Parte 11 Ricatto

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Samir contò gli spiccioli che gli erano rimasti in tasca, sempre troppo pochi. Il suo prossimo lavoro, che era riuscito a strappare più pregando che per qualche merito, era fissato per il giorno dopo. Gli toccava pulire le scale di un palazzo signorile, e nel frattempo fingere di non notare gli sguardi ostili di chi entrava. E pensare che se avesse portato avanti il suo piano iniziale non avrebbe dovuto più sgobbare in quel modo. Avrebbe dovuto prendere quello che poteva da Cristian e poi filare via, invece era stato Cristian a prendere il suo cuore e Samir si era dovuto allontanare solo per non rischiare di soffrire di più.

La palestra odorava di gomma e sudore. Suo padre, alla reception, gli rivolse uno sguardo ostile.

«Hai qualche lavoretto per me?», Samir domandò, con noncuranza.

L'uomo strinse la penna che aveva in mano, rivolse un sorriso a un nuovo avventore e poi tornò a stringere le labbra, fin quasi a farle sparire. «Ringrazia che siamo in pubblico», sibilò, «sei sparito per giorni, dove diavolo sei stato?»

Samir poteva quasi sentire il dolore di un suo schiaffo sulla pelle del viso, anche se suo padre in quel momento non lo stava toccando. Bastavano gli occhi a comunicare quanto fosse poco orgoglioso di lui. Samir avrebbe voluto domandargli perché se lo era portato dietro quando sua madre l'aveva lasciato mettendo fine a un matrimonio infelice, se poi doveva trattarlo in quel modo, ma poi gli mancava sempre il coraggio. Sospettava, comunque, che fosse stata da parte sua una sorta di rivalsa contro la donna che lo aveva mollato.

«Se non hai bisogno del mio aiuto me ne vado», Samir gli disse.

«Vai a pulire i vetri fuori, non hai visto in che stato sono dopo la pioggia della scorsa notte?» Indicò con lo sguardo lo stanzino dove erano riposti gli attrezzi da usare.

Samir si rassegnò a sgobbare anche quella mattina. Prese lo straccio, il detersivo e poi riempì il secchio con l'acqua, e uscì fuori. L'aria aveva conservato l'umidità dell'ultimo temporale. Di quella pioggia torrenziale Samir aveva sentito solo il rumore, mentre lui e Cristian avevano fatto l'amore per la seconda volta durante il weekend. Scacciò via i ricordi, l'odore del suo omega che aleggiava ancora nelle sue narici, il sapore dei suoi baci. Cominciò a darsi da fare, fortunatamente era spuntato il sole e quei timidi raggi gli offrivano il calore sufficiente per non tremare. Avrebbe tremato non per il freddo, ma perché Cristian già gli mancava.

«Chi si rivede...», una voce alla sue spalle lo fece sobbalzare.

«Sei bravo a pulire, anche se riesci a fare meglio con le tasche dei turisti», l'uomo continuò.

Samir lasciò cadere lo straccio, rivolse uno sguardo all'interno della palestra, ma suo padre non si vedeva. «Rick, cazzo, abbassa la voce».

L'uomo gettò via la sigaretta. Era più grande di Samir, gli occhi chiari ma per nulla limpidi, la corporatura esile, ma capace di sferrare colpi all'occorrenza violenti, il volto butterato dall'acne che lo aveva assalito con parecchi anni di ritardo. Lo aveva conosciuto una sera in cui cercava di guadagnarsi qualcosa, derubando un turista. Non ne andava fiero, ma se suo padre lo avesse schiaffeggiato ancora a lungo, sarebbe morto. Rick gli aveva offerto lavori più remunerativi, come il furto di auto. Samir aveva accettato, ma aveva posto un'unica condizione: non avrebbe mai usato armi.

«Cosa ci fai qui?», domandò a Rick, «di solito la luce del giorno non ti piace».

«Ho fiutato un grande affare, e tu mi aiuterai».

«Di che parli?»

«Il bel ragazzo con cui ti accompagni».

Samir balzò in avanti. «Non capisco di chi parli».

L'altro rispose sardonico: «Non si direbbe dal modo in cui reagisci, ma se vuoi ti rinfresco la memoria. Quel giovane universitario, non avrà più di ventuno anni, vero? Quello con i capelli castani, il volto regolare e quelle labbra tanto belle... quanto sono morbide?»

«Stai zitto», Samir intimò, il cuore a mille. Ecco dove l'aveva portato l'istinto di cedere all'amore, a mettere Cristian in pericolo.

«Scopa bene? Che dici dovrei provarlo?»

Samir lo afferrò per il bavero della giacca. «Se lo tocchi, ti ammazzo, giuro che lo faccio», gli soffiò in faccia rabbioso, soffocando a stento l'istinto del lupo alfa che difende il proprio omega.

Rick non si scompose, si limitò ad afferrare il polso di Samir, senza neanche stringerlo. «E se tuo padre ti vedesse adesso? Suo figlio che fa una scenata e aggredisce un uomo davanti alla sua palestra».

«Credi che mi importi?» Samir lo spinse verso il vetro del locale.

«Calmati, non intendo fare proprio nulla al tuo bel damerino, ma a una condizione».

Samir lasciò la presa, consapevole che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere Cristian. «Sarebbe?»

Rick si sistemò la giacca. «Il tuo ragazzo è ricco, l'ho capito quando è venuto qui l'altro giorno che non era uno dei soliti sbandati che frequenti, povero. Troppo gentile, troppo a modo per mischiarsi con noi, e poi mi è bastato uno sguardo ai vestiti e all'orologio. Ti ho mai detto che ho un talento nel riconoscere al primo sguardo quelli autentici?»

«Vieni al punto», Samir sibilò.

«Se si veste così bene, se va al college, perché sono sicuro che ci va, come sarà la casa dove abita la sua famiglia? Lussuosa, immagino. Piena di oggetti preziosi».

«Non voglio più starti a sentire», Samir lo interruppe.

«È una villa vittoriana o un appartamento moderno nel nord di Londra?», Rick domandò e lo fece con un'espressione talmente glaciale che non ebbe bisogno di esplicitare la minaccia nascosta nelle sue parole. La casa e i suoi oggetti preziosi in cambio della salvezza di Cristian.

«A Covent Garden», Samir disse.

«Bravo Samir, sapevo che eri un tipo ragionevole. Il tuo bell'omega continuerò a immaginarmelo, ma se fai stronzate io e i miei amici trasformeremo la fantasia in realtà».

«Non ne farò».

Rick sorrise, soddisfatto di aver ottenuto quello che voleva. Samir invece si sentì come il peggiore dei traditori. Avrebbe protetto Cristian, ma in cambio metteva in pericolo la sua famiglia.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora