« quando sono arrivata a Monaco

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« Siamo atterrati? » Lo sbigottimento e la sorpresa si fecero spazio nel corpo e nell'espressione del viso di Aurora. Non era possibile: l'aereo stava per precipitare, e lei aveva creduto di morire! Lo sguardo girovaga per il locale, e gli occhi si muovevano osservando come gli altri passeggeri stessero tranquillamente prendendo le proprie cose per dirigersi verso l'uscita.

« Non... non moriremo! » La voce uscì stridula, compressa in un gridolino degno di una quindicenne in piena crisi ormonale.

« Non moriremo. » La voce dello sconosciuto -con uno spiccato accento francese- confermò l'ovvio, allungando una mano sulla schiena di Aurora, esortandola implicitamente ad alzare il sedere dalla poltrona e farsi strada verso l'uscita dell'aereo. La ragazza, però, si bloccò un momento ad osservare il ragazzo, come se lo stesse guardando per la prima volta; aveva davvero parlato con quel tipo? Merda. Gli aveva davvero raccontato tutti i suoi segreti?!

« Già. Sì. Beh... » Stette lì immobile, fissandolo come una rimbambita, incapace di formulare una frase di senso compiuto o di guardarlo negli occhi: gli aveva raccontato del suo punto G, diamine! Voleva solamente andarsene da quell'aggeggio infernale fatto di metallo. Senza aggiungere una parola, la giovane Vettel si voltò, sospirando mentre si mordeva il labbro inferiore, afferrando la valigia gialla e muovendo i primi passi verso l'uscita.

« Hey Schwester!* » Una voce familiare l'accolse appena fuori dal tunnel. Aurora sollevò lo sguardo, incrociando una figura alquanto losca -munita di occhiali da sole, cappellino e felpa con il cappuccio a coprire parte del capo- allargare le braccia tra la folla, cercando di attirare la sua attenzione. Stette ferma per un momento, con la valigia appresso, ma quando la sua mente finalmente riuscì a decifrare il tono di quella voce, schiodò i piedi da terra e si lasciò andare in una corsa forsennata verso il giovane uomo.

« Großer Bruder!* » Arrivò da Sebastian e gli si lanciò addosso, sbilanciandolo quando le sue gambe si attorcigliarono intorno al suo corpo, stringendolo in un abbraccio che la giovane non avrebbe mai voluto sciogliere. Le era mancato così tanto!

« Non sai cosa diavolo mi è appena successo dentro quel maledetto affare di metallo! » La mora si staccò da fratello maggiore, sospirando, mentre lo osservava prendere il suo bagaglio giallo, offrendosi tacitamente di portarlo al posto suo fino al taxi.

« Ho come l'impressione che non mancherai di raccontarmelo nei minimi dettagli. » La voce di Sebastian si rivelò divertita: sapeva quanto la sorella potesse diventare logorroica e maniaca dei particolari quando si trattava di raccontare una storia. E la ragazza non si smentì nemmeno questa volta... certo, evitò di dirgli di come avesse sbandierato ai quattro venti cose private: suo fratello l'avrebbe presa in giro a vita, poco ma sicuro. Tutta quella brutta esperienza di sicuro le aveva insegnato due importanti lezioni. Uno: non prendere l'aereo quando c'è la possibilità di farsi un bel viaggetto in macchina o in treno. Due: mai, mai, parlare con gli sconosciuti quando si è in un momento di panico. Sopratutto se si rischia di perdersi nei descrivere la propria vita sentimentale (inesistente) o come ci si senta un fallimento.

« ...quindi no. Non prenderò più un aereo in tutta la mia vita. » Concluse, con quel pizzico di fermezza che mai guasta, prima di voltarsi e osservare fuori dal finestrino del taxi. Non era mai uscita dai confini della Germania, e trovarsi all'improvviso catapultata in una realtà diversa com'è quella del Principato di Monaco le faceva un certo effetto. Chissà se i francesi "mangia-baguette" erano davvero così insopportabili. Sentì Sebastian ridacchiare: lui doveva essere così abituato a girovagare in jet privati che l'altezza o l'eventualità di schiantarsi rovinosamente a terra non doveva essere un problema.

« In ogni caso, benvenuta nella tua nuova, e temporanea, casa! » Il giovane pilota della Scuderia Ferrari aprì la portiera del taxi dal suo lato, allargando le braccia verso l'hotel dove risiedevano lui e gli altri team della Formula Uno, e dove sarebbe alloggiata anche la sorella minore.

« Ma... è magnifico. Cavolo fratello, ne dovete avere di soldi! » Lo stupore negli occhi della ragazza era evidente: non aveva mai messo piede in alberghi del genere. Osservava gli ambienti quasi avesse paura di rompere i cristalli dei lampadari al solo sguardo dei suoi occhi così inesperti di tutta quella ricchezza. Sembrava così lussuoso da dare l'impressione di dover pagare pure l'ossigeno che si respirava all'interno dei locali! La risposta di Seb non arrivò, perché era impegnato al bancone di accettazione per prendere le chiavi della sua stanza e di quella della sorella.

« Me la pagherai, Lewis. Sei un bastardo! » Delle urla femminili si fecero spazio nella hall, e la figura minuta di una giovane dai capelli lunghi e chiari fece capolino dalla scalinata. Sembrava una furia: un concentrato di rabbia in un corpo così apparentemente fragile. Aurora la osservò -quasi ipnotizzata dalla scia di quei capelli così perfetti- andarsene dall'albergo, prima di sentire la voce del più anziano dei Vettel richiamare la sua attenzione.

INDICE:
« Hey sorella! »
« Fratellone! »

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