28. Dai diamanti non nasce niente

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"Puoi curarla?"

Sono le prime parole che sento pronunciare da Bevin dopo la fuga dall'arena. La voce è secca e roca e fatico a credere che sia uscita davvero dalla sua gola. Nella silenziosa strettoia del quartiere basso in cui ci troviamo sembra che abbia gridato. Ma forse non è davvero così.

L'uomo a cui si è rivolto resta immobile nel riquadro scalcinato della porta. Si limita a dedicarmi uno sguardo distratto. "Questo sembra un lavoro particolare, signor..."

"Daron. E niente domande, per favore."

Le fitte che si irradiano dalla mia schiena mi annebbiano la vista. Per quanta cura ci metta, Bevin non riesce a reggermi tra le braccia senza sfiorare l'estensione della ferita che Connor mi ha inflitto, dove i vestiti sono a brandelli e la carne è ustionata.

La strada fin qui è stata un tormento.

"Prima i soldi, allora" sentenzia l'uomo sulla porta. Credo che sia un medico, o qualcosa del genere.

"I soldi li avrai quando lei sarà in grado di camminare."

C'è sempre stata questa nota dura nel tono di Bevin? Ho l'impressione di potermi tagliare con le sue parole.

Il medico è meno sensibile alle sfumature. "Ascolta, amico. Questa qui è senza dubbio una dei profughi. Tu, invece, sei un tipo strano. Voglio dire, più strano di quelli che sono soliti bussare alla mia clinica nel cuore della notte."

"E quindi?"

"Io non faccio distinzioni tra i miei pazienti, ma con i tipi strani preferisco tutelarmi in anticipo. E stanotte è la notte giusta per prendere precauzioni."

"Perché? Che cos'ha stanotte di diverso dalle altre notti?"

"C'è stato un po' di... movimento, da queste parti. Allora, ce li hai i soldi per pagare oppure no?"

"Fammela mettere giù e ti darò quello che ti serve."

Dopo un'ultima impercettibile esitazione, il medico si fa da parte.

"Grazie alla Dea" sussurra Bev, e mi porta con sé all'interno.

La stanza in cui entriamo mi vortica intorno. Ci sono globi incantati dalla luce spietata che rischiarano l'ambiente e fanno apparire il viso del ragazzo pallido e tirato. È come se fosse invecchiato di colpo di dieci anni, preda dei demoni che lo rodono dall'interno. I suoi occhi infossati danzano inquieti senza posarsi su nulla in particolare. Piccole gocce di sudore colano dai ricci bruni sulle tempie e si lasciano dietro una scia visibile nella polvere che sporca la sua pelle.

Il medico fa un cenno e dice qualcosa. A malincuore, Bev mi allontana da sé e mi distende sullo stomaco su un grande tavolo. La superficie è fredda sotto di me.

"Allora?" Il medico tende una mano.

Quello che fino a un giorno fa era il re di Ys fruga sotto la camicia e si strappa di dosso una catenella, un nastro di metallo lucido cui è appeso qualcosa di piccolo e luminoso. Un diamante, forse. "Può bastare?"

L'altro uomo afferra la catenella e la solleva per osservarla meglio. Annuisce brusco e sparisce dietro una porta. "Torno subito. Il tempo di mettere in sicurezza il pagamento."

Non appena restiamo soli alzo il viso e trovo Bev che mi fissa con questi suoi occhi raminghi.

La sua angoscia è una tormenta che m'investe.

Socchiudo le labbra. "Ascolta, dovresti... Dovresti lasciarmi qui. Tu... Io non sono..."

"Sei la cosa più simile a un'amica che mi sia rimasta. Assurdo, vero? E hai appena superato il Lupo come persona più ricercata di Ys. Per un crimine che ho commesso io." La frase gli muore in bocca. "Non ti lascio da nessuna parte, Chani."

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