Parte 15 Lies

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Cristian ignorò il telefono che squillava sulla scrivania. La stanza del dormitorio era già abbastanza rumorosa con Arturo che provava e riprovava magliette per il suo appuntamento con Maha. Inoltre, Cristian aveva visto con la coda dell'occhio che era sua madre. Un'altra ramanzina non l'avrebbe sopportata.

«Il blu dona a chi ha gli occhi scuri?», Arturo domandò.

«Che vuoi che ne sappia? Non sono mica una rivista di moda, che cavolo Arturo, stare con Maha non ti fa bene», Cristian mordicchiò una matita. Non avrebbe concluso niente con tutto quel casino.

«Lo sai che nel campus c'è una biblioteca, vero? Maha vuole farmi conoscere i suoi, scusa se sono nervoso».

«I vestiti saranno l'ultimo dei tuoi problemi», Cristian soppresse una risata.

«Da quando il tuo alfa è tornato ti è tornato anche il buon umore, quasi quasi ti preferivo prima».

Cristian scrollò le spalle, ancora con il sorriso sulle labbra. Il telefono squillò ancora. Questa volta il nome che apparve sullo schermo gli fece venire il batticuore. Si precipitò a rispondere.

«Sami? Sono nella mia stanza, e tu?»

Arturo fece delle smorfie nella sua direzione. Cristian voltò la sedia verso la scrivania per non vederlo. «In realtà dovrei studiare, ma se non puoi fare a meno di me... Ok, ti raggiungo, dammi solo qualche minuto».

«Dammi solo qualche minuto...», Arturo gli fece il verso.

Cristian attaccò il telefono e richiuse i libri. «Tanto con te è impossibile studiare».

Si vestì velocemente, un jeans e una maglietta semplice con il suo giubbino di pelle erano sufficienti. «La maglia blu va bene», disse ad Arturo prima di uscire.

Samir lo aspettava all'ingresso del campus. Passarono in un pub per mangiare qualcosa, e questa volta Cristian riuscì ad avere la meglio sull'orgoglio di Samir e lo convinse a dividere la spesa a metà. Poi fecero una passeggiata lungo il Victoria Embankment, gli alberi che lo costeggiavano, in inverno spogli, adesso erano animati da germogli verdi e foglie già nate. A Cristian parve di sentire nell'aria il profumo dei fiori, ancora racchiusi nelle gemme. Era Samir a farlo sentire così ricettivo, pronto ad accogliere e a vivere la vita. Lo prese per mano, camminarono per un po' parlando del più e del meno, ma Cristian non ci mise molto a percepire che Samir era distratto, distante, perso in un suo pensiero.

Arrivarono sul Waterloo Bridge. Poco lontana la ruota panoramica, la cupola di St. Paul, e gli altri edifici che facevano di Londra la città magica che era, sotto di loro il Tamigi che scorreva placido, di un azzurro scurito per via del crepuscolo imminente, solcato da qualche battello. Le luci sullo sfondo del panorama facevano sembrare Samir ancora più bello e misterioso.

Cristian lo spinse contro il parapetto del ponte, posando le mani sulla ringhiera e trattenendolo tra le sue braccia.

«Avrei dovuto studiare stasera, hai una pessima influenza su di me», disse tra i baci leggeri che gli dava sul volto, sulle labbra, «davvero una pessima compagnia».

Samir rimase in silenzio. Se solo Cristian avesse potuto leggergli negli occhi la causa del suo malumore... Samir gli sembrava distante ogni minuto di più.

«Cos'hai? Qualcosa che non va con tuo padre?»

Samir scosse la testa. Tutto insieme provava una gran voglia di piangere, di chiedere scusa a Cristian. Suo padre era un problema che poteva controllare e sopportare. Poteva stringere i denti davanti alle sue sfuriate e ai suoi schiaffi, ma la gente con cui si era mischiato per sfuggirgli adesso gli appariva in tutta la sua mostruosità. Rick e i suoi compari erano mille volte peggio di suo padre. Vide Cristian corrugare la fronte, segno che gli sforzi che stava facendo per non fargli capire come si sentisse davvero erano vani. In fondo, Cristian era il suo omega, era ovvio che capisse. Ovvio che sentisse prima ancora di capire.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Where stories live. Discover now