Koenighinne Hilda Augustinne Helenna Vohn Janlan-Vronegard, I

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"Uno spettro si aggira per le strade delle Venti Volontà, 

tallonato dalle guardie di cento nazioni.

Lo puoi sentire sospirare il suo veleno, se fai attenzione..."

-Estratto dagli Ammonimenti Phythei.



Aprì gli occhi, punta dal ritorno della coscienza. Appoggiandosi sul gomito sinistro, Hilda provò ad alzare il collo, scoprendo che un peso vi gravava sopra. Strizzò gli occhi per liberarli dalle nebbie del sonno e si girò sul fianco.

Il peso misterioso era il braccio di Skovja. Ancora immersa in un sonno profondo, con le labbra socchiuse e il viso che affondava nel guanciale, la cameriera le era rovinata addosso. Di nuovo.

Le spostò con delicatezza il braccio, portandolo a ricadere sulla trapunta. Skovja sprimacciò il suo cuscino con degli scatti della testa e mugolò qualcosa d'incomprensibile. Si piegò sul fianco, cercandola a tentoni, e smettendo solo quando le toccò la spalla. La sua presa scivolò fino al gomito, arenandosi sulle lenzuola.

Schioccata la lingua, Hilda espirò.

Dopo essersi issata a sedere cominciò a massaggiarsi la fronte, tratteggiando piccoli cerchi con i polpastrelli, fino alle tempie. Spazzò una ciocca di capelli biondi d'innanzi ai propri occhi. Svolse a destra, trovando Kharìs che sonnecchiava, per tre quarti emersa dalle coperte.

Pungolarla sulle coste era una tentazione davvero, davvero forte. Sarebbe stato bellissimo vederla scattare in piedi, piccata e in allerta, però non sarebbe stato un gesto molto carino.

Stirando le braccia, Hilda ascoltò i respiri delle sue protettrici. Quello di Skovja era profondo, con un ritmo lento, conciliante al sonno. Kharìs, invece, aveva un respiro molto leggero. La faceva pensare allo scorrere di un placido refolo di vento tra le foglie di un bosco.

«Con permesso...» bisbigliò mentre sgattaiolava fuori dalle coperte. Liberò i piedi e scavalcò le due, cercando di non toccarle. «Non disturbatevi, restate dove siete.»

Skovja aprì un occhio e si separò dal cuscino. Tirò indietro la manica della sua lunga vestaglia e, data un'occhiata al chronometròn, trasse un respiro stanco. «Sono ancora le cinque e mezza, Vostra Grazia.»

Diamine, è sveglia.

«Sì, ma non te ne preoccupare.»

«Restate a dormire.»

«Sssht!» le intimò, portando l'indice davanti alle labbra. «Così svegli Kharìs!»

«Oh, sarebbe proprio una tragedia...»

«Sono già sveglia» borbottò la talarkhiine, sollevando il capo. Aveva gli occhi a mezz'asta e la sua voce era impastata dal sonno. «Hilda, è presto. Su, tornate a dormire.»

Non se ne parla! Slittò al fondo del baldacchino e balzò giù, calzando di volata le scarpette da camera. «Voi due potete continuare a dormire, avete mia licenza. Io voglio vedere il cinegiornale!»

Stropicciandosi gli occhi, Skovja si girò sulla schiena. «Lo potete guardare più tardi. Non scapperà.»

«Restate dove siete» ribadì, augurandosi che tornassero a dormire. «Non preoccupatevi.»

«Certo, certo...» Accompagnandosi con un lamento sbuffato, Kharìs si sedette al bordo del letto. Scosse la testa, come a volersi scrollare di dosso un velo, rovesciando sulla schiena la massa di sfatti riccioli neri. Tra alcune ciocche spuntavano le punte delle orecchie. «Poi la reprimenda del koenighaìn vostro padre la sentite voi per noi?»

Il volo dell'Aquila Dayrakynaजहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें