capitolo dodici

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Dopo più di una settimana ero riuscita a riempire il mio stomaco con cibi prelibati e genuini.

Il Signor Styles aveva avuto delle buone scelte, che erano riuscite a scaldare il mio cuore così indebolito con il loro sapore fresco e inoltre, portandomi ad un benessere fisico che da tanto ricercavo.

Avrei preferito conservare quella sapidità che aveva allentato il mio palato, tuttavia era un po' qualcosa di impossibile, che avrebbe potuto funzionare solo in una fantasia animata.

Al momento mi trovavo nella mia stanza e da un po' i miei nervi avevano preso a brillare, nonostante mi sentissi un confetto in qualsiasi aspetto.

Delle cattive sensazioni avevano preso possesso dei miei pensieri, impedendomi quindi di arrivare ad un caloroso sonno che tanto desideravo.

A dir la verità, si era avvinghiato il nervoso appena i miei occhi avevano colto un'espressione turbata nel viso del Signor Styles, durante la cena.

Solo avevo pensato che magari il mio atteggiamento della notte passata ancora non riuscisse a passare inosservato al ricordo nella sua mente.

Immaginavo che soltanto quel concetto potesse in qualche maniera essere fonte di uno scompiglio così evidente e purtroppo trasmissibile.

Difatti era da un po' che mi trovavo nel letto senza avere degli obbiettivi in mente se non il tentativo di addormentarmi, tuttavia senza aver tanto sonno.

Mi sentivo poco a mio agio e ciò che avrei preferito sarebbe stato solo un punto di rassicurazione tra quelle onde negative, che talvolta si preoccupavano di vietarmi soluzioni al malessere.

Ero stressata e l'insieme della mia esistenza che in una forma lenta andava a formarsi, mi abbandonava in un ristretto tasso di autostima che al momento non ero capace di fronteggiare.

Circondata da uno dei silenzi più dolorosi che avessi mai provato, mi poggiai sulla sedia della terrazza e mi accesi una sigaretta, in attesa di una soluzione alle martellate del mio cuore.

"Pensavo dormissi" affermò alla mia sinistra l'unica persona che poteva trovarsi al mio fianco.

"Pure io" risposi e il mio battito cardiaco era oramai andato a prostituirsi, per via dello spavento.

"Non dovresti rimanere sveglia fino a quest'ora sai, domani hai scuola" disse.

"Potrei ribattere allo stesso modo" risposi.

Non pensavo di fissarlo, tuttavia non feci a meno di notare come i suoi occhi accentuassero il loro colore nonostante l'oscurità ci stesse accogliendo in uno dei momenti più accigliati.

Mentre mi perdevo nel suo splendore, quindi, non mi resi conto del fatto che la mia espressione fosse fin troppo aperta, che andasse perciò ad evidenziare un nostalgico malumore.

"Direi che le nostre siano due circostanze fin troppo differenti" affermò a sua volta.

Non trovai un'adeguata risposta alle sue parole così scolpite nella freddezza, perciò si avvicinò l'ascesa di uno dei più tormentati silenzi, durante il quale le nostre labbra si interessavano in principio al fumo tossico introdotto di nostra volontà.

Neanche tanto pensavo di dovermi sentire destinata a spezzare quel silenzio, poiché era chiaro che come me anche il Signor Styles non avesse interesse nel chiarire la situazione, o almeno finché non attirò la mia attenzione, voltandosi.

"Volevo parlarti da un po', sai" affermò.

"Ci sono dei problemi?" chiesi.

"In realtà non proprio, voglio solo essere chiaro con te" rispose.

"Va bene" sospirai, promettendo di rimanere attenta alle sue parole, per via della mia stanchezza.

"Ti avevo già parlato a proposito di un nostro futuro rapporto diverso dal comune" disse.

"Ho in mente di creare una situazione tra noi che sia a vantaggio per entrambi" proseguì.

"Quindi io ti offrirò qualcosa che so per certo che desideri ma allo stesso modo dovrai fare tu con me"
disse.

"Mi sembra un po' sospetto il suo progetto, a dire la verità" affermai.

"Perspicace" affermò a sua volta.

"La difficoltà per te è che non ti darò una seconda scelta, per cui è un'imposizione" spiegò.

"Se la sua proposta non mi esalterà invece, è sicuro che sarò pronta a subire ogni conseguenza piuttosto che eseguire le sue richieste" affermai.

"Fino ad ora non hai ancora incontrato una persona totalmente differente alla sofferenza altrui, allora" rispose.

"Poi se ci pensi, prima ancora di sentirti sommossa dovresti conoscere la mia proposta" mi zittì in modo sfacciato, lasciandomi un brivido di rabbia in bocca.

"Per ottenere un qualsiasi concetto da me, tu dovrai ricoprire il ruolo della mia babygirl" spiegò.

"Babygirl?" ripetei.

"Conosci i termini di un rapporto daddy?" chiese.

"S-sì" balbettai.

"Come mai?" chiese, quasi stupito.

"Ho sentito alcune compagne parlarne durante la mensa in orfanotrofio" risposi.

"Allora dovresti sapere anche che cosa intenda per Babygirl" affermò.

"Sì" farfugliai con la voce rauca "Ma non pensavo che si stesse riferendo a quel tipo di rapporto" poi.

Abbassai lo sguardo al lato delle macchine, con una chiara percezione delle mie guance che assorbivano il calore all'interno del mio corpo.

"E in ogni caso non sono la persona appropriata per questo genere di rapporto" continuai.

"Infatti è ciò che più mi intriga" rispose.

Trattenevo un importante sentimento all'interno del mio corpo, tra le mie labbra e anche se nel profondo del respiro mi sentivo liquida all'idea di poter anche solo toccare il suo petto tatuato, il mio orgoglio non era capace di cedere alla vergogna.

"E quale concetto dovrebbe portarmi ad eseguire le sue richieste fondate sul piacere, secondo lei?" mi sentii di chiedere, con il cuore in gola.

"La libertà".

AmplessoWhere stories live. Discover now