-4, l'amicizia viene prima

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Christian mi lasciò per raggiungere dei suoi colleghi. Nel frattempo, per non rimanere sola, mi avvicinai al bar, per prendere qualcosa da bere.
All'improvviso, sentii una voce provenire dalla sedia accanto alla mia:
- Cosa ci fa una bella ragazza come te tutta sola?
- Davvero? Nel 2017 è ancora questo il metodo di approcciare con una ragazza?
- Ehi, vacci piano, non ci sto mica provando con te!
- Mmm...
Sibilai io poco convinta.
- Volevo solo iniziare una conversazione!
- Allora conversiamo!
Esclamai. Avevo davanti un giovane uomo, alto e muscoloso, dai capelli biondissimi e freddi occhi castani.
- Mi chiamo George.
- Io Julia.
- Bel nome!
- Grazie.
A quell'ultima parola seguì un silenzio a dir poco imbarazzante.

- Beh?
Aggiunse George.
- Raccontami qualcosa di te!
- ... Ehm... Mi chiamo Julia!
- Questo lo so già! Dimmi ad esempio... cosa ti porta a questo cocktail?
- Sono qui con un mio amico, probabilmente avrai sentito di lui, si chiama Christian Black. Black è un nome d'arte. Mi ricordo perfettamente che al liceo veniva continuamente preso in giro per il suo cognome: Acquafredda.
L'ha cambiato, poichè non sarebbe mai stato credibile con l'altro cognome.
- Ahahaha wow, che storia. Certo che ho sentito parlare di lui. Era un tuo compagno di liceo quindi?
- Eh già!
- Siete davvero carini insieme.
- Oh, noi non stiamo insieme.
- No? Davvero? Sareste così carini!
Questo George era davvero strano. Prima ci provava con me, e poi faceva di tutto per convincermi a mettermi con Christian!


- No, dico davvero. Lui ha una fidanzata seria, e io sono appena uscita da una lunga storia.
- Oh. Se vuoi parlarne io sono qui.

- George! Cosa ti salta in mente! Non puoi chiedere certe cose ad una ragazza appena conosciuta!
Esclamò all'improvviso una ragazza proveniente da una toilette.
Anche lei era biondissima e con gli occhi castani. A differenza del ragazzo, non era particolarmente alta o robusta, bensì era davvero bassa e minuta.
- Oh, scusa.
Disse rivolgendosi a me
- Non mi sono neanche presentata. Sono Bella, la sorella di questo piccolo impertinente. Certo, che per avere quasi vent'anni, sei ancora immaturo!
- Senti chi parla, quella che è più grande di me di cinque minuti!
- Sono dieci minuti George, non rosicare!

La prima impressione che questa insolita accoppiata mi fece, fu quella di essere due ragazzi semplici e genuini, e mi fecero davvero ridere quella sera.

- Ehi ragazzi, non è necessario litigare per una simile stupidaggine!
Dissi io introducendomi nel discorso.
- Più che altro, raccontatemi qualcosa di voi!
- Con piacere!
Esclamò George, beccandosi un'altra occhiataccia da Bella.

I due ragazzi mi raccontarono di essere nati in Russia e di essersi trasferiti in America a 15 anni per il lavoro del padre.
Quest'ultimo infatti, era proprio il proprietario dell'albergo dove ci trovavamo.
Quella sera trovai due nuovi amici, due amici veri.
Fu davvero divertente passare il resto della serata con loro, raccontandoci varie cose, come fossimo già amici da molto.
Mi piacevano le persone molto espansive, le persone capaci di coinvolgermi nella loro vita in poco tempo. George e Bella erano alcune di loro.

La serata stava per volgere al termine, quando improvvisamente, echeggiò nella sala il rumore di un bicchiere frantumarsi per terra, rumore seguito da uno snervante silenzio.
Poco dopo, vidi Christian camminare velocemente verso la porta d'uscita senza neanche salutare. Aveva le mani nei capelli, sembrava davvero che gli fosse accaduto qualcosa di brutto.

Anche Monica sembrava disperata, corse verso il bagno mantenendosi per miracolo in equilibrio sui tacchi, con il mascara quasi colato completamente.

Mi sentivo in dovere di intervenire, ma chi dovevo aiutare: Monica o Christian?

Bella cercò il mio sguardo per provare a darmi una mano. Mi diede un grande aiuto, semplicemente dicendo:
- Alla ragazza ci penso io.

Sorrisi ai miei amici e mi avviai verso l'uscita.
Giusto prima di varcare la porta mi sentii chiamare.

- Juliaaaaaa!
- Che c'è George?
Il ragazzo mi lanciò un paio di chiavi.
- Armadietto 214. Prendi le Nike di mia sorella: ci sarà da correre!

Li ringraziai, e arrivati al piano terra, cercai l'armadietto del personale che mi era stato indicato.
Prese le scarpe comode, mi avviai a cercare Christian.
Ma dove poteva essere andato?
Appena fuori dall'albergo mi presi un minuto per riflettere e per guardarmi intorno: mi trovavo in una città meravigliosa.
Distrattamente posai un occhio su un ragazzo, che si trovava all'angolo della strada e che stava nervosamente fumando una sigaretta.
Che strano, mi ricordava proprio Luca!
Stesse scarpe, stessa giacca, e per sino stessi capelli!

Naaah, non poteva essere lui. Lui era a Chicago, con Jenna, perché mai avrebbe dovuto venire qui a New York? E poi lui non fumava.

Al termine delle mie riflessioni decisi di provare a cercare Christian.
Scelsi una direzione a caso ed incominciai a camminare, nella speranza di incrociare in poco tempo il volto del mio amico.

Dopo pochi minuti di camminata arrivai, per puro caso a Times Square.
Rimasi per un tempo interminabile a guardarmi intorno a bocca aperta.
Mi sentivo come una bambina appena arrivata a Disneyland:
Le luci degli schermi pubblicitari mi attiravano come una farfalla è attirata dalla luce.
Avevo davvero poca voglia di andare via da quella magica piazza, poiché essa stava avendo un effetto davvero particolare su di me, qualcosa che non avevo mai provato in vita mia.

Così, scrissi a Christian di raggiungermi lì, dato che dovevo parlargli.
So che non è esattamente così che funziona: di solito è la persona "consolatrice" ad andare dalla persona da consolare, eppure, quella sera andò così.

Not a love storyWhere stories live. Discover now