21

32 1 0
                                    

Ed eccola lì, la 4G. Stessa aula, stessi banchi, stessi ragazzi. Cambiava solo il cartellino sulla porta, che segnava come quei 20 ragazzi avessero superato anche il terzo anno in quel liceo.

Beatrice entrò con calma dal cancello, si guardò in giro, salutò velocemente quelle poche persone che aveva salutato a giugno con un "sì sì, ti scrivo quest'estate" di cui, puntualmente, non aveva più saputo niente. Certo, qualcuno era cambiato: qualcuno più alto, qualcuno più magro, qualcuno aveva perso qualche brufolo e guadagnato in peli sulla faccia.
D'altronde erano adolescenti, e lei non se ne stupì molto.

Si avvicinò al suo gruppo, il mitico gruppo della G. I casinisti, divertenti ragazzi che si trovavano per forza di cose nella sezione che negli anni avevano tenuto in vita il lato ribelle del liceo. La ventata abitudinaria di aria fresca che disturbava, faceva chiacchierare di sé e poi, di sua sponte, si placava prima di fare danni. Infondo, come dicevano sempre i loro professori chiamati a difenderli dopo le loro ribellioni, erano dei bravi ragazzi e la maggior parte di loro aveva anche dei buon voti.

-Buongiorno gente-

Riuscì a dire prima di essere avvolta da un numero non ben definito di braccia che la stringevano in un abbraccio di gruppo.
Quando riuscì a sgusciarne fuori, sorrise ai suoi compagni di classe e iniziò con le solite domande di rito, finché non suonò, fastidiosa, la prima campanella dell'anno.

-Quest'anno non posso farcela-
Urlò Sara, arrivando di corsa in aula, giusto un paio di secondi prima della professoressa di greco alla quale toccava il nefasto compito di fare la prima lezione dell'anno.

* * * * * * * * * * * *

La mattinata era passata velocemente, anche i professori erano ancora troppo in modalità estate per riuscire davvero a impiegare le ore in un qualcosa che non fosse chiedere agli studenti della loro estate, iniziare a correggere i compiti e richiamarli in modo blando a un comportamento più degno all'urlo "l'estate è finita".

Bea era appoggiata al muro davanti alla scuola, lo zaino poggiato a terra mentre aspettava che quella stordita della sua migliore amica uscisse da scuola dopo dover essere rientrata per prendere lo zaino che aveva dimenticato. Come si fa a essere così pirla? Si chiedeva la Italo-francese mentre si fissava le sneakers basse.
Si stiracchiò il collo e iniziò a spulciare qualcosa sul telefono.

-Bea-

La chiamò una voce che riconobbe ancor prima di girarsi. Si passò una mano tra i capelli, prese una boccata d'aria e si girò verso Ludovica. La guardò un attimo, lei non era cambiata quell'estate. Rimaneva la ragazza dai lineamenti perfetti che aveva conosciuto l'anno prima. I capelli tinti di rosso, gli occhi color ambra, il piercing al labbro.
A Bea era bastato una chiacchierata fuori da scuola per capire di essere cotta di lei. E ne erano bastate due o tre perché anche Ludovica lo capisse.
E poi erano iniziati i guai, o almeno erano iniziati per Bea.

-Ciao-

Rispose infine, puntando lo sguardo nel suo. Le sorrise, nonostante tutto. Non sapeva neanche lei se l'aveva perdonata, sapeva solo che le era passata. Non aveva avuto il tempo né la possibilità di innamorarsi della ragazza che ora la fissava un po' a disagio.

Grazie a Dio, pensò.

-Bea, lo so che è passato tanto tempo ma volevo-
-Volevo dirti che sono un'idiota? Una scema? Che forse il mio cranio sarebbe usato meglio come posacenere che per contenere il cervello che non ho?-

Si intromise, nel suo solito stile indelicato, Sara che era appena sbucata dal nulla con lo zaino in spalla.
Ludovica le lanciò uno sguardo omicida, Bea si passò una mano sul viso cercando di nascondere il sorriso che le era spuntato, mentre l'ultima arrivata guardava ancora in cagnesco la ragazza dai capelli rossi tinti.
Dopo un attimo di silenzio, Ludovica cercò di aprire bocca nuovamente, ignorando l'ultima arrivata.
Che però non perse tempo, afferrò lo zaino di Beatrice, la prese per il polso e la trascinò via.

-Sciò Sciò cosa, noi non siamo come te-
Disse lanciandole l'ultima occhiataccia.

-Che stronza, ripresentarsi così-
-Dai Sà, non ho voglia di parlarne-
Sara decise di stare in silenzio, conoscendo l'amica e sapendo che ne avrebbero riparlato prima o poi.
-L'importante è che tu sia pronta per stasera-
Bea sorrise, già doveva essere pronta per quella sera. Non aveva mai perso una partita della sua migliore amica, non avrebbe di certo perso la prima partita della stagione, un'amichevole che non era neanche nel torneo in realtà.
-Sono più che pronta-
Disse all'amica mentre si salutavano, prima di separarsi, ciascuna diretta verso casa propria.

* * * * * * * * * * * *

Il campo da calcio era già illuminato e le giocatrici si riscaldavano correndo e tirando i palloni in porta.
Bea arrivò e scese nella parte bassa degli spalti, appoggiandosi con gli avambracci alla ringhiera e cercando Sara, lasciando però che gli occhi scivolassero con calma sulle ragazze in divisa.
A volte, il calcio le piaceva davvero tanto.

Poi incontrò un paio di occhi occhi color cioccolato, che parevano brillare sotto la luce fredda dei fari che illuminavano il campo.
Bea li studiò come si studia qualcosa di curioso e inaspettato. Non spostò lo sguardo, non si preoccupò di guardare il volto della proprietaria di quei due occhi, né di sembrare una pervertita perché come lei fissava quelle iridi, l'altra ragazza studiava lei. Non importava più chi fossero, o dove fossero.
Lei sarebbe restata lì a fissarla ancora un po'.
Un bel po'.

-Merde-
Esclamò in francese quando un pallone colpì l'altra ragazza da dietro, rompendo quel contatto. La ragazza nel campo si strofinò il capo con la mano, sorrise alla compagna di squadra che le chiese scusa, e riniziò a correre mentre Bea, senza staccare lo sguardo dal numero 21 stampato sulla sua maglia, aspettava che i suoi neuroni decidessero di riiniziare a lavorare.

-Bea-
-Beatrice-
-Beatrice Victoire-

La ragazza si mise un po' a capire che Sara la stava chiamando dalla panchina, già pronta a scendere in campo.
Scosse la testa e la guardò confusa.

-Cosa stai fissando esattamente? -

Le chiese la sua migliore amica, capendo dopo un attimo di avere perso di nuovo l'attenzione dell'italo-francese. Sarà sbuffò, e seguì lo sguardo dell'amica fino a quando finì anche lei a fissare una maglietta con stampato un 21.
Ridacchiò un attimo, poi richiamò l'amica che la guardò male, con il tipico sguardo di chi è stato interrotto mentre faceva qualcosa che lo interessava particolarmente.

-Caterina-
Le disse, ma la ragazza sugli spalti non capì.
-Si chiama Caterina-

Bea sorrise.

Sara capì di avere appena trovato un nuovo motivo per sfotterla.

Ille mi par esse deo videturWhere stories live. Discover now