Capitolo 13

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Dopo che Adam se n'è andato, mi metto sotto le coperte, dove rimango al caldo e al sicuro fino al mattino. 

Controvoglia, mi alzo e mi preparo prima di scendere a colazione. Non vado in bagno: voglio evitare Adam il più possibile.

Quando entro in cucina, però, Adam è già seduto al suo posto, mentre il professore non c'è. 

Adam mi guarda con un ghigno.

- Ciao, piccola Lenah - dice, - sei riuscita a dormire dopo il tuo brutto incubo?

- Non...- voglio dirgli che non era un incubo, ma poi, dico: 

- Non sai niente.

- Perché, c'è qualcosa che dovrei sapere? Hai qualche segreto che dovrei scoprire? Io adoro i segreti - dice inclinando la testa di lato e sogghignando.

Per un attimo mi fa paura.

Poi, riprendendo il controllo, mi metto seduta, mantenendo la calma.

Inizio a versarmi del succo d'arancia nel bicchiere.

Con lui sto iniziando a perdere il mio sarcasmo e questo non mi piace. Mi sento vulnerabile. 

Rimaniamo entrambi in silenzio e Malcom entra e si mette seduto.

- Pensavo di trovarvi a litigare, o peggio, a tirarvi le cose! - dice sorridendo e visibilmente sorpreso.

Faccio per alzarmi, ma Malcom mi ferma appoggiandomi una mano sulla spalla. Come un padre. Questo pensiero mi fa pensare a lui che si uccide dopo avermi vista. Ingoio amaro e ricaccio indietro le maledette lacrime che mi scendono ogni volta.

- Devo parlarti. Adam, tu puoi andare.

- Anche io devo andare. Stavo pensando di andare a trovare Ash al centro.

- Oh, un'altra disastrata? - fa Adam.

Lo fulmino con un'occhiata.

- Ooh, argomento delicato? - Adam sorride.

- Sì, e se continui così ti sbatto al muro.

- Delicata, la ragazza.

- Vuoi vedere come sono delicata? - intimo,  alzandomi.

Lui alza un sopracciglio come a dire: "fatti sotto".

Ed io non ci vedo più, ma sono costretta a ritrovare la calma, per l'intervento del professore che manda in camera Adam e ci separa.
Ti ha detto bene, altrimenti ti avrei spaccato la faccia, penso rivolta ad Adam.

Ma che sto dicendo? Io non sono così, non sono violenta. Ma è Adam: la sua arroganza mi manda fuori di testa.

Non lo sopporto. Lo odio.

- Mi dispiace per il comportamento di mio figlio, - esordisce Malcom, - non pensavo che avrebbe reagito così, altrimenti..."- lascia cadere la frase e sento il mio stomaco sprofondare. 

Cosa ti aspettavi, eh Lenah? Credevi veramente di aver trovato una casa e qualcuno che ti volesse realmente bene?, mi rimprovero.

- Cosa? - sbotto. - Altrimenti cosa? Non saresti diventato il mio tutore e non mi avresti portata a casa tua, non è così?

Malcom si è accorto del suo errore nel scegliere le parole.

- No, Lenah. Mi sono spiegato male...

- No, davvero. Va bene. Ho capito. Tanto lo sapevo - dico.

Mi alzo ed esco di casa, mentre il professore mi chiama.

Il centro di riabilitazione non è molto lontano da qui, perciò riesco a raggiungerlo a piedi e in non molto tempo.

Quando arrivo sulla strada piena di brecciolini che porta al grosso cancello di ferro del centro, una certa nostalgia si fa strada dentro di me.

Varco il cancello ed entro nel cortile principale.

L'occhio mi cade sull'edificio dove il professor Smith fa lezione.

Devo sbrigarmi, o lo incontrerò anche qui.

Entro dentro l'edificio principale, dove c'è anche la direzione.

- Lenah, ma che piacere vederti - dice la signora Sullivan, vedendomi.

- Salve, sono passata qui per una persona. Ashley Wesley - dico.

- Oh, certo. Ash. Puoi andare.

- Grazie.

Mi addentro nel lungo corridoio che porta alle camere delle ragazze.

Quando arrivo davanti a quella di Ash, faccio un bel respiro e busso.

Niente.

Busso ancora.

Niente.

- Ash? - la chiamo.

Silenzio.

Magari non è in camera.

So dove potrebbe essere.

Vado nel cortile sul retro e la trovo seduta lì, di spalle, a pensare.

- Sapevo che ti avrei trovata qui - dico con un sorriso.

Lei si volta di scatto e le sue labbra si schiudono in sorriso enorme.

- Lenah! - si alza e corre verso di me.

Ci abbracciamo. Ed io capisco cosa ho lasciato andandomene da questo posto.

- Mi sei venuta a trovare - dice.

- Certo, - rispondo con le lacrime agli occhi.

- Mi sei mancata, Lenah.

Mi sorride, ed io vedo in lei Margaret.

Sorrido anch'io e le racconto tutto, mi sfogo con lei per un tempo che mi sembra infinito, ma allo stesso modo molto breve. Le parlo della casa, del professore e di quanto sia stronzo Adam.

Lei mi ascolta, attenta.

Mi ha fatto bene stare con lei.

Purtroppo arriva troppo presto l'ora di ritornare a casa.

Quando varco la porta di casa, Malcom mi corre incontro. Sul viso ha un'espressione di preoccupazione mista a rabbia.
Ops.

- Lenah! Mi hai fatto preoccupare, devi dirmi dove vai! - esclama. Sembra un padre.

Dovrei essergli grata per il fatto che si prenda cura di me. Per il fatto che si preoccupi per me.

- Ero al centro di recupero - dico lentamente, - volevo rivedere una mia amica. 

- Ti avrei accompagnata io. Sai che insegno lì, - sospira, addolcendo la voce - non fare più una cosa simile, ti prego. 

Annuisco velocemente e lo supero per salire in camera mia.

Pain is peace Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora