-6, presta attenzione

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Un raggio di luce tentava delicatamente di raggiungere il mio viso per svegliarmi. Erano le 7:41 e stavo dormendo come un sasso.
Stavo così bene in quel letto, nonostante io lo sentissi troppo vuoto.
Non c'era nessuno a cui potessi appoggiarmi e che potessi abbracciare, nessuno il quale calore mi facesse sentire un po' meno sola.
La mia nuova stanza mi piaceva. Era completamente diversa da quella che condividevo a Chicago. Io e Luca avevamo le pareti grigie e il soffitto azzurro. Ci piaceva scherzare sul fatto che nelle grandi città americane ci fosse così tanto smog da non riuscire a vedere il cielo. Per sopperire a questa mancanza, il cielo lo avevamointrappolato nella nostra stanza. Ogni sera, prima di addormentarmi fissavo l'azzurro, e trovavo conforto nel riuscire a vedere qualcosa di fisso, di permanente, qualcosa che non sarebbe mai sparito.
Le pareti invece, erano state riempite di nostre foto, attestati scolastici, quadri che avevamo visto insieme e stemmi dei Bulls, la squadra per cui tifavamo.
Quella stanza era come il registro della nostra vita. C'erano le foto di noi da piccoli, le nostre prime foto da fidanzatini e le foto dei nostri viaggi.
C'era tutta la nostra vita insieme.

Nella mia nuova stanza le pareti erano bianchissime e linde, esattamente come il soffitto. Tutto era pulito, compreso il pavimento in gress, che risplendeva fino a sembrare vero parquet. In quella stanza non era impressa la vita di nessuno. Era per questo che mi piaceva, perché era tutta ancora da scrivere. Avrei ricominciato a vivere, e piano piano avrei completato altre pagine della mia storia, avrei collezionato nuovi ricordi e nuove abitudini. Era il momento di iniziare la mia nuova storia.

Erano le 7:53 e finalmente riuscii ad abbandonare le mie riflessioni mattutine. Non avevo intenzione di alzarmi ancora per un po'.
Diedi distrattamente uno sguardo al telefono.
Avevo una chiamata persa da Christian alle 3:27. Rabbrividii all'idea di cosa potesse essere successo, ma decisi di non richiamarlo. Sarei andata da lui di persona più tardi.
Trovai anche dei messaggi di Bella. Mi chiedeva se mi andasse di prendere un caffè con loro. Mi piaceva l'idea di coltivare questa amicizia così in fretta.

Mi vestii in fretta e uscii di casa verso le otto. Raggiunsi i gemelli da Starbucks davanti all'albergo della sera prima.
I due mi aspettavano sorridenti e con un bel caffè latte in mano.
- Ma buongiorno stellina!
esclamò George guadagnandosi una gomitata di Bella.
- Come hai dormito?"
- Molto bene grazie!
Risposi ridacchiando. Questi due ragazzi riuscivano sempre a mettermi un sorriso sulle labbra.

Facemmo colazione insieme parlando del più e del meno e scherzando insieme come amici secolari.
Verso le nove meno un quarto però, Bella mi disse che lei e George dovevano dirigersi al lavoro. Entrambi erano dirigenti nell'hotel del padre.
Fu in quel momento che mi ricordai di non avere un lavoro. Cosa avrei fatto per tutto il giorno tutti i giorni? E come mi sarei guadagnata da vivere?
Decisi allora di appellarmi al mio amico Christian, che essendo tanto popolare mi avrebbe sicuramente consigliato dei posti dove fare domanda. Avevo una laurea in fondo, non ero una totale incompetente!

Raggiunsi casa del mio amico e mi ricordai della sua telefonata. Entrai nel suo appartamento, lasciato per sbaglio con la porta socchiusa,  e lo trovai steso per terra, vestito ancora come la sera prima ma senza giacca, con la cravatta allargata e la camicia aperta. Vicino a lui c'erano due bottiglie di vodka vuote. Realizzai allora che doveva essere in coma etilico.
Chiamai l'ambulanza sull'orlo di una crisi di panico. Sentii che era colpa mia, che non avrei dovuto lasciarlo solo questa notte. Scoppiai in lacrime.
Sarebbe stato troppo tardi non sarebbe mai sopravvissuto. Erano passate troppe ore. In preda alla disperazione cercai su internet qualcosa da fare in attesa dei soccorsi ma non trovai spunti utili. Mi tremavano le mani e sudavo freddo. La gola mi si seccò e una fitta mi chiuse lo stomaco. Mi sentivo la persona peggiore del mondo. L'attesa dell'ambulanza mi divorava dall'interno e mi faceva sentire sempre più inutile e impotente. Dopo 10 lunghissimi minuti arrivarono i soccorsi. Fu caricato in ambulanza dai paramedici che mi dissero che c'era ancora qualche piccola speranza.
Presi il primo taxi e mi fiondai subito in ospedale. Quando arrivai era già in sala operatoria. Ho sempre creduto nella chirurgia, ma viste le sue condizioni non pensavo che avesse qualche possibilità.

Passarono ore, ore che trascorsi in quella fredda sala d'aspetto, ore nelle quali non feci altro che pregare e maledire me stessa per non essere stata con lui durante quella notte. Il pianto mi stava distruggendo nonostante cercassi di mantenere la calma. I miei capelli erano ridotti in condizioni pietose e avevo mascara su tutta la faccia. Combattevo contro la mia voglia di dormire poichè non ritenevo che mi potessero essere concesse altre distrazioni. Erano quasi le sette di sera ormai, e l'attesa era più snervante di sempre.
Pochi minuti dopo, vidi un chirurgo camminare verso di me.
- Signora Black, l'intervento è andato bene. Siamo riusciti a ristabilire la circolazione e a salvare gli organi vitali. Suo marito è comunque un paziente grave ricoverato in terapia intensiva, ma pensiamo che si riprenderà. Ha avuto dei notevoli danni epatici che potrebbero essere frutto anche di precedenti abusi di alcolici. Sospettiamo anche un danno neurologico ma non sapremo niente finché non si risveglierà. Può andare a casa ora, la chiameremo per ogni novità.
Non feci neanche caso al fatto che l'uomo mi considerasse erroneamente la dolce metà di Christian, ero solamente molto sollevata dalla notizia.
Decisi che avrei dormito nella sua stanza d'ospedale, che non l'avrei lasciato solo un'altra volta.
Mi sedetti accanto al suo letto, e mi addormentai cullata dal beep emesso dal suo monitor cardiaco.

Not a love storyWhere stories live. Discover now