Hello, Goodbye

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Peter capiva sempre, eppure quel giorno sembrava non aver capito proprio un bel niente, delle sue necessità. Tony però lo sapeva, che la colpa era solo sua, della sua indolenza, della sua paura di non riuscire ad andare avanti, in quella vita che, improvvisamente, aveva deciso di portargli via tutto e voltargli le spalle. Era solo. Non aveva più una famiglia. Quella stessa che, tante volte, aveva sperato potesse essere differente, migliore, priva di quei problemi di comunicazione che da anni li rendevano incompatibili. Aveva appena perso una madre e un padre che, malgrado non fosse davvero figlio loro, gli avevano voluto bene. Lo avevano amato, oltre i dissapori, le ostilità continue e l'incompatibilità. Una parola che Tony aveva usato spesso; ne aveva abusato, in tante di quelle discussioni da non poterle ricordare tutte. E lui – non poteva nasconderlo più – li aveva amati a sua volta. Nonostante tutto.

Poggiò i gomiti sulla scrivania, mentre Happy, fuori dalla sua stanza, faceva un giro di telefonate infinito. Si prese la testa tra le mani, e il cellulare non la smetteva un secondo di suonare. Steve, Bruce, Natasha, Nick Fury. Persino Coulson. Tutti, lo avevano saputo tutti. Chi attraverso i giornali, chi guardando la tv, e non aveva risposto ad una sola telefonata. O a un messaggio. Niente di niente.

«Lasciatemi in pace, cazzo», imprecò, nascondendosi il viso tra le dita. Stringendo i denti, con una rabbia addosso e la voglia di spaccare tutto. E Peter? Peter gli aveva fatto una sola telefonata, poi aveva smesso. Gli aveva mandato poi un messaggio, che non aveva nemmeno aperto. Diceva solo: «Voglio solo sapere come stai», e lui non voleva dirglielo. Non voleva perché non lo sapeva nemmeno lui. Avrebbe voluto sentirlo, averlo accanto, stringerlo così forte da fargli quasi male e chiedergli «Come si va avanti?», e allo stesso tempo non voleva né vederlo, né parlarci. Non aveva bisogno della sua bontà, della sua dolcezza, del suo modo goffo — ma allo stesso tempo maturo, di tirarlo su.

Qualcuno bussò alla porta, e Happy entrò senza attendere risposta, nella sua stanza. «Dopodomani ci sono i funerali, Tony. Ho organizzato tutto io, non devi preoccuparti. Ti vogliono affidare un tutore legale, almeno finché non avrai diciotto anni. Mi sono proposto come papabile, ma devi dirmi se ti sta bene, che sia io.»

«Sì, sì, ovvio che mi sta bene», sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, non del tutto sicuro di aver assimilato anche quella informazione. Appoggiò stancamente la schiena alla sedia. «Dove saranno, i funerali?»

«Tuo padre aveva espresso il desiderio che si svolgessero allo S.H.I.E.L.D.; Fury mi ha dato il permesso di farlo. Dice che ne aveva parlato anche con lui.»

«Cosa? Perché mio padre avrebbe dovuto pensare ad una cosa del genere, da vivo? Proprio lui, poi?» rise scettico Tony, senza alcun entusiasmo, con un sopracciglio alzato. Suo padre e la morte. Due concetti paralleli che non si incontravano mai, o almeno così pensava. Happy si chiuse la porta della stanza dietro le spalle, amareggiato. Si umettò le labbra e, senza chiedere il permesso di poterlo fare, si prese una sedia e gli si affiancò.

You Say Goodbye, I Say Hello [ Young!Starker - Tony/Peter -WINNER WATTYS 2020 ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora