-Capitolo 1-

4 0 0
                                    

"Era il 10 settembre 2001,una mattinata tranquilla direi ma cercavo solo di convincere me stessa.Io,me stessa,mi chiamavo Leda Sofia,non ricordo molto di me ma avevo dei lunghi capelli castani che mi ricoprivano quasi tutta la schiena,occhi blu mare e tante lentiggini sparpagliate sul mio volto color latte.

Vivevo nella splendida New York,anche se non ricordo particolari definiti di essa.
Stavo in un grattacielo discreto con un grande vetrata che faceva da parete a sinistra dell'ingresso,i miei pomeriggi erano passati lì davanti,magari con un pacchetto di patatine o dei cereali in scatola.Non ricordo la mia camera,solo il salotto.C'era una tv anni 90 poggiata su un tavolino,guardavo solo un programma,Batman,quella era roba forte.Per descrivere il salotto userei 3 parole:Rivista di design.Praticamente si entrava dalla porta di ingresso nera e a destra un divano ad angolo marrone scuro veniva illuminato dalla luce fioca della tv.Subito dopo,circa davanti alla porta "un'isola" marmorea con intorno 4 seggiole nere dava spazio alla cucina dai toni scuri.Non era tutto nero,ma sembrava sempre di essere avvolti da dell'oscurità nonostante la grande vetrata illuminava la stanza di giorno,mi ci ero abituata anch'io.

Non credo di aver passato la mia "pre-infanzia" lì,infatti non ricordavo di mio fratello,che in quel momento c'era.Il suo nome non lo so,strano,mi sento un po' a disagio perché dovrei saperlo ma niente.Era un ragazzo sui 12/13,capelli sempre in disordine,occhi neri e scuri,l'unica nostra somiglianza fisica era la pelle cadaverica;vestiva di nero,proprio come me e aveva un carattere strano.Aveva,e quindi avevo,perso la sorella ma non ricordavo niente di lei,non l'avevo conosciuta e lui non me ne aveva mai parlato,non volevo ferirlo chiedendo.Adoravo mio fratello,era protettivo e mi voleva un sacco bene ma sapevo con gli altri era molto più freddo,credo che qualcuno lo avesse ferito o forse era cosí di suo, in ogni caso non mi importava,amavo mio fratello così com'era e gli altri facevano bene a rispettarlo o si sarebbero beccati un bel pugno da parte mia.

Quel giorno lo passai davanti alla vetrata,come ogni giorno dopotutto,osservando i civili passeggiare sotto il sole di settembre,ammiravo quel piccolo tratto di New York tutti i giorni e amavo vedere gente nuova e immaginare la loro vita,i loro pensieri e preoccupazioni forse perché uscivo raramente in quel periodo,mio padre mi teneva sempre chiusa in casa;ero un po'strana riguardo questo perché fin da piccola mi ero chiesta da dove nascesse il pensiero diverso di una persona,la ragione per esempio oppure solo il fatto di avere qualcosa di unico che ti distingue da tutti,anche da gemello.Pensavo che un giorno,se fossi cresciuta un po',avrei scoperto quello che si nasconde dietro il cervello umano a costo di vivere di caramelle Haribo sotto un ponte usando i soldi per gli studi.

Alle 18.30 era cominciato a scurirsi il cielo,mi ero alzata con le gambe indolenzite e i piedi addormentati ed ero sgattaiolato in cucina.Avevo aperto qualche cassetto sottostante al lavabo e mi avevo tirato fuori una confezione di cornflakes arcobaleno un po' molli per via del l'ossigeno,poi ero ritornata dall'altra parte della sala e mi ero seduta malamente sul divano rovesciando alcuni cereali che ricordo di aver infilato nelle fessure dei cuscini.
Stava per iniziare il mio programma preferito,avrei preferito guardarlo insieme ai miei amici magari avrebbero portato del cibo meno scadente del mio ma non ci avrei sperato troppo,papà aveva vietato la presenza di qualcuno al di fuori della sua famiglia lì,mio fratello,quando c'era,li invitava di nascosto e non volevo scoprire la sensazione che avrebbe e che io avrei provato se lo avesse scoperto,che so forse teneva delle bombe anti-bambini allegri,non mi sarei sorpresa.
Avevo finito di guardare Batman abbracciata al mio cuscino e sapevo che a momenti mio padre avrebbe varcato la soglia della porta e l'avrebbe richiusa sonoramente.Era arrivato alle 20 e 1 quarto,un po'più tardi del solito,strano,arrivava sempre puntuale.Saltellai giù dal divano tutta contenta e sorridente,corsi a braccia aperte e piedi scalzi da mio padre,lui come al solito non reagì,avevo sperato che se un giorno lo avessi reso fiero di me mi avrebbe voluto davvero bene e mi avrebbe abbracciato,che illusa che ero,mio padre non mi aveva mai abbracciato ne toccato e non lo avrebbe mai fatto.Dai miei ricordi non mi aveva neanche mai rivolto la parola,era come un animale,comunicava a cenni di testa o di mani come se a lavoro gli avessero messo della vinavil tra l'insenatura in mezzo alla faccia che serve per sorridere,magari nessuno gli e lo aveva mai spiegato ma era meglio non commentare o si sarebbe fatto capire,e molto bene.Odiavo comunque la sensazione che papà avesse paura che io avessi una specie di malattia contagiosa alla pelle per la quale non mi si poteva toccare anche se ci avevo fatto l'abitudine ma non mi arrendevo,come avete capito odiavo mio padre per questo,ma non potevo,era una delle poche cose mie.

Ci eravamo seduti sul divano dopo che lui aveva poggiato la borsa nera accanto alla porta,come ogni giorno,non ne potevo più.Avevo abbracciato il cuscino immaginando mio fratello e chiedendomi quando sarebbe tornato,erano 3 settimane che non si faceva vivo,quindi 3 settimane gelate come le chiamavo io.

Se dovessi descrivere mio padre userei qualche parola:genitore(se si poteva chiamare così)"""allegramente""" nero,in realtà non servirebbe descriverlo,avete presente il nonno di Heidi all'inizio del cartone animato?Ecco era lui ma nero,credo di aver reso l'idea.Fisicamente era un uomo sui 40 anni di statura media,pelle color latte,capelli corti e neri come i suoi occhi che parevano quelli di una bambola,vuoti e così scuri da non avere una fine.Vestiva di nero,come la sua barba non troppo folta.Il suo viso era vissuto,di uno che ne aveva visto troppe e passate tante ma rimaneva perfettamente nella norma.Emanava oscurità come la casa,assomigliava ad un bunker o ad un buco nero,la seconda era più appropriata direi,ora spererei mi avesse risucchiato prima del giorno dopo,ma ormai era andata così.
Mi addormentai sul comodo divano,credo di aver sbriciolato i cornflakes fra le fessure,fa niente.Papà ad un certo punto se n'era andato a dormire lasciandomi sul divano,un genitore nella norma magari mi avrebbe portato nella mia stanza e messo sotto le coperte forse con un bacio sulla fronte e un rimboccamento di coperte.Ma non era il caso di mio padre,non lo avrebbe fatto mai neanche per tutti i soldi del mondo.
Quella mattina,una mattina importante,mi svegliai abbracciata al cuscino con la luce della vetrata che mi accecava gli occhi,la tv era spenta e la borsa di mio padre era sparita,il che significava che era giá andato al lavoro,non sapevo in realtà se lavorasse ma non credo coltivasse i soldi sugl'alberi come Pinocchio,non era il tipo,ma almeno ero finalmente sola.Mi alzai stiracchiandomi con una faccia a dir poco oscena ma tanto ero da sola e a quella tenera età niente sul tuo aspetto ha senso...
PROSSIMO CAPITOLO👼🏻💫

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Jun 21, 2018 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Demigods of the Olympus Where stories live. Discover now