Venerdì diciassette? No, mercoledì sei

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Storia scritta per gioco e per ridere un po', eventuali stereotipi sono messi per fare battute non per offendere. Eventuali riferimenti a fatti e/o persone puramente casuali.
Se volete segnalare eventuali errori, le mie "poche" diottrie mancanti vi saranno riconoscenti. 

NB: alta presenza di battute a sfondo matematico.

Divertitevi pure con questi due grulli alle prese con un luuuungo viaggio in treno, qui si abbonda di fluff >3< 

Divertitevi pure con questi due grulli alle prese con un luuuungo viaggio in treno, qui si abbonda di fluff >3< 

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«Attenzione, treno in transito al binario quattro. Allontanarsi dalla linea gialla».

La voce metallica proveniente dall'altoparlante si confondeva con il rumore della pioggia battente sulla tettoia che copriva solo in parte il marciapiede.

Il treno stranamente in orario aveva illuso Niccolò la mattina: da quando era sceso alla solita stazione, aveva attraversato il solito sottopasso grigio illuminato da luci a led poste vicino al soffitto ed era arrivato alla fermata per aspettare Domenico e avviarsi con lui verso l'università, era stato un precipitare di eventi con velocità esponenziale.

L'autobus che aveva saltato una corsa, lasciandolo accanto al palo di metallo con sopra il cartello bianco e arancione con l'indicazione delle linee che transitavano da lì - 2 e 20 - ad aspettare Domenico che doveva arrivare con il bus per un tempo indefinito.

Il temporale improvviso che l'aveva sorpreso nello stesso luogo, ovviamente privo di pensilina.

L'ombrello che aveva fatto cilecca nel momento stesso in cui l'aveva aperto.

Le sette ore di lezione che si prospettavano davanti.

Ed era solo mercoledì.

Sospirò passandosi una mano tra i capelli castani, ormai completamente bagnati dalla pioggia. Cominciava a credere che mercoledì sei fosse il cugino lontano del venerdì diciassette: non si presentava spesso a far visita, ma quando lo faceva era sempre in grande stile.

Si voltò verso sinistra, cercando di scorgere almeno la testa del treno: niente. Quelli che passavano non erano altro che treni diretti a Firenze Santa Maria Novella o verso la costa. Quello per Arezzo pareva latitante. Tirò fuori il telefono, controllando l'ora: il treno aveva un ritardo di venti minuti.

Lo rimise con un gesto secco nella tasca dei pantaloni. Non sapeva se fosse peggio quella giornata d'acqua in pieno giugno – cosa strana da una parte, ma benvoluta dall'altra, visto l'afa che aveva attanagliato la città nei giorni precedenti – o l'imminente sessione estiva.

Rimase a fissare i binari con sguardo vuoto, valutando l'idea di farsi un'altra maratona su Netflix prima di andare a dormire piuttosto che riguardare gli appunti. Tanto c'era tempo all'esame del venticinque.

Take me awayWhere stories live. Discover now