8. Nuove Conoscenze

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Nessun'altra chiamata, nessun'altra interruzione. Solo un silenzio assordante che, anziché donarmi sollievo, mi opprime ulteriormente. È colpa mia: sono solo una debole, non riesco a togliermi dalla mente quello che è successo poco fa.

La verità è che ho solo finto per tutto questo tempo. Ho nascosto le mie paure dietro a un sorriso rassicurante come polvere sotto al tappeto. Ma la polvere si accumula e prima o poi viene fuori così come la paura aumenta fino a trasformarsi in panico e paranoie, fino a toglierti il respiro e la libertà di vivere.

"Miriam stai meglio? Ian mi ha detto quello che è successo"
Giusy entra nel laboratorio e corre da me per abbracciarmi. Mi stringe forte a sè ma mi precludo la possibilità di abbandonarmi completamente tra le sue braccia: non posso perdere nuovamente il controllo e rischiare di preoccuparla ulteriormente.

"Sto bene. Va tutto bene" le dico mentre mi sciolgo dal suo abbraccio.

"So che non è così ma non devi temere. Sei lontana da lui Miriam. Non può più farti del male"

"Certo.. lo so" mi limito a dire ma so che non è la verità. Clark può ancora farmi del male. Gli è bastato ricomporre il mio numero e farmi sentire nuovamente la sua voce.

Ma perché compiere questo gesto adesso?
Sono passati mesi dalla mia partenza da York e, a parte qualche chiamata nelle prime settimane, Clark non mi aveva più cercata.

Giusy ascolta il mio silenzio con la fronte aggrottata. Fa sempre così quando è preoccupata per me: contrae la fronte e aspetta che io sia pronta per parlarne. Ma questa volta non lo sono.
Recupero la borsa dalla sedia accanto alla scrivania e mi tolgo il camice. Ormai la nostra giornata di lavoro è finita e, mai come stasera, non vedo l'ora di lasciare questa stanza.

"Andiamo?" chiedo alla mia migliore amica. Lei annuisce, accettando la mia volontà di terminare lí il discorso.

"Certo. Vado a recuperare la mia borsa.. torno subito " dice prima di correre fuori dalla stanza, verso il suo ufficio.

Pochi secondi dopo, sento il suono del campanello all'ingresso. L'orario è piuttosto insolito per il ritiro delle analisi, senza contare che il laboratorio è tecnicamente chiuso.
Ma quel suono si ripete di nuovo, più insistente della prima volta.
E se fosse lui? Se la chiamata fosse stato solo il primo passo?

Mi dirigo verso la porta con il battito cardiaco che aumenta a ogni passo, incoraggiata dalla presenza dei miei amici nei loro uffici ma mi tranquillizzo quando la apro. Un ragazzo alto, moro con due occhi color ghiaccio quasi ipnotizzanti, mi compare davanti.
"Posso aiutarla?"
Lui non si scompone: si limita a osservarmi e a mettermi in imbarazzo.

"Miriam"
Una vocina attira la mia attenzione e mi accorgo della presenza di Cecilia dietro di lui.
La piccola entra nella stanza correndomi incontro e mi abbasso per poterla accogliere tra le mia braccia.

"Ciao Cecilia.. che bello rivederti! "
La sento sorridere sulla mia spalla mentre i suoi capelli biondi ondeggiano tra di noi. Tra la mani, dietro la mia schiena, stringe il suo inseparabile peluche Tommy.
Come la prima volta che l'ho vista.

"Quindi sei tu Miriam?"
Il ragazzo, che avevo lasciato sull'uscio della porta, entra puntandomi un dito contro con un sorriso malizioso sulla faccia.

"Ehm si.. sono io " rispondo confusa mentre mi rimetto in piedi.
Lui continua a guardarmi senza accennare a presentarsi. E il mio intento a chiedere spiegazioni viene bloccato dal suono di passi dietro di me.

"Daniel che ci fai qui?"
Vedo Dylan e lo sconosciuto muoversi nella sua direzione con un sorriso beffardo sul viso.

"Cecilia voleva farti una sorpresa" gli dice dandogli una pacca sulla spalla.
"E se avessi saputo che lavori con ragazze così carine, sarei venuto prima anche io" aggiunge guardandomi di nuovo con quel sorriso che tanto volentieri gli spegnerei. Poi si volta per fare l'occhiolino a Dylan.
Lui lo ammonisce con lo sguardo e mi rivolge la sua attenzione.

Eppure mi hai stravolto la vita (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now