Parte 14 Solo per proteggerlo

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Cristian posò il capo sul petto di Samir, lasciò che l'altro lo stringesse. Il punto del collo dove era stato marchiato ancora bruciava, ma a lui non importava. Andava fiero del marchio, anche se per un po' avrebbe dovuto fare attenzione affinché sua madre non lo vedesse. Sarebbe andata su tutte le furie se avesse saputo che suo figlio apparteneva a un alfa dei bassifondi.

«Hai fatto colazione?», Samir domandò, quando entrambi stavano quasi per assopirsi l'uno tra le braccia dell'altro.

«Non ne ho avuto il tempo».

«Ti preparo qualcosa io».

«No», Cristian protestò, ma Samir si alzò dal letto.

Nel cucinino trovò l'occorrente per preparare almeno un cappuccino e poi riuscì a recuperare l'ultima brioche confezionata. Suo padre sarebbe andato su tutte le furie, ma a lui non importò.

«Eccoci qui», disse, portando il tutto nell'altra stanza.

Cristian si mise a sedere, sul suo viso si dipinse un sorriso dolce. «Un cuore con la schiuma? Non ti facevo tanto romantico».

«È il vantaggio di aver lavorato alla caffetteria».

Fecero colazione dividendo la brioche, ma presto si accorsero che era già metà mattina, l'ora di pranzo si avvicinava, e, purtroppo per Samir, anche l'ora in cui suo padre sarebbe tornato a casa.

«Rivestiamoci», disse controvoglia.

Cristian non ebbe bisogno di fare domande, sapeva che quando il suo sguardo si incupiva, suo padre o i problemi di soldi erano coinvolti.

«Ti accompagno al college?»

«No, ormai le lezioni le ho perse e non so se potrei concentrarmi, è tutta colpa tua», Cristian disse malizioso.

«È una colpa che a te piace. Dove ti porto, allora?»

«Vado a casa, magari riesco a parlare meglio con mia madre. Dovrebbe tornare dopo pranzo, mi ha accennato a un appuntamento di lavoro importante».

Decisero di andare a piedi, l'appartamento di Cristian non era tanto lontano da quello sgangherato di Samir, ma lui qualche volta non poteva credere che in una stessa città ci fossero case e palazzi lussuosi, opere d'arte magnifiche, esempi di architettura moderna di valore e topaie come quella in cui lui e suo padre alloggiavano.

Il palazzo dai decori merlati e la vaga struttura neoclassica di Cristian gridava ricchezza da ogni mattone.

«Togliti dalla testa le idee che hai», Cristian lo riscosse.

«Siamo così diversi io e te».

«Non credo, il nostro mondo è diverso, ma io e te? Siamo più simili di quanto tu creda. So che nonostante quello che fai - quello che credi di essere costretto a fare per recuperare soldi - sei una persona pulita».

Samir avrebbe voluto scappare. Le sue parole erano peggiori di qualunque condanna. Cristian non sapeva in che guaio lo aveva cacciato, e se lo avesse saputo lo avrebbe odiato.

«Tu dici?», disse con una nota di insofferenza nella voce.

«Ti prego non ricominciare».

«Allora mi faresti entrare?Non ti vergogneresti di presentarmi a tua madre?»

Gli occhi di fuoco di Cristian, pieni di indignazione, lo fecero sentire un verme. Lo stava prendendo in giro, e non era difficile, perché ormai sapeva bene quali tasti toccare per ottenere ciò che voleva.

«Vieni», Cristian disse, e come Samir aveva previsto lo aveva preso per mano e aveva bussato per farsi aprire.

Samir osservò l'ingresso del palazzo, la presenza o meno di telecamere e quante, gli orari del portiere, e se c'era, la presenza di telecamere nel lussuoso ascensore e sul pianerottolo.

Ad aprire la porta fu la domestica.

«Non sapevo sarebbe venuto per pranzo, le preparo qualcosa? I signori non ci sono, ma c'è un pacco per lei», disse la donna, indicando il tavolo del salone.

«Grazie, non preoccuparti, non ci fermiamo a pranzo», Cristian rispose.

Samir aguzzò la vista. La porta era blindata e collegata a un sistema di allarme, come suggeriva il quadrante all'ingresso.

Un'altra telecamera puntava l'obiettivo su chiunque fosse entrato nel salone. La sicurezza non mancava.

«Che direbbe il tuo patrigno se ci vedesse?», Samir fece un cenno alla telecamera quando Cristian si sporse verso di lui per dargli un bacio.

«Carl non fissa lo schermo tutto il tempo. Tutte le immagini delle telecamere sono proiettate in uno dei suoi studi, ma non sempre sono accese, credo che di giorno non lo siano».

«Come mai? Cosa le tiene a fare se non le accende?»

Cristian si strinse a lui. «Non ti devi preoccupare. Di giorno c'è il portiere e c'è sempre qualcuno in casa, che si accorgerebbe di un tentato ingresso di estranei. Di notte, invece, Carl controlla direttamente dal suo telefono, così non deve neanche alzarsi dal letto. Credo che le accenda subito dopo cena».

«Non vedi chi ti ha mandato il pacco?» Samir cambiò argomento, soddisfatto delle informazioni che aveva ottenuto.

Cristian si allontanò di malavoglia. Sul tavolo del salone giaceva un cartone di forma allungata. Cristian lo aprì e vi trovò dentro un mazzo di rose rosse, ma il mittente non doveva stargli tanto simpatico a giudicare dalla sua espressione.

«Bei fiori», commentò Samir, «lasciami indovinare: te li manda il tuo lord, quello che non si fa scrupoli a trattare il tuo alfa come il peggiore uomo sulla faccia della terra?»

Cristian rise. «Non mi importa di lui, però i fiori sono belli e li regalerò alla domestica».

«Ne sarò entusiasta...»

«Dici che non dovrei? Morirei di vergogna se mi accorgessi di averle mancato di rispetto. Mi vergogno ancora per tutte le volte in cui Marc ti ha trattato male».

«Ehi, non volevo dire che era una mancanza di rispetto per lei, solo che forse non le farà piacere ricevere un regalo riciclato. Puoi tenerli tu i fiori, non mi importa». Lo strinse. Si baciarono e Samir pensò che il loro bacio era naturale, spontaneo, ma che lui in quella casa che sapeva di lavanda si sentiva fuori posto. Aveva paura di essere giudicato e il peggio era che quei giudizi non sarebbero stati ingiusti, non dopo quello che stava facendo.

Cristian gli mostrò la sua stanza, era una stanza ordinata, con qualche blocco di disegno sparso qua e là e un orsacchiotto che aveva fatto il suo tempo. Trasmetteva tenerezza e allegria, tutto quello che Cristian era, sebbene Samir sapesse che Cristian non era cresciuto lì, che in quella stanza ci era entrato la prima volta qualche anno prima quando sua madre si era risposata con Carl. A un certo punto gli parve di affondare nelle bugie che aveva raccontato, in quella sceneggiata che aveva messo su per stare con Cristian quel giorno.

«Devo andare adesso, sta per arrivare tua madre, e in ogni caso ho dei lavori da fare», gli disse a un certo punto.

«Che tipo di lavori?», Cristian domandò sospettoso.

«Niente di cui potresti rimproverarmi».

Lo salutò con un bacio e scese in strada. Non appena ebbe camminato qualche metro, fece una telefonata.

«Ho tutte le informazioni che ti servono», disse a Rick. «Sì, ci vediamo tra un'ora al solito posto».

Mise via il telefono. Le informazioni gliele aveva servite Cristian tutte su un piatto d'argento, senza che lui avesse quasi dovuto chiedere. Cristian si fidava di lui e Samir lo stava tradendo nel peggiore dei modi. Solo per proteggerlo, si ripeté. Sì, pur di proteggerlo si sarebbe persino fatto odiare da Cristian o si sarebbe fatto ammazzare. A ben vedere, erano per lui la stessa cosa.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora