вопросов

1.7K 196 22
                                    

ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ II

[ 🌵 ]


Il tempo passa, l'inverno cede il posto ad una temperatura più mite che però è ancora lontana dall'essere definita primavera ed intanto Dazai è sempre più ossessionato dal suo vicino.
Ha preso la cattiva abitudine di coricarsi a tarda notte per farsi cullare più che può dai brani tristi dell'altro, fuma una quantità di sigarette spaventosa col fine di giustificare il perché stia ore ed ore sul suo balconcino, vorrebbe dire che si tratta di una sua scelta, che lo fa perché corre entusiasta verso la morte, ma la bugia non regge.
La realtà è che per la prima volta si sta facendo soggiogare da un altro essere umano.
Nella sua testa ha perso una battaglia, infranto una promessa fatta al vento, lui che si è sempre reso indipendente dagli altri ora si ritrova ad elemosinare un minimo di compagnia, fittizia ed illusoria, da una persona totalmente idealizzata ed estranea.
Che essere misero e micragnoso che sta diventando, quanto si rende infimo le notti in cui cade addormento sul divano in salotto poiché troppo stanco per stare sveglio, ma troppo incantato per non sentire l'altro.
Si chiede, sempre più spesso, che fine stia facendo il Dazai innamorato del proprio rifiuto per l'umanità.
La sua era davvero una facciata così labile da sgretolarsi alla minima interferenza?
L'identità stessa di Osamu Dazai è quindi sempre stata una sottile tela di ragno, che una qualsiasi scopa avrebbe potuto ramazzare via?
Sta sbagliando, si tratta solamente di un suo delirio, giusto?
Questi interrogativi lo perseguitano facendogli corrugare la fronte e tremare gli arti, le sue labbra sanguinano mentre le pizzica con le unghie strappandone le pellicine ed i suoi occhi si serrano di fronte ad una realtà dei fatti inaccettabile.
La sua magra consolazione è che nessuno si sia ancora accorto di nulla, il suo sporco segreto resta celato dalle proprie carni putride ed unte, nessuno sguardo appuntito sembrerebbe aver penetrato la barriera nauseabonda che ha eretto a difesa di quel prelibato peccato.
Ma quanto tempo passerà ancora prima che qualcuno lo venga a sapere?
Sarà forse domani?
Tra due ore?
Magari mai?
Mentre si cruccia, in preda ad un'agitazione che non gli appartiene, un'altra parte di lui lo prende per la vita e gli accarezza il volto vezzeggiandogli le gote con i pollici, sussurrandogli all'orecchio, mellifluamente, che non importa se gli altri lo vedono poichè lui non ha nulla da chiedere a quel mondo rivoltante, ne tanto meno aspettative da soddisfare.
Dazai, allora, si riscuote e ridacchia tra sé e sé con strafottenza, pregno di una sicurezza che solo il corpo, affascinate ed erotico, della misantropia gli sa portare.
Sbatte la porta blindata del proprio appartamento lasciando che il forte rumore gli ingombri le orecchie, spodestando i suoi pensieri con brutalità.
Sospira stanco togliendosi il lungo cappotto, levandosi poi le scarpe senza nemmeno slacciarle, si passa una mano, dalle dita ossute, tra i capelli mentre si dirige a piedi nudi in cucina, pronto a prepararsi l'ennesimo pasto surgelato.
I minuti passano, l'orologio sopra la cappa ticchetta accompagnando lo sfrigolio dell'olio bollente nella padella.
Dazai muove pigramente la spatola tra le fettine di carne senza un motivo apparente: il fondo della padella è lucido, rovinato da grigi graffi argentati, dei minuscoli zampilli di olio gli finiscono sulla mano che tiene l'utensile, facendo imprecare il castano a denti stretti.
Osserva imbambolato, vitreo e privo di vita, la panatura delle fettine che diventa dorata pian piano, chissà se quella casa è sempre stata così silenziosa o lo è solo oggi, solo per lui.
La musica ad alto volume, del suo demoniaco vicino infesta-pensieri, lo fa sobbalzare facendogli cadere la spatola su i fornelli.
La sua cena si è bruciata, Dazai si era bloccato a fissare il vuoto per chissà quanto tempo senza rendersene conto.
Si era completamente alienato dalla realtà dimentico di ciò che stava facendo, bruciandosi la cena.
Sta impazzedo, non c'è dubbio, questa ne è la conferma e deve fare qualcosa prima che la situazione degeneri ulteriormente.
Mette in ordine il disastro con il volto corrucciato e le labbra dischiuse che mormorano ingiurie verso il rosso misterioso, d'altronde è tutta sua la colpa, da quando è arrivato non ha fatto altro che insinuare dubbi nel cervello del castano, si è inserito nella sua vita come il più strisciante e disgustoso dei serpenti.
Sente il petto infuocarglisi ed il fastidio rodergli le costole, va in camera da pranzo con le dita frementi e le labbra serrate, prende il pacchetto rosso scuro di sigarette e furente esce sul balcone.
Da fuoco alla cartina leggera ed aspira a pieni polmoni, spasmodicamente, il fumo plumbeo del tabacco.
Vorrebbe dire di essere arrabbiato con il suo vicino, per una volta vorrebbe avere anche lui l'onore di provare un emozione completa, quando in realtà è solo profondamente scontento di sé stesso.
Ma tanto non importa ora: non importa se l'altro ha già accesso il giradischi, non importa se la musica dai toni più cupi del solito gli allieta le orecchie, poiché questa sera non resterà su quel cesso di balcone.
Prende un'altra boccata facendo dondolare la sigaretta tra l'indice ed il medio della propria mano destra, sempre maleodoranti di nicotina ed intrise del dolciastro retrogusto del tabacco.
Muove lentamente le dita dei piedi nudi, le arriccia e distende infastidito dal marmo, verde e ghiacciato.
Osserva il proprio riflesso, sulla solita finestra impolverata del palazzo di fronte al suo, incapace di vedere nulla tranne il rossore della cartina che brucia.
Non distingue la sua zazzera di capelli scompigliati, non riesce a disegnare il contorno della maglietta grigia a maniche corte che indossa, l'unica cosa che è abbastanza vivida da riuscire a riflettersi è l'estremità della sigaretta accesa.
Forse quello è il suo riflesso, l'unica cosa che mai rimarrà di un uomo perfido e solo come lui sarà della carta leggera destinata a bruciare, indifesa carta convinta di contare qualcosa ma costretta invece a diventare cenere poichè condannata sin dal principio, a sua insaputa.
Si fa schifo da solo quando pensa in questo modo.
I secondi passano, la temperatura cala, il vento leggero si ferma del tutto ed il mozzicone che tiene tra le dita si consuma sgretolandosi, cadendo al suolo dopo interminabili metri di vuoto, perdendosi nell'aria in quanto cenere; Dazai volge la spalla destra verso la finestra pronto ad andarsene da quel posto maledetto.
Sta per tornare nel suo salotto, sfuggendo dalla dolce musica ammaliatrice, ma il forte rumore di vetro che sbatte lo fa bloccare sul posto.
Sul balconcino del vicino, distante solo pochi metri dal suo, vi è il rosso in lacrime.
Osamu trattiene il fiato spalancando un poco la bocca, sentendosi come colto nel bel mezzo di una rapina, la sua fantasia e inquietudine è lì accanto a lui, e sta singhiozzando con il volto percorso da stringe di perla.


Angolo autrice
Ragazzi tranquilla, sono ancora viva (come se importasse a qualcuno).
Finalmente ho aggiornato ed eccovi il nuovo capitolo: era ora che si rincontrassero, vi spoilero che nel prossima capitolo sti due si parleranno anche (MISTICO, CIOÈ ASSURDO).
Apparte i miei deliri, il capitolo è ancora da ricontrollare però intanto lo pubblico per non far morire questa storia, lol.
La settimana prossima non aggiornerò dato che sarò a Berlino con la scuola.
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e se così fosse lasciate un voto.
Ve se ama.
Teddyhuman

― 𝐌𝐢𝐬𝐚𝐧𝐭𝐡𝐫𝐨𝐩𝐲 *̥˚ 𝐬𝐨𝐮𝐤𝐨𝐤𝐮Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ