Chapter 1

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Arrivammo davanti all'imponente villa.
Wow, per la miseria, è gigante, davvero gigante.
Lui smanettò un po' con un piccolo telecomandino ma infine, riuscì ad aprire il cancello automatico sul quale era appesa una grossa "M", giusto per non fare i megalomani.

Con la macchina, si fermò d'innanzi alla porta principale.

«suona al campanello, ti apriranno sicuramente, io vado nel garage a parcheggiare, la valigia te la porto io» affermò

«non è necessario, posso portarla anche da sola» dissi e fu esattamente quello che feci.

Non appena misi il piede fuori dall'auto, ancor prima di richiudere lo sportello, presi la valigia dal portabagagli.
Solo quando la ebbi sotto mano, chiusi bagaglio e sportello e aspettai che la macchina partisse verso il garage prima di voltarmi in direzione dell'ingresso.
Trascinando, sulla ghiaia del viale (perché avrei minimizzato troppo a definirlo vialetto), la mia valigia arrivai finalmente vicino alla porta.

Suonai al campanello con sovra impressa la scritta "Moore-Sanders" in eleganti caratteri.
Poiché nessuno si affrettava ad aprire risuonai con più insistenza e finalmente la porta si aprì mostrando parte del salone e una ragazza  sicuramente più grande di me, con in volto dipinta un'espressione annoiata.

«ADAM, È PER TE!» gridò

Da dietro l'angolo, spuntò una sottospecie di visione divina. Un ragazzo alto, bello da far invidia ad un dio, capelli color cioccolato, ricci, più corti ai lati e spettinati al punto giusto, i muscoli erano in bella vista come i pochi tatuaggi che ricoprivano addome e braccia. Era davvero difficile concentrarsi quando i miei occhi erano ad altezza pettorali, non poteva mettersi una maglia?

Solamente quando mi si parò davanti ebbi il coraggio di sollevare lo sguardo e potei finalmente ammirare i suoi bellissimi occhi verde smeraldo.

«oh.. mamma» sussurrò sollevando gli occhi al cielo, si ricompose rapidamente e mi disse abbassandosi per posare le grandi e ruvide mani ai lati delle mie spalle.

«senti...» iniziò «l'altra notte è stato fantastico, davvero, ma sono stato chiaro fin da subito, quindi, evitiamo la scena in qui io faccio lo stronzo e tu piangi, porta il culo a casa insieme alla valigia, grazie» mi disse

Ma di che diavolo stava parlando?

«in realtà...» cominciai ma mia madre scese le scale di corsa quando mi vide sulla soglia ed esclamò.

«Josie, che fai sulla porta, entra, oh tesoro come ti sei fatta grande» disse sorpassando il ragazzo e tirandomi dentro casa.

Riuscii per miracolo ad acchiappare al volo il bagaglio.
Mi richiuse la porta alle spalle e mi abbracciò: io rimasi fredda, immobile.
Lei se ne accorse, infatti, mi lasciò ricomponendosi all'istante, asciugò le poche lacrime che avevano solcato il suo viso perfettamente truccato.

Non provavo che rabbia nei suoi confronti, faticavo anche a guardarla negli occhi. Dopo più quattro anni e mezzo si prodigava a fingere che le importasse qualcosa di me, solo perché mi aveva davanti. Chissà se aveva parlato loro di me, chissà che gli aveva detto!

Io non avevo aperto bocca, mi limitavo a guardarmi attorno pur di non incrociare il suo sguardo. Odio ammetterlo, ma adoro questo arredamento, è colto moderno, tutto bianco, beige e nero. È proprio nel mio stile!

«PETER, WENDY! VENITE, È ARRIVATA JOSEPHINE!» gridò con la sua vicina fastidiosamente perfetta.

Mi trattenni dallo scoppiare a ridere: Peter e Wendy, sul serio? E Trilli dove l'hanno lasciata?

Un ragazzo, spuntò dalla cima delle scale, era fisionomicamente somigliante sia alla ragazza che al ragazzo che mi avevano "accolta" se così si può dire.
Era meno muscoloso e meno alto del primo, in ogni caso era un bellissimo ragazzo.
Ha i capelli castani anche lui, ma più chiari, il colore degli occhi rimane a me sconosciuto data la lontananza.

Sex With My BrotherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora