Egli spostò lo sguardo sui lineamenti del mio volto, con una crisi isterica e quasi incredula -avrei potuto dire- visto l'ardore con cui prese il mio volto tra le mani, la pelle delle sue dita quasi inaridita dalla brezza pungente e aspra dell'alba. "Grazie a quel Cielo che ho tanto imprecato! Sei viva!" disse, asciugandosi velocemente le lacrime, come se egli non volesse ferire il suo orgoglio mascolino. "Siete viva, perdonatemi." si corresse.

Oh, come se mi fosse importato alcunché delle rigide e inutili formalità! Eppure non avevo la forza per replicare ed esporre questo mio pensiero, quindi mi limitai a trasmettere una sorta di fiducia inespressa attraverso quella che sperai potesse essere intensità dipinta nel mio sguardo.

Le sue ciglia sfiorarono le mie quando emise un gemito di sollievo e si sedette, prendendo delicatamente il mio corpo tra le braccia per porlo in posizione eretta.

Gemetti forte quando la mia schiena cigolò dolorante sotto la sua -benché lieve- presa, tuttavia tentai di celare gli spasimi addentando il mio labbro inferiore ma, quando avvertii l'essenza amara e gelida del sangue farsi strada nella mia bocca, cessai.

Chinai il capo, comprendendo di essere dannatamente spiacevole allo sguardo, visto il mio aspetto malconcio, lurido, ferito e percosso.

Quanti lividi covavo sulla pelle? Avrei avuto la forza di contarli? E oh! chi li avrebbe curati?

Nel freneticismo delle mie angoscianti domande, alzai istintivamente lo sguardo verso Bradley, per poi posarlo nuovamente sulle mie mani unte di sangue, poiché esso era così intenso! E, inoltre, detestavo avere la consapevolezza di poter infliggere pena e compassione ad alcunché, quindi scossi il capo ed iniziai a tremare.

Egli, con una velocità quasi conturbante, sfilò la lunga giacca nera dalle sue spalle e la usò per avvolgere il mio corpo oramai intirizzito e, dopo avermi osservata per un lungo istante, decise saggiamente -compresi- di abbandonare quel futile distacco da sempre regnante tra le nostre anime e mi strinse a sé, così poggiai la testa sul suo petto.

Il calore del suo abbraccio era molto più potente. Esso conferiva una sorta di protezione pura e incondizionata, tantoché mi ritrovai a pensare a Bradley come un semplice diciottenne in procinto di dedurre la strada migliore da percorrere nella sua vita.

E così, come le nuvole lasciavano il posto ai lievi bagliori dell'aurora, anche la mia mente, nonostante fosse fisicamente dolorante, iniziò a schiarire i suoi pensieri: avrei preso parte al suo destino.

"Cosa ti... vi hanno fatto?" Egli alzò il mio viso con un dito e mi obbligò ad elevare lo sguardo per incrociare i suoi occhi, ma non vi riuscivo.

Nel suo petto ero così nascosta e impassibile alle intemperie del mondo! Quale gioia covavo tra le sue braccia!

Dopodiché accarezzò le mie ferite. Chiusi gli occhi dolcemente, poiché la sensazione era così intensa! Potevo quasi avvertire la consapevolezza di avere una roccia insormontabile quale Bradley al mio fianco, dunque la protezione nelle sue gesta era un lusso troppo buono per una sciocca creatura come me.

Egli avvolse le gambe attorno alla mia vita e mi ingabbiò nella solidità del suo corpo, poi parlò, non senza aver prima tratto un lungo sospiro colmo di un'improvvisa rabbia: "Chi erano? Cosa vi hanno fatto? Perché avete lividi sulla pelle?" La sua mandibola iniziò a tremare, mentre spostava delicatamente il mio viso tra le sue dita per scrutare maggiormente i resti incisi delle percosse.

Dopodiché alzò lo sguardo, chiuse per un breve istante gli occhi, e quando li riaprì essi brillavano di una luce soffusa.

Oh, no, mio cuore, non reputarti sadico! -pensai- Non ami osservare la sua sofferenza, poiché apprezzi il fatto che qualcuno si dimostri, finalmente, degno di te! conclusi.

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