Parte 22 Heartbreak

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«Non essere stupido, mi piace farti compagnia, e poi oggi non ho lezione, mi annoio, a dire il vero».

Cristian sorrise. Era una bugia. Sapeva che Marc aveva sempre qualcosa da fare, che fosse un'attività universitaria o extra curriculare. Stava per dirgli che era il benvenuto quando una sagoma poco lontano dalla caffetteria gli tolse il fiato. Doveva essere sbiancato a giudicare dal modo preoccupato in cui Marc lo guardava adesso. Poi Marc seguì il suo sguardo fino a posarlo sulla ragione che aveva causato il pallore di Cristian: Samir era in piedi davanti alla porta in vetro della caffetteria, le mani in tasca, e l'aria di chi aspettava qualcuno da tanto tempo.

Marc serrò le mascelle. «Se vuoi che lo mandi via, devi solo dirmelo».

«No, ci penso io». Cristian si diresse verso l'uomo che gli aveva spezzato il cuore. Cercò di avere un'aria decisa, ma gli tremavano le ginocchia, e avrebbe voluto allo stesso tempo urlare e correre via. Da vicino il volto di Samir era come quello di chi non aveva dormito, le occhiaie gli segnavano la pelle, ma gli occhi erano sempre intensi, profondi, gli stessi che lo avevano fregato la prima volta che lo aveva visto.

«Che cosa vuoi?», Cristian gli domandò, tentando di assumere un tono duro. La cosa più triste e ridicola al tempo stesso era che, adesso che lo vedeva tanto davicino, che sentiva il suo odore e la sua sofferenza, avrebbe voluto buttarsi tra le sue braccia.

«Vorrei parlarti. I miei sentimenti sono sempre gli stessi, ti amo».

«Mi ami? Non sono più lo stupido che crede alle tue parole». Cristian rivolse un'occhiata alle mani di Samir, istintivamente, per controllare che non fossero ferite, che non si fosse messo in altri guai. Perché il suo cuore era così stupido? Perché continuava a interessarsi delle sue sorti? «Se mi avessi amato non mi avresti mentito in quel modo».

«Volevo solo proteggerti, anche se poi tutto è andato storto, non ti avrei mai messo in pericolo volontariamente, cazzo, tutto quello che ho fatto l'ho fatto proprio per evitartelo».

«Beh non ci sei riuscito, sei un fallimento», Cristian disse, le parole gli bruciarono le labbra, come se avessero fatto male a entrambi.

Samir abbassò lo sguardo per un momento. «Vorrei solo che capissi...»

«Capire? Sai dove sono stato oggi? Sono andato a identificare uno degli stronzi che ha fatto irruzione a casa mia, l'altro invece è ancora in giro. Sai cosa ha significato per me? Come mi sono sentito? Dovevi proteggermi e invece... Adesso ti chiedo di lasciarmi in pace, puoi fare almeno questo?», gli sputò le parole in faccia. Gli era andato vicino, per respirare quelle parole sulle sue labbra, perché doveva capirle bene.

Samir arretrò d'istinto, come se quella furia lo avesse colto di sorpresa. Rivolse uno sguardo in direzione di Marc. Se adesso gli avesse fatto una scenata di gelosia, Cristian non avrebbe risposto delle sue azioni, ma quello che Cristian non capiva era che Samir non ne aveva la forza, che le sue parole lo avevano prostrato, mettendo a nudo le sue responsabilità. «Sei un fallimento», Samir continuava a ripetersi nella sua testa, a vedersi con gli occhi risentiti e feriti di Cristian. Qualsiasi cosa volesse fare, gli parve inadeguata, credeva che Cristian ormai lo odiasse e che non c'era più nulla da fare.

«Mi dispiace», mormorò.

Cristian vide i suoi occhi diventare lucidi, e una piccola parte di sé avrebbe voluto fermarlo,dirgli che potevano parlarne ancora. La mise a tacere, e lo vide andare via, allontanarsi dalla sua vita, forse per sempre. Fu Marc a riscuoterlo dal suo stato. Era rimasto lì immobile come un idiota.

«Cri, andrà meglio, vedrai, vieni a prendere qualcosa di caldo», gli disse.

La caffetteria era accogliente come al solito, ma a differenza delle altre volte Cristian sapeva che Samir non sarebbe sbucato da dietro il bancone a portargli un cappuccino decorato con un cuore o una scritta stupida. Marc ordinò per lui e a differenza delle altre volte, non gli diede fastidio. Era bello in quel momento avere qualcuno che lo conosceva così bene, che prendeva in mano le redini della situazione e lo facesse sentire un po' meglio.

Arturo li raggiunse poco dopo, mentre Marc spiegava un suo progetto economico e come avesse colpito favorevolmente i suoi professori.

«Al nostro prossimo premio Nobel», scherzò Arturo sollevando un bicchiere di carta.

Cristian sorrise, ed era da giorni il primo sorrise vero che gli affiorava sulle labbra. Aveva capito che per superare quello che era accaduto con Samir doveva pensare ad altro, a qualsiasi altra cosa che non glielo ricordasse. Marc era l'antidoto più immediato alla sua tristezza, al suo bisogno di sentirsi protetto.

«È ora di andare per me», Marc lo riscosse, «questo pomeriggio vieni a visitare il mio nuovo appartamento? L'ho acquistato da poco, nella zona di Chelsea». Si alzò.

Arturo si lasciò scappare un fischio. «Una cosa da niente», commentò.

«Sei invitato quando vuoi, le mie porte sono sempre aperte per gli amici», Marc disse, poi salutò e se ne andò, portandosi dietro il bicchiere di carta con il suo latte macchiato.

Cristian mise via gli appunti delle lezioni. Con tutto ciò che era successo negli ultimi tempi concentrarsi sullo studio era difficile, ma non poteva perdere colpi e deludere i professori o sua madre. Doveva focalizzarsi sul disegno e il design, e abbandonare lo stupido sogno di giocare a pallone. Sentì su di sé lo sguardo perplesso di Arturo.

«Cosa c'è?»

Arturo parve esitare come se cercasse le parole più adatte. «Stasera vai da Marc, quindi?»

«Sì».

«Solo tu e lui? Sai che lui ti vuole, e tu in questo momento sei confuso».

«Non sono mai stato meno confuso di così, invece».

Arturo ripiegò un tovagliolo. «Non vorrei che la delusione con Samir ti facesse fare cose che non vuoi, di cui potresti pentirti. Il rapporto con il proprio alfa non si cancella dalla mattina alla sera, anche se l'alfa ha sbagliato tu...»

«Tu cosa?», Cristian sbottò, «dovrei stare in attesa che lui capisca? Che mi passi la rabbia?Non accadrà, anche noi omega abbiamo una volontà».

«Certo che ce l'avete, non volevo dire questo, e lo sai. C'è una partita tra due settimane, avremmo bisogno di un attaccante, ci vieni?»

Cristian scosse la testa, vuotò la tazza del cappuccino.

«Perché no? Giocare è la tua vera passione, potresti provarci davvero».

«No», Cristian lo interruppe, «Samir mi aveva messo in testa un sacco di sciocchezze, va bene? Non voglio parlarne più, né di lui né di questo». Si alzò, e senza aspettare che Arturo lo seguisse si incamminò verso l'aula dove aveva lezione.

Concentrarsi su quello che diceva il professore lo aiutava, ma non era abbastanza. La sua mano, più di una volta, come guidata da una forza che non poteva controllare, aveva tracciato un accenno di un corpo che conosceva fin troppo bene, di un volto che gli era entrato nel cuore. Cancellò tutto, rabbiosamente, guadagnandosi un'occhiata perplessa da parte del collega che gli sedeva vicino. Sarebbe andato da Marc e avrebbe trovato un nuovo alfa che facesse a caso suo, come già aveva fatto sua madre.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Where stories live. Discover now