► 𝓒𝓱𝓪𝓹𝓽𝓮𝓻 𝓼𝓮𝓿𝓮𝓷

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Bevvi un lungo sorso dalla tazza di caffè che avevo fra le mani e chiusi gli occhi per assaporarne il sapore inebriante, per poi posarla sul tavolino di legno, che si trovava proprio accanto la mia poltrona di pelle color marrone.
Subito dopo appoggiai accanto la tazza bollente gli occhiali per poi strofinarmi gli occhi dalla stanchezza che persiste nel mio corpo dopo la mia prima lunga giornata di college.

Mi alzai dalla comoda poltrona e depositai la tazza all'interno del lavello posto sotto al rubinetto della cucina.

Quella tazza di caffè bollente inebriò le mie narici facendomi provare quasi senso di consolazione, una piccola certezza all'interno di quella stanza fredda e buia che di sicurezza ne dava ben poca.
Davanti a me c'è una seconda poltrona; vuota.
E tal pensiero mi riportò a pensare a mia madre, solitamente a quest' ora del giorno si trovava di fronte a me subito dopo aver posato il piatto con uno dei suoi deliziosi muffin al cioccolato sul tavolo, spingendolo lentamente verso di me, mi squadrava per l'ennesima volta il mio volto probabilmente ancora sporco di cioccolata prima di appoggiare gomiti sul ripiano gelido di quella specie di tavolo ed unire le mani mantenendo una postura dannatamente impeccabile; un pezzo di legno, mentre io scoppiavo in lacrime, gridavo dalla disperazione perché non si ricordava di me, come può una madre dimenticare il proprio figlio?
Fortunatamente prima di partire il medico mi assicurò che c'era stato un lieve miglioramento ma furono false speranze perché la sua memoria non poteva far altro che resettare I ricordi, e presto sarebbe ricaduta nell'abisso della sua malattia. Scossi la tasta, d'altronde la mia mente stava già pensando a dimenticare questi momenti drammatici anche se reali,
e preferiva pensare a quella ragazza, ormai era come un'ossessione.

Proprio in quell'istante qualcuno bussò alla porta, roteai gli occhi e mi diressi verso la porta, pensando che fosse il postino mi alzai ed andai ad aprire abbastanza svogliato, in realtà ero ancora un po' assonnato dal mio momento di relax pomeridiano.

Bussò nuovamente la porta con decisione, mentre stropicciava i piedi al suolo per scaldarsi. L'aria era decisamente pungente, quel pomeriggio.

Qualche istante dopo la porta venne aperta e si trovò di fronte quella solita ragazza, nonché la sua vicina di casa.

Nessuno aprì bocca, lei di solito aveva fin troppa parlantina.
Furono però i miei occhi ad attirare la sua attenzione . Scuri e impenetrabili, non lasciavano trasparire alcuna emozione. Si chiese quali segreti si nascondessero dietro quelle grandi pupille.

«Posso aiutarti?» chiesi un attimo dopo. Il mio tono era asciutto, e aveva un leggero accento inglese.
Rinfrancata, mi tese la scatola decorata.
Ci fu un attimo di esitazione nei miei confronti, poi accettai il dono. Sembravo confuso, e guardai alternativamente la scatola e la ragazza con aria interrogativa.
«Dolci» spiegò lei.

La guardai negli occhi.
Mi venne un tuffo al cuore alla vista di quel sorriso che si faceva sempre più smagliante.

«E così mi hai portato dei dolci.» C'era una punta di divertimento nella mia voce sensuale , e l'accenno di un sorriso mie labbra. «Cioccolatini, scommetto.»
«No» replicò lei. «Biscotti allo zenzero»
non riuscivo a staccarle gli occhi da dosso. Era adorabile e incantato dalle sue movenze, da quella voce sensuale. La sua timidezza e quell'aura di purezza mi rendeva privo di ogni pensiero nobile perché l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era di averla. Ma non sessualmente, no. O almeno, diamine, non solo quello. No l'emozione che provavo era qualcosa di più profondo.
Ne presi uno dalla scatola e lo assaggiai.

« Caspita sono meravigliosi, grazie mille sai non dovevi disturbati insomma sono davvero fantastici!»

Il volto della ragazza assunse una tonalità più rosea a quel complimento, a tal punto avvertì una stretta allo stomaco che si accentuò quando la sentì ridere tradendo un certo imbarazzo. Una risata cristallina che mi contagiò all'istante facendolo sorridere a sua volta.

Quella donna era stata una folgorazione. Un colpo di fulmine? La chiamavano così gli occidentali, giusto? Un sentimento che arriva improvviso e che capovolge il tuo mondo mettendo in discussione tutto.

«Ti ringrazio, ma non ho fatto granché. Il mio è solo un piccolo segno di benvenuto, nient'altro »

Non avevo mai provato una simile attrazione per una donna e, per quanto lei  m'avesse intrigato al primo sguardo, non mi piaceva aver così poco controllo sui propri desideri. Forse era solo colpa del profumo di fiori che lei emanava dalla pelle. La parte cinica di lui, quella cui era stato insegnato che la gente avrebbe sempre tentato di approfittarsi di lui, si stava chiedendo se una donna potesse essere davvero tanto sincera.

«Posso offrirti qualcosa?»

Mi resi conto che le stavo troppo vicino. La sovrastavo di almeno venti centimetri, quella graziosa ragazza dai riccioli castani.

All'improvviso desiderai sollevare la mano e accarezzarle il viso, sfiorare quella pelle liscia color avorio.

Strano momento per sentirsi attratto da una donna.

Lei sapeva che non avrebbe dovuto permettere a se stessa di diventare così intima con me , perché l'attrazione che provava per il sottoscritto poteva diventare pericolosa, ma non riusciva a stargli lontana. Ero troppo carismatico, troppo affascinante e magnetico per resistere.
Chiuse gli occhi. Che cosa stava facendo, sperava di legarmi a sé?
Un uomo che aveva lasciato tutto il suo passato alle spalle, che portava il fardello di problemi così profondi e laceranti? Non aveva speranza, eppure si stava comportando come una sciocca.

«Immagino sia meglio che io vada, ora» mi disse.

Incurvai le dita attorno alla scatola di metallo, ed aprì la scatola. Fissai le ali di glassa e le aureole di scorza candita chiedendomi che cosa diavolo avrei dovuto fare ora.
Non sapevo come comportarmi,
insomma è assurdo, ti autoconvinci di non volerti affezionare, difficile, anzi impossibile non sono riuscito, mi sono innamorato per poi pentirmi di ogni mio sentimento di ogni singola illusione, avevo già i miei problemi e avere una ragazza non era di certo la soluzione ai miei problemi.

Mi precipitai verso il caffè da portare via tanto pittoresco quanto costoso dove avevo pranzato, agitato da una sinfonia dissonante di speranza, frustrazione e ansia.

Ero a Los Angeles da tre giorni.
Tre giornate splendide, calde, in cui avevo trascorso più tempo a perdermi per una ragazza che a visitare la città, senza avvicinarmi neanche un po' al conseguimento del mio obiettivo.

 Tre giornate splendide, calde, in cui avevo trascorso più tempo a perdermi per una ragazza che a visitare la città, senza avvicinarmi neanche un po' al conseguimento del mio obiettivo

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𝓢𝓹𝓪z𝓲𝓸  𝓐𝓾𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮:

"Buona sera beauties "
Eccoci con un nuovo capitolo, spero vi piaccia, Zayn non sa ancora il nome della ragazza, aha lo so che mi volete bene quindi perdonatemi!!
Alla prossima!

— 𝓪𝓵𝓵 𝓽𝓱𝓮 𝓵𝓸𝓿𝓮, ℳ

— 𝓪𝓵𝓵 𝓽𝓱𝓮 𝓵𝓸𝓿𝓮, ℳ

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