Capitolo 2

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Sono passati due giorni da quella sera, e riflettendo mi sono resa conto di quanto sia folle la mia scelta, ma non posso pentirmene adesso, sono l'unica opportunità per i miei genitori.

Mi trovo davanti l'enorme grattacielo che in cima regge l'imponente scritta: 'PARKER group.' in nero; subito entro all'interno e mi rivolgo senza esitazioni ad una delle ragazze alla reception, la quale scopro chiamarsi 'Lisa' dato il ricamo del suo nome sulla giacca scura del suo elegante completo.

"Buongiorno, sono Chloe Moore. Ho un appuntamento con il signor Parker, Daniel Parker!" Specifico, in modo che non si confonda con David, suo padre.
"Certo signorina Moore, può recarsi trentesimo piano!" Afferma dopo aver dato una rapida occhiata al computer, avrà sicuramente cercato la conferma alle mie parole scorrendo tra i vari appuntamenti del giorno.
Io, in risposta, le rivolgo un sorriso cordiale.
"Intanto che lei si avvia all'ascensore, io annuncio al signor Parker il suo arrivo!" Continua la giovane donna.
"Oh non si preoccupi Lisa, non ce n'è bisogno!" Mi affretto a dire, in modo da bloccare le sue azioni.
"Come vuole signorina Moore!"

Non appena le grandi porte metalliche si aprono davanti a me, segno che sono arrivata proprio al trentesimo piano, mi trovo davanti ad un largo e spazioso corridoio lungo il quale, sia a destra che a sinistra, sono presenti circa dieci porte che penso ospitino per lo più altri membri dell'azienda oltre a Daniel Parker e suo padre.

Un'uomo di circa cinquant'anni, vestito in modo molto elegante con un abito scuro percorre il corridoio come se dovesse raggiungermi, ma avrà sicuramente bisogno dell'ascensore ed io ne approfitto per chiedere un'indicazione, ritrovandomelo accanto dopo pochi secondi.
"Buongiorno, saprebbe indicarmi l'ufficio di Daniel Parker?" Chiedo in modo gentile.
Lui subito accenna un sorriso.
"Certo signorina, trova il signor Parker alla sesta porta a destra."
"Grazie mille!" Affermo in risposta mentre vedo scomparire l'uomo dietro le porte dell'ascensore.

Cammino lungo il corridoio con lo sguardo puntato a destra fino a che una targhetta in oro, fissata ad una grande porta in legno nero, ruba la mia attenzione in quanto sopra è inciso, elegantemente ed in corsivo, 'Daniel Parker'.
Prima di bussare alla porta, però, esito un attimo ma subito mi ritorna in mente la discussione dei miei genitori della sera passata, e la disperazione di mio padre così quasi spontaneamente la mia mano si scontra su quel legno scuro.

"Avanti!" Ed ecco che il giovane Parker non tarda a rispondere.
Io subito abbasso la maniglia ed entro all'interno della grande stanza, richiudendo la porta alle mie spalle.
Le pareti sono interamente dipinte di bianco, eccetto quella di fronte a me che si presenta come un'enorme vetrata, verso la quale lui è voltato intento a concludere una telefonata, infatti non si è ancora nemmeno girato a guardarmi.
Alla sua destra c'è una scrivania in vetro, ed anch'essa è abbastanza spaziosa,  al di sopra sono poggiati un computer, una miriade di fogli, una valigetta, un portapenne ed un porta foto.
Dietro al grande tavolo invece c'è una larga sedia in pelle nera, simile alle due poltroncine, anche se più piccole, poste invece davanti.
È presente anche un grazioso divano bianco attaccato alla parete sinistra sulla quale vi è anche una porta, al momento socchiusa che mi permette di scorgere all'interno un bagno.

Sono già passati cinque minuti, ma lui continua indisturbato a parlare al telefono così decido di 'farmi sentire'.
"Buongiorno signor Parker!"
Lui rimane ancora per poco attaccato al cellulare per poi subito dopo girarsi e prestarmi finalmente attenzione.
"Buongiorno signorina. Moore, prego si accomodi." Afferma con tono deciso
indicandomi una delle due poltroncine nere mentre lui si siede sulla sua sedia.

" Afferma con tono decisoindicandomi una delle due poltroncine nere mentre lui si siede sulla sua sedia

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