capitolo 9

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Le cose succedono, è inevitabile. Quando tutto sembra andare bene ecco che il destino decide di girare la frittata e boom...tutto cambia.

Certo, il cambiamento nella vita delle persone è naturale, molte persone lo accettano, altre, invece, fanno un po più di fatica ad abituarsi ma niente che il tempo non possa risolvere.

Cambiare è obbligatorio e per quanto noi facciamo di tutto per evitarlo sappiamo che alcuni posti, alcune persone, alcuni lavori ci fermano. Ci fermano nel vero senso della parola. Per questo abbiamo bisogno del cambiamento, per capire che diavolo ci facciamo in questo posto. Tutta la nostra vita è incentrata in questa domanda, e che la gente ci creda o meno non importa. 

Sappiamo tutti che non siamo nati per non essere ricordati, tutti quanti, nessuno escluso sogna nella propria vita un po di gloria. Sogniamo di diventare personaggi importanti. Da piccoli volevamo essere principesse, astronauti, giganti e, perché no, campioni del mondo. Avevamo tutti un pilatro da seguire che sia la Cenerentola o Totti non importava. Poi siamo cresciuti e abbiamo capito che per diventare principessa la strada era quasi impossibile, certo, fattibile, ma richiedeva troppo impegno e la scuola media non ti lasciava tutto questo tempo, così usavamo sogni un po più terra terra. "Un giorno diventerò un matematico di successo!" "Un giorno sarà una dottoressa famosa!" e così via, erano sogni grandi, miravamo in alto senza avere paura di quello che la vita ci chiedeva. L'unico problema è che si continuava a crescere, finivano le medie e iniziava il fantomatico mondo delle superiori e lì ti scontravi con la realtà che forse fare l'impiegato era più semplice. Ti mettevi faccia a faccia con la vita, capivi che una sola parola di troppo avrebbe compromesso tutto, quindi tenevi i tuoi sogni per te e ci ragionavi due volte alla domanda "cosa vuoi fare da grande?" e forse rispondere: principessa, astronauta o calciatore non era poi così giusto. Quindi ti limitavi a dire "non lo so" perché non sapevi quello che la gente si aspettava che dicessi. Magari volevi dire "qualcuno di importante" perché lo pensavi ma poi capivi che la tua famiglia non era poi così importante e finivi anche te ad arrenderti ad un destino che non era il tuo. Perché, in fin dei conti, finisce sempre così, ci arrendiamo ad un destino che non è il nostro.

Questo pensiero era stato messo nella testa di Harry già dalle elementari. Tutti da lui si aspettavano il massimo, tutti pensavano che avrebbe fatto grandi cose da grande senza sentire, effettivamente, cosa lui volesse fare. Era stato cresciuto con l'idea che l'unico lavoro che poteva e doveva fare era a stretto contatto con i numeri, solamente perché aveva una sviluppata intelligenza grazie al suo essere licantropo.   

Per lui era un inferno quando sbagliava qualcosa 

"t-ti prego basta" urlò l'ennesima volta Harry, dopo che un'altra cinghiata si andò a scontrare contro la sua schiena. Suo padre lo stava punendo, ma il riccio oserebbe dire 'picchiando' perché, quel pomeriggio, era tornato a casa con un otto meno, anziché un nove o un dieci . Suo padre quando si trattava della scuola era fin troppo severo. Puniva Harry senza la minima pietà e sempre, sempre girato di schiena, così che la povera vittima non vedesse le lacrime che scendevano dagli occhi  del più grande. 

Dopo la ventesima frustata -l'omega ormai aveva perso il conto- il padre lasciò la stanza, senza degnarlo di una parola, lasciandolo lì, inerme, legato a quel letto che per troppo tempo aveva assistito a quei trattamenti. 

Il ricciolino iniziò un vero e proprio pianto, fatto di singhiozzi e tante lacrime che colavano dai suoi occhi troppo limpidi e innocenti per tutto quel dolore.

Anne, sentendo il suo cucciolo piangere, trattenne le lacrime e con le mani tremanti chiamò l'unica persona che, in quel momento, poteva salvare suo figlio...salvarlo nel vero senso della parola.

only half a blue skyOnde histórias criam vida. Descubra agora