Imprevisto

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Credeva di essere sempre stato toccato dalla fortuna. E non che fosse un qualcosa di reale come la tanto decantata dea bendata, quanto più un qualcosa di concettuale, di spiritico quasi, che lo aiutasse nella vita quotidiana. Da anni ormai aveva incominciato a capire che così come tutte le cose, anche quello della fortuna era un dono e doveva essere pertanto coltivato e tenuto caro. Chissà mai se questo alone dorato lo avesse abbandonato. Chissà mai se avesse deciso di lasciarlo e tutto ciò che aveva ottenuto nel corso della sua vita si fosse dissolto lentamente. Non veloce come un lampo istantaneo ma più precisamente come un cerotto che piano piano si scolla dalla pelle tirando con se peli e residui di cute dolorante. Non lo avrebbe sopportato.

Era questo che Jackson temeva più di ogni altra cosa. E se fosse finita? Perché forse avrebbe avuto una fine prima o poi. Oppure no? Sarebbe continuata imperterrita? O semplicemente riusciva a mantenerla viva con i suoi piccoli riti quotidiani e propiziatori?

Quante domande gli affollavano la mente e quante poche risposte a quei quesiti che perfino i più eccellenti studiosi non prendevano neanche in considerazione. C'era persino chi diceva che la fortuna non esistesse. Tsè, pensava lui, e i pesci volano nel blu del cielo invece che in quello del mare.

Aveva speso la buona metà della sua vita, ossia da quando aveva incominciato a comprendere il dono che aveva ricevuto, a impegnarsi nel mantenerlo vivo e sempre in splendida forma. Quella mattina, come al solito, aveva staccato la sveglia con la mano sinistra, salutato la moglie con un bacio sulla guancia destra (gli aveva voltato la testa e l'aveva svegliata ma chi se ne importa diceva lui, per la fortuna questo ed altro) e aveva messo i piedi a terra con immancabile contemporaneità, non sia mai che il destro poggiasse prima del sinistro o peggio viceversa! Che giornata sarebbe stata se l'avesse iniziata col piede sinistro? Un incubo fra i peggiori incubi che poteva immaginare. Una volta gli era successo e per poco non ci aveva rimesso il lavoro. No, no, e poi no, niente piedi sinistri per il resto della vita.

Si era alzato e si era stiracchiato, prima a destra e poi a sinistra. Si era diretto in bagno, aveva orinato e si era guardato allo specchio sorridendo con tutti i denti disponibili che aveva. Qualcuno era finto (porcellana extra lusso con capsula in oro, roba da paura), ma la cosa fondamentale era ammiccare al riflesso per bene e poi dirigersi in cucina dove la tavola apparecchiata per la prima colazione lo aspettava come il buffet gratis di un hotel al mattino.

C'erano salsicce fumanti su piatti blu, poggiati a loro volta sulla tovaglia a scacchi rossi e bianchi. C'era anche qualche uovo informe, di un colore a metà fra giallo e bianco. Jackson aveva preso il sale e come ogni mattina lo aveva gettato dietro di sé, oltre la spalla destra. Sua moglie, come al solito, aveva alzato gli occhi al cielo ma a lui non importava, tutto quello era di un'importanza fondamentale, anzi indispensabile. Come si mantiene un prato verde senza acqua? Come si mantiene la forma dei muscoli senza l'allenamento? Beh, quello era l'allenamento per la fortuna, niente di più niente di meno. E nemmeno gli sguardi della moglie e la temutissima paletta raccogli-sale lo avrebbero fermato.

Prima di uscire per il lavoro non aveva mancato di dare un bacio sul naso della piccola statuetta del lupo grigio che si trovava all'ingresso e ovviamente di toccare il ferro di cavallo che faceva da battiporta. Aveva fatto le corna passando davanti casa del suo acerrimo rivale nonché vicino di casa e poi aveva stretto saldamente il pugno sul ferro grezzo della ringhiera delle scale. Eppure, Jackson, dopo tutti i piccoli riti che negli anni si erano sommati l'uno sull'altro, pensava di essersi dimenticato qualcosa. Qualcosa che doveva essere sicuramente importante, un piccolo passaggio, una minuscola procedura, ma che sicuramente gli avrebbe scombussolato la giornata.

Ed era proprio questo che pensava mentre il suo cliente continuava a muoversi su e giù per la stanza come affetto da qualche strana forma di iperattività che non gli permettesse di sedersi. Jackson non capiva neanche bene come avesse fatto ad entrare in verità. La sua segretaria era arrivata completamente trafelata, inseguendolo oltre le porte del suo ufficio che si erano spalancate sotto la sua spinta. Indossava una giacca sportiva blu e marrone (il nuovo cliente, non la segretaria) e si aggiustava in modo nevrotico i capelli neri mentre parlava (sempre lui, non lei). Aveva la voce acuta, distorta sulle note alte come un altoparlante mal funzionante (sì, lui).

Filo Dorato Inc.Where stories live. Discover now