Capitolo 19 • Abbraccio

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Il lunedì mattina era un momento generalmente odiato da tutti, tranne che da Beatrice, la quale vedeva sempre con gioia l'inizio di una nuova settimana; quella volta, però, si schierò dalla parte della maggioranza e desiderò che, come stava per iniziare, finisse presto.

Non aveva la minima voglia di vedere Nicola, ignaro di averle calpestato l'autostima, e guardarlo risentita pur sapendo che non era conscio della sua colpa. Ammirare il suo fascino e sapere di non poter fare altro avrebbe reso le ore a scuola insostenibili.

L'oggetto dei suoi pensieri, invece, camminava a passo sicuro all'interno della scuola, del tutto spensierato.

Chi si vedeva calare addosso tutte le preoccupazioni della giornata era Riccardo: quella sera avrebbe dovuto avere il coraggio di confessare ad Angelica che era stato lui l'artefice della confusione che si era creata riguardo l'appuntamento e che, sostanzialmente, aveva rovinato tutto perché provava un forte interesse per lei.

Angelica entrò in classe con le cuffiette ancora nelle orecchie e Riccardo si concesse di osservarla: era in ritardo di un paio di minuti, non si era preoccupata di coprire le occhiaie scure e i capelli scendevano lisci e morbidi come al solito su un felpone over-size. Lui non era al corrente del motivo di quella scelta: oltre che per comodità personale, i felponi erano perfetti per evitare che eventuali macchie ai pantaloni si vedessero, durante le mestruazioni.

Non sapeva nemmeno perché, ma quella mattina gli sembrava che quelle guance arrossate, quelle labbra gonfie e quello sguardo un po' perso necessitassero di un caloroso abbraccio. Si trattenne dall'alzarsi e avvolgerla con le proprie braccia.

Cammini con le guance rosse e lo sguardo abbassato
Come se volessi un abbraccio ad effetto stritolato
Una nuvola cacao e argento
Il respiro va a rilento
E io mi fermo a guardare
mi incanto davanti a te
come se nei tuoi occhi ci fosse il mare

Scrisse con grafia ordinata e precisa, completamente concentrato su di lei e sulla propria immaginazione.

Chiuse il quadernetto di scatto non appena si presentò al suo banco una compagna di classe.

Voleva sapere la soluzione di un esercizio che, a quanto pareva, era di compito. Riccardo abbozzò una strategia risolutiva nonostante non ricordasse minimamente quando era stato trattato quell'argomento di matematica.

Angelica era seduta all'angolo dell'aula, piegata in due con le mani contro la pancia, la testa sul banco e il dolore di una nuova fitta allo stomaco acutissimo.

Quella notte aveva dormito poco e male, perché le fitte erano iniziate tre ore prima e, durante il trasloco, non aveva pensato di portare con sé le uniche pastiglie che funzionavano in quei casi. Le uniche che aveva in casa, pertanto, erano state come un bicchiere d'acqua su un incendio dell'ordine di un quartiere cittadino.

Sua madre le aveva assicurato che sarebbe passata in farmacia e avrebbe provveduto a portarle le pastiglie a scuola.

Nel frattempo, Luca si sedette accanto a lei e, dopo aver finito di mangiare una merendina, notò quant'era sofferente.

- Che hai, Angelica? - domandò.

- Male. - sibilò lei.

Lui andò a buttare la carta nel cestino.

- Okay, ma dove?

- Alla pancia. - fece la ragazza, sentendo i muscoli in quell'area contrarsi all'ennesima fitta.

Non avrebbe resistito a lungo: avrebbe pianto di nuovo, com'era successo alle cinque del mattino, e sarebbe stata costretta a confessare, non senza imbarazzo, che si trattava semplicemente di mestruazioni.

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