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Quando riapro gli occhi una luce bianca mi acceca.
«Non si preoccupi, andrà tutto bene» mi rassicura una voce.
Poi qualcuno mi stringe la mano con dolcezza e l'ultima cosa che vedo è il colore del miele prima di collassare di nuovo.

Qualcosa spinge forzatamente dell'aria dentro di me, le mie palpebre pesano e non riesco ad alzarle, intorno alla bocca sento tutto freddo.
«Poverina» dice una voce che non conosco «È la seconda ragazza questo mese»
«Perché si cacciano in queste situazioni?»
Fottiti.
Io non mi sono cacciata proprio in nessuna situazione, cretino.
Con uno sforzo immenso apro gli occhi, la prima cosa che vedo è della plastica trasparente che mi circonda il naso e le labbra, poi due uomini, entrambi bruni.
Nessun color miele.
Svengo di nuovo.

«Si sta svegliando» la voce di mia madre mi arriva ovattata «Tesoro mio, come stai?»
Le mie pupille corrono impazzite in giro, cercando di capire dove mi trovo.
Ci metto un po' di tempo a realizzare di essere in una stanza d'ospedale.
«Susie» mio padre si avvicina con gli occhi lucidi «come ti senti?»
Ma che domande fanno ad una persona che si trova in ospedale perché è stata pestata a sangue?
Sto male! Non si vede?!
Mi sento stanca e non ho la forza di rispondere, non ho neanche la forza per pensare.
Subito entra una donna in divisa e mi elenca una serie di cose confuse che non riesco a capire completamente.
«Non ho capito» confesso con un tono di voce così basso da sembrare quasi un pensiero.
«Sandro è stato arrestato» fa il riassunto mia madre.
«No, è stato trattenuto. Devi esporre denuncia» la corregge mio padre.
«Per favore, fatemi entrare! Voglio solo vedere come sta!» un'altra voce familiare sovrasta le altre.
«Matteo?» lo riconosco e lui travolge l'infermiera per venire a stringermi la mano.
«È il suo nuovo fidanzato?» chiede la donna.
«Gli piacerebbe» scherzo, ma da come mi fulminano tutti con lo sguardo capisco che forse non è il momento adatto.
«La prego di accomodarsi fuori» riprende lei.
«No, lo lasci qui» affermo ricambiando la stretta del ragazzo vicino a me.
Quindi l'infermiera sospira e poi esce dalla mia stanza.
«Devi denunciare quel figlio di puttana» Matteo riprende subito il discorso e io mi limito ad annuire.
Lo farò.
Non c'è bisogno che loro insistano, lo farò.
I flash di lui che mi minaccia col coltello fanno risalire le mie lacrime e per quanto mi sforzi a non farle uscire non ci riesco.
Il biondo al mio fianco mi abbraccia e mi lascia un bacio tra i capelli, quando si separa vedo che anche a lui gliene sfugge una.
Perché piange?
Boys don't cry un par di palle.
Ed è meglio così.
Non mi fido di chi non piange.
Sandro non piangeva mai, sfogava le sue emozioni su di me, con gli schiaffi.
Se chi piange invece è come lui che mi lascia un bacio tra i capelli, mi stringe la mano e mi abbraccia, dovrebbero piangere tutti.
Se siete capaci di mostrare così dolcemente le vostre emozioni, piangete.
«Dov'è la tua mascherina?» chiedo sorridendo e, prima che lui risponda, la donna in uniforme si intromette dicendo che dovrei depositare la denuncia il prima possibile, quindi poi fa uscire tutti dalla stanza e io racconto quello che è successo cercando di singhiozzare il meno possibile, lei mi tratta dolcemente mi spiega che mi verrà fornito uno psicologo e un legale gratuitamente, grazie al centro antiviolenza.

Poi mi riaddormento.

«Mamma, papà» dico appena li riconosco.
«Tesoro» risponde mia madre mentre quell'omone di due metri di mio padre scoppia in lacrime borbottando chissà cosa.
«Dovevi denunciarlo tempo fa» la voce di Alessia arriva dall'altro angolo della stanza.
«Lo so, ma posso per favore non parlarne per un paio di ore?» replico tristemente.
Avrei dovuto farlo la prima volta che mi ha tirato uno schiaffo ma non ho avuto il coraggio.
Il senso di vergogna e impotenza era troppo, anche oggi lo provavo ma ho seriamente creduto che mi ammazzasse e mi sono fatta forza.
Non voglio mai più ritrovarmi a temere per la mia vita.
Non si dovrebbe arrivare a questi punti.
Avrei dovuto denunciarlo prima per evitarmi tutto questo: il dolore fisico, il dolore mentale, il dolore dei miei, di Matteo, di Alessia.
Di tutti.
«Dov'è Matteo?» chiedo appena mi rendo conto della sua assenza nella mia stanza.
«Gli stanno facendo delle domande. Quando è arrivata la polizia lo hanno trovato a picchiare Sandro» spiega mio padre «a quel figlio di puttana gli è anche andata bene, se ci fossi stato io lo av-»
«Gli succederà qualcosa?» mi allarmo.
Dovevo denunciarlo prima.
Me lo ripeterò per sempre.
Cerco di tirarmi su ma una fitta all'addome mi fa piegare di dolore.
«Tesoro, fai piano. Ti ha rotto quattro costole»
Fantastico.

Otaku in love || COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora