Intercity notte 23593 (parte III)

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«Quindi, vuoi la rivincita?» sorrise Niccolò, facendo saltare nel palmo i soliti centesimi che continuavano a rimettere come scommessa a ogni partita.

«Certo. Ma stavolta giochiamo a scopa».

Niccolò annuì, cambiando mazzo e iniziando subito a mescolarle. Le poche monete che avevano scommesso facevano bella mostra di loro sul lenzuolo bianco, riflettendo appena la luce dell'unica lampada che c'era sul soffitto – completa anche di plafoniera sporca che non doveva essere stata pulita dalla prima era glaciale.

Domenico scrollò rapidamente il feed di instagram, rimanendo però a fissare gli account consigliati.

«Hai fatto un account per il tuo gatto?» chiese osservando la foto di Gobbo seduto accanto a un albero di Natale disteso per terra.

«Oh, sì. Ha più followers di me».

Domenico annuì piano con la testa. «E sono tutte foto di lui che fa...»

«Le sue cavolate. Tipo quella con il mestolo in bocca: quella volta è saltato sul ripiano della cucina e lo ha rubato a mamma. Si è scatenata la terza guerra mondiale poi».

«Hai un gatto veramente scemo».

«Lo so, ma è adorabilmente grasso e scemo che non possiamo separarcene. Gli ho costruito un trono di lego, se scorri le foto lo dovresti trovare».

Domenico eseguì, trovando ciò che Niccolò gli aveva detto. Gli scappò un sorriso nel vedere il gatto seduto per bene sul trono con un'aria quasi regale. Preso dalla curiosità, scorse a destra, guardando la foto successiva. Gobbo se ne stava a capo all'ingiù, stringendo una pallina colorata tra le zampe.

Domenico scosse la testa, forzandosi a seguire l'account – avrebbe rappresentato un ottimo modo per procrastinare lo studio.

Mise il telefono da parte, appuntandosi mentalmente di metterlo in carica: fortunatamente c'erano delle prese vicino alla porta.

«Dove siamo?» chiese Niccolò guardandosi intorno mentre il treno si fermava.

Domenico si sporse verso il finestrino, cercando di vedere qualcosa fuori. «Latina» disse notando il cartellone blu con la scritta bianca perfettamente illuminato.

«Siamo in perfetto orario» constatò Niccolò controllando la posizione del treno sulla solita app.

«Speriamo di rimane-».

«Shhh» fece Niccolò interrompendolo. «Non suggerire idee malsane a Trenitalia. Non sai mai cosa potrebbe nascondere».

«Nicco, stiamo parlando di un treno, non di Palpatine».

«Uguale. Dai, giochiamo».

Domenico annuì, guardando le tre carte che aveva in mano. Niccolò si dondolava, come a voler passare il tempo mentre Domenico pensava a cosa prendere. Doveva avere un dono, l'aretino: ogni volta riusciva a mescolare le carte in modo tale che a lui capitava di tutto, tranne quel che faceva punti. Forse aveva in mano già il settebello e aspettava solo il momento opportuno per prenderlo.

Sospirando, prese l'asso di fiori che campeggiava sul lenzuolo – anche se aveva usato picche, erano pur sempre due carte.

«Senti, te la prendi se faccio scopa?»

Domenico lanciò un'occhiata alle carte in tavola. «Scusa, ma è impossibile. Oltrepassi di cinque il valore del re...»

«Wow, sai anche contare».

«Nicco, studio matematica. Se non lo so fare io, chi lo dovrebbe fare?»

«La calcolatrice» rispose Niccolò.

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