiosa: "Idea: andremo in vacanza tutte e tre insieme come ai vecchi tempi, ti ricordi?"
Certo che mi ricordo perché fu l'ultima vacanza che feci prima di fidanzarmi con Gregory e viaggiare solo ed esclusivamente in sua compagnia. Eravamo andate a Las Vegas, tre giovani studentesse pronte ad affrontare l'università con un'energia tale da ribaltare il mondo. Scarlett aveva vinto un sacco di soldi alle slot (persino nel gioco è più fortunata di noi) Kim aveva rimorchiato un sacco di ragazzi mentre io assaporavo ogni vino possibile saccheggiando il minibar della stanza d'hotel oppure sfoderando la carta di credito. Me la ricordo benissimo, ricordo anche le nostre risa, il divertimento, la splendida sensazione di vuoto sia in testa che attorno a noi, una settimana in cui non esisteva nessun altro se non il magico trio.
Alla luce di questo piccolo ricordo, trovo la forza di inarcare leggermente le labbra verso l'alto. "Perché no?" sussurro talmente piano che credo di aver pensato. "Credo di avere qualche giorno libero."
"Bene!" tutta entusiasta, Scarlett si alza dal divano: "Hai anche riacquistato un po' di senso dell'umorismo, è un buon segno." Annuisce prendendomi per mano: "Ora vai a farti una doccia, sappi che non avrò intenzione di lasciarti sola fino al giorno della partenza."
"Non è necessario." Rifiuto educatamente osservando la città dalla cima del grattacielo: "Sto meglio."
E non lo dico per farla contenta, in effetti è vero. Forse ha ragione, non devo vedere questa separazione come una fine ma come un inizio di qualcosa di nuovo. Anche se ci vorrà del tempo per dimenticare dieci lunghi anni.
Non so se ce la farò mai, ma intanto sento che posso iniziare a provarci.
"Grazie Scarl."
Ci abbracciamo dolcemente e il suo calore mi infonde molto coraggio.
Posso e devo farcela, ora non tanto per me quanto per lei, sento che non posso deluderla.

All'improvviso come la Neve - Gerini AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora