| Breakfast and Books |

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-Enma-

-Enma ti prego-

-Enma aiutami-

Parole, milioni di voci che continuano a ribomabare violentemente nella mia testa mentre continuo a camminare a testa bassa cercando di trovare una via d'uscita da questo inferno.

Preghiere che non sembrano volermi dare pace.

Continuano a chiamarmi, ad invocare il mio aiuto che però io mi accorgo di non essere in grando di dare loro in questo momento. Non sono mai stata abbastanza forte per reggere tutto questo, mai abbastanza brava ad aiutare la gente ad alleviare le proprie sofferenze.

Mai abbastanza l'altezza per affrontare tutto questo.

E allora come mai avevo deciso senza essere obbligata da nessuno di venire a fare visita ad alcuni malati in ospedale? Mi sentivo forse in 'dovere' di portare avanti questa a dir poco assurda mansione? Cosa volevo dimostrare?

Aumento la velocità dei miei passi lasciandomi alle spalle urla più o meno forti di qualche anziano ospite e voci stridule di giovani infermiere che, probabilmente in pausa dopo il turno notturno, stanno sorseggiando il loro caffè mattutino con aria sbattuta e stanca. Mi lascio andare ad un sospiro liberatorio solo dopo aver raggiunto l'ascensore ed aver premuto con forza il tasto con inciso uno zero, attendendo di raggiungere l'uscita dall'ospedale il prima possibile, mentre appoggio la testa, che ora sento più pesante del previsto, contro una delle pareti biancastre massaggiandomi la fronte con una mano.

Credevo che dopo tre giorni Luke si sarebbe fatto di nuovo vivo, ma mi sbagliavo. Dopo l'ennesimo, furioso litigio che avevamo avuto in quella notte temporalesca, di lui avevo perso ogni traccia. Non solo non si era più presentato alle lezioni in università, cosa che comunque non mi stupiva affatto, visto il suo andamento durante tutto il corso del semestre, ma non si era più nemmeno preoccupato di accompagnarmi negli ospedali per controllare che stessi facendo il mio dovere, attività a cui sembrava tenere particolarmente, almeno fino a settantadue ore fa.

Forse avrei dovuto dimostrargli che non sono così debole come lui crede, forse avrei dovuto portare via con me qualche anima che silenziosamente gridava il mio nome, ma non c'è l'ho fatta.

Ho fallito miseramente un'altra volta. La verità è che non sono capace di reggere tutto questo da sola, ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto annuendo ad ogni mio passo, confortandomi dopo ogni gesto, dopo ogni movimento.

E quel qualcuno, anche se detesto ammetterlo, è Luke.

Luke, quello spettro che da tre giorni non mi assillava più con le sue paternali, con le sue minacce e i suoi avvertimenti. Sto davvero pensando a quel maleducato, complicato, sgarbato Luke Hemmings che non si era più permesso di immischiarsi nella mia vita, lasciandomi completamente libera di decidere come e quando frequentare Ashton. Il tutto senza battere ciglio o venirmi a cercare al di fuori dell'orario scolastico per farmi una delle sue solite prediche a cui comunque non avrei mai dato troppa importanza.

Non ho idea di cosa gli sia preso e non so se gioire o preoccuparmi per questo suo repentino cambio di comportamento. Non posso davvero credere che Luke abbia ceduto di fronte alla mia presunta testardaggine che mai si era dimostrata in grado di reggere il confronto con la sua, nè tanto meno che si sia offeso per quel 'ti odio' che già gli avevo rivolto tempo prima, esternando cosi il mio unico, forte sentimento per lui.

Eppure ora la sua prolungata assenza mi lasciava ancora più colma di dubbi che non la sua assillante presenza.

Vengo disolta da queste inutili quanto inconcludenti paranoie solo quando un'aroma di calde brioches non risveglia i miei sensi, convincendo le mie gambe a svoltare improvvisamente a destra invece che proseguire dritto verso il silenzioso viale che mi avrebbe ricondotta a casa in questo grigio sabato mattina.

Death's game » l.hWhere stories live. Discover now