Capitolo 7 - Inspiración.

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Uscita dalla macchina di Paulo salii le scale mobili per andare all'interno del centro commerciale, in cui ero stata solo un paio di volte dopo le partite che avevo visto con Leo e Mel, entrambi juventini.
Stranamente non comprai nulla, se non un panino perché sapevo che non avrei cenato prima delle undici e mezza, poi dato che mi annoiavo feci un giro nello Juventus Store accanto allo Stadium e per poi dirigermi verso il mio gate.

Arrivai al mio posto, che era in prima fila nel primo anello, praticamente a bordo campo, e notai con piacere che il posto accanto al mio era libero, perciò vi appoggiai la borsa e la Coca Cola che avevo preso al mini bar dello Stadium.

Iniziò a fare davvero freddo perciò, dopo aver messo la maglietta di Paulo, indossai una sciarpa gigante e super calda e un paio di guanti che avevo messo in borsa, consapevole del gelo che sarebbe arrivato.
Guardai l'allenamento dei ragazzi con attenzione e cantai l'inno della Juve a squarciagola, e poi iniziò la partita vera e propria.

Avere un posto in prima fila e nel primo anello mi era capitato solo una volta, e il biglietto era stato un regalo per il mio sedicesimo compleanno. Era bellissimo, si sentivano le urla dei calciatori e del mister, quando il pallone prendeva il palo della porta si sentiva la botta, e vedevo i volti dei ragazzi da vicino come non mai.

L'avvio della partita fu positivo, circa un quarto d'ora dopo l'inizio ci fu il goal che ci portò in vantaggio, segnato da Ronaldo; il resto del primo tempo non fu molto movimentato, i ragazzi difesero bene, ma ci furono al massimo un paio di azioni da goal.
Il secondo tempo iniziò meglio di come era finito il primo, ma vidi in Paulo un certo nervosismo, dato probabilmente dall'aver giocato un primo tempo brillante, ma non eccezionale.
Fu assegnato un calcio di punizione all'Inter, che pareggiò con Icardi; in quel momento vidi il nervosismo di Paulo espandersi sui volti dei ragazzi, finché all'80' Cuadrado fece un ottimo cross per Paulo, che segnò un goal spettacolare, con il suo sinistro magico.
La cosa che mi stupì, però, fu che dopo aver fatto la consueta Dybala Mask, Paulo guardò la tribuna in cui ero seduta io, e fece un cuore con le mani.
Mi aveva dedicato il goal.
Senza particolare motivo, o forse perché l'avevo incoraggiato prima della partita.

Quando la partita finì, aspettai il saluto dei ragazzi alle due curve, cantai di nuovo l'inno a squarciagola e poi seguii le indicazioni che mi aveva dato Paulo, arrivando in un parcheggio pieno di Lamborghini, Maserati, Porche e Ferrari.
Capii immediatamente che era il parcheggio riservato ai giocatori, e quando una guardia mi fermò all'uscita dell'ascensore gli mostrai il biglietto, come mi aveva detto Paulo, e lui mi lasciò passare tranquillamente.
Notai che la Jeep di Paulo era aperta, perciò entrai e decisi di aspettarlo prima di togliere la sua maglietta. Arrivò tra i primi, e alcuni suoi compagni mi notarono e gli sorrisero maliziosamente, ma lui rise, dando a ciascuno una pacca sulla spalla, e venne in macchina dopo pochi minuti.

Non disse nulla, semplicemente entrò in macchina e mi sorrise, poi avviò il motore e uscimmo dal retro dello Stadium, e una volta entrati in autostrada si fermò nel primo spiazzo che vide.
Iniziò a baciarmi, prima dolcemente e poi con passione, le sue braccia a cingermi la vita e le mie intorno al suo collo accarezzandogli i capelli, finché si decise a parlare, staccandosi dalle mie labbra, ma continuando ad accarezzarmi il fianco:
"Non hai ancora tolto la mia maglietta," iniziò e mi aiutò a togliere la maglia da sopra il cappotto, tornando ad abbracciarmi, "non ho iniziato bene la partita, e durante l'intervallo il mister mi ha detto che mi dava altri quindici minuti per giocare bene, altrimenti avrebbe fatto entrare Douglas al mio posto.
Quando sono rientrato in campo mi sono ricordato di quello che mi avevi detto in macchina, e ho giocato principalmente per non deludere nessuno, soprattutto te. Non credo che avrei segnato se non avessi pensato a te all'inizio del secondo tempo." mi disse sorridendo.
Io gli sorrisi, lasciandomi scappare una lacrima, commossa dalle sue parole:
"Grazie, davvero, non sono triste. Sono troppo felice, e sono tanto commossa per essere stata così importante per te oggi, anche se penso che avresti segnato anche se io non ci fossi stata." confessai, abbassando leggermente lo sguardo, ma Paulo mi prese il viso tra le mani e ricominciò a baciarmi con molto più trasporto di prima.
"Non dovevi portarmi a cena fuori tu?" risi, staccandomi da lui e asciugandomi le lacrime, e ringraziando il mio mascara waterproof per aver resistito all'effetto panda,
"Claro nena, dovevo solo ringraziarti come si deve per essere stata la mia musa ispiratrice." sorrise ironicamente, facendomi l'occhiolino.

Poi si mise al volante, tenendo la mano destra sulla mia coscia, e arrivammo in un lussuosissimo ristorante in stile parigino alle undici e un quarto, e ringraziai chiunque avesse deciso che il giorno dopo ci sarebbe stato lo sciopero dei professori all'università perché non penso mi sarei riuscita a svegliare alle sette meno un quarto della mattina. Il "nostro" cameriere ci mostrò il tavolo, che era in una posizione abbastanza riservata, e mi stupii nel vedere il continuo via vai di persone che arrivavano nonostante fosse così tardi.
Mangiai tantissime portate, ma erano tutte talmente minuscole che mi veniva da ridere.
"Ti è piaciuto?" chiese ironicamente Paulo, indicando il mio piatto di risotto alla milanese completamente vuoto,
"Certo, la famiglia di mia mamma è lombarda, il risotto alla milanese è il mio preferito." dissi con un sorriso fiero,
"Chi l'avrebbe mai detto." rise Paulo, e io con lui.

Una volta cenato, non contenti, andammo in un locale per festeggiare la vittoria sull'Inter che era molto sentita anche dai giocatori, e non solo dai tifosi come avevo sempre pensato.

Paulo mi comunicò che il locale in cui ci saremmo riuniti con alcuni degli altri ragazzi e le rispettive fidanzate era il Chatham, in cui ero stata dopo la cena di laurea di una mia cara amica, e quando mi resi conto che fosse lo stesso posto iniziai a prevedere sbronze e figuracce, conoscendomi.

Entrammo nel locale senza dare troppo nell'occhio, e andammo nel privé, dove Paulo mi prese la mano, nonostante ci fossero Douglas, Rugani, Berna e Miralem.

Chiacchierai con la ragazza di Rugani, Michela Persico che era diventata giornalista, proprio come volevo fare io; poi parlai anche con la moglie di Douglas, Luisa Ramos, e con Josepha, la compagna di Miralem.
Erano tutte e tre più grandi di me, ma non mi sentii in difetto, né a disagio.

Iniziammo a bere, e al quarto shot ero già brilla, e Paulo mi trascinò via mentre mi sentivo in colpa per averlo fatto andare via per primo, ma mi rassicurò e salimmo in auto.
"Portami a casa, è tardi..." biascicai,
"Togliti dalla testa il fatto che io ti lasci a casa da sola in queste condizioni." disse con decisione.
Non passò molto tempo che mi resi conto che non stavamo andando a casa mia, ma a casa di Paulo.
"Stiamo andando a casa tua, l'ho visto nel video su YouTube." risi, mentre iniziava a girarmi la testa.

Paulo mise l'auto nei garage sotterranei, e poi prendemmo l'ascensore fino al suo appartamento, che era al terzo piano.
I capogiri aumentarono, e l'unica cosa che ricordo di quella sera è che Paulo mi fece indossare una sua felpa, che mi faceva quasi da vestito, e poi mi addormentai nel suo letto, con lui che mi cingeva la vita.

Sólo tú y yo. || Paulo Dybala. Where stories live. Discover now