XXIX. Giada e Lorenzo

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Lo so, non aggiorno da mesi. È per questo che voglio farvi un riassuntino degli ultimi avvenimenti.
Giada, ormai in pianta stabile a Trento, inizia ad avvertire il peso di non avere il fidanzato nella propria quotidianità. Per fortuna, la sua nuova vita procede spedita, grazie ai suoi nuovi amici e ai tanti impegni.
Nella strada verso casa, dopo un allenamento, Giada incontra per strada Simone e si concede una passeggiata insieme a lui. Procede tutto in modo assolutamente normale fino a che Lorenzo non compare, interrompendo il momento.

La storia riprende proprio da qui. Io invece comparirò nuovamente nello spazio autrice al fondo del capitolo.

Giada

22 Ottobre 2018

Dopo esserci incontrati fuori dall'appartamento, io e Lorenzo siamo saliti dentro casa, in rigoroso silenzio e nessuno dei due è ancora riuscito a emettere suoni che, uno dopo l'altro compongono una frase di senso compiuto. È inspiegabile come il tempo sembri scorrere molto più lentamente del solito. Mi spoglio della sciarpa e della giacca, ancora di peso medio, gettandole alla rinfusa sul divano. Lorenzo invece, come sempre, appoggia ordinatamente il suo cento grammi grigio sulla sedia, avendo cura di non fargli prendere una brutta forma. Lui è sempre stato così: un ritardatario cronico, costantemente di corsa, ma guai a chi gli mette in disordine i vestiti, quelli devono essere in metodico e perfetto ordine. Direi che sarebbe un perfetto candidato per "Io e le mie ossessioni", il programma di Real Time.

Ha un'espressione arrabbiata e questo suo silenzio prolungato sta facendo aumentare la tensione. Non ho fatto niente, dovrei essere tranquilla. Eppure, per qualche motivo, le mie mani stanno sudando, segno che qualcosa mi sta provocando agitazione.
- Cos'è, ora che vivi a Trento ti sei dimenticata di avere un fidanzato? -
A parlare per primo è proprio il ragazzo.
- Ma cosa cavolo ti salta in mente? Sei matto? -
- Oh, no! Gli occhi li ho. Sembravate così intimi e affiatati. -
- Simone è a malapena un conoscente. Come puoi dubitare di me? -
Non lo tradirei mai, dovrebbe saperlo. Si può avere così paura del tradimento da non fidarsi nemmeno di chi si ama, o si dice di amare?
- Ho paura, cazzo! -
Lorenzo lascia andare così tutta la sua frustrazione. Non è usuale sentirlo dire parolacce, anche se ogni tanto sono una bella via per sfogarsi. - Ho una fottuta paura di perderti - conclude lui.
- Io sono qui. - Gli prendo le mani. - Tu non mi perderai. -
- Come posso esserne certo? Arrivo qui per farti una sorpresa e ti trovo che parli con un ragazzo, che ti diverti tanto da non accorgerti nemmeno che io vi stavo osservando. -
- Si chiama parlare. Non stavo facendo niente di male. Cosa ti aspettavi, che dopo quasi due mesi non avessi conosciuto persone con cui scambiare qualche parola? -
- No, solo che, oh, non lo so. Non so cosa pensavo. -
- E' tutto ok. Però ti devi fidare di me. Ho bisogno di saperlo, lo capisci? -

Gli stringo ulteriormente i palmi. Senza la fiducia non si va da nessuna parte, viene prima di qualsiasi cosa, anche dell'amore stesso. In questo momento ha solo bisogno di sentire la mia presenza, forte e chiaro.
- Io credo in te, Giada. Scusa se ti ho fatto pensare il contrario. -
- Non ti devi scusare. -
- Ora, non fraintendere la domanda che sto per farti, ma che voleva quel tipo? -
Alzo gli occhi al cielo, esasperata. Sta diventando quasi peggio di un interrogatorio.
- Niente. Assolutamente niente. L'ho incontrato mentre tornavo a casa da allenamento. Tutto qui. -
- E perchè non me lo hai mai nominato? -
- Perchè, tu mi nomini tutte le persone di sesso femminile che conosci? -
- Non è la stessa cosa. -
- Ah, no? Mica vengo a chiederti conto di ogni singola ragazza che saluti! E sai perchè? Perchè io mi fido davvero di te - replico delusa.
Lorenzo alza la testa e mi guarda negli occhi, ma non proferisce alcuna parola, nemmeno un grugnito. Mi fissa immobile, con lo sguardo vuoto. Un altro silenzio eloquente si intromette tra noi e rimbomba tra le pareti del soggiorno di casa. Siamo seduti uno di fronte all'altro, davanti al tavolo della cucina, a fingere di guardarci, quando invece stiamo ammirando il vuoto.

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