Capitolo 3 • Fraintendere

4.4K 205 45
                                    

Alle dieci e quarantaquattro di un piovoso lunedì mattina, Nicola pensava soltanto a chi chiedere venti centesimi per il panino al prosciutto che sarebbe corso a prendere dal paninaro della scuola all'intervallo. Insomma, non poteva andare lì con una banconota da dieci euro, se qualcuno aveva venti centesimi, no?

- Ama, oh, Ama, hai venti centesimi? - bisbigliò al suo amico, seduto davanti con Teo.

Riccardo frugò nel portafoglio.

- Ho la moneta da un euro, se vuoi. - rispose.

- No no, lascia stare. Chiedi a Teo.

Teo rispose che non l'aveva prima ancora che Riccardo aprisse bocca e si beccò un rimprovero dalla professoressa di scienze.

Nicola non voleva arrendersi. Il panino gli avrebbe salvato lo stomaco dalla fame e, se non si fosse sbrigato, avrebbe rischiato di farselo soffiare da quelli di quinta.

- Chiedi a Bea, lei ha sempre tutto. - esortò nuovamente il suo amico.

Beatrice Imaldi aveva due monetine da dieci centesimi. Nicola la guardò come se fosse stata la Madonna, giusto un attimo prima che suonasse la campanella dell'intervallo.

Scattò in piedi e baciò Beatrice sulla guancia con euforia, dicendole che era la sua salvatrice, poi schizzò via in cerca del panino.

La ragazza, bassina e dalla folta chioma crespa color mogano, accennò un sorriso. Non era la prima volta che Nicola le rivolgeva quelle parole, frutto di una tradizione lunga quattro anni di compiti girati su WhatsApp e suggerimenti spudorati in classe, ma non ricordava che l'avesse mai baciata sulla guancia. Toccò la pelle morbida ancora fresca del contatto, ma lo mascherò fingendo di sistemarsi i grandi occhiali non appena vide la ragazza nuova con lo sguardo fisso su di sé.

Erano rimaste sole in classe.

- Ti piace? - domandò piano la ragazza, con voce gentile.

Beatrice chiuse la cerniera della zaino e lo issò in spalla.

- Cosa?

- Lui, il ragazzo biondo. Ti piace?

C'era motivo di arrossire? Beatrice non lo sapeva, ma immaginò che l'altra avesse appena tratto la sua conclusione. Forse non c'era neanche motivo di indagare, quando era tutto scoperto alla luce del sole.

- Come si chiama? - domandò la ragazza.

- Nicola. - sussurrò Bea.

La luce grigia che aveva aperto la giornata lasciò il posto alla luminosità dei raggi solari discostati dalle nuvole. Improvvisamente, sembrava di nuovo di sentire aria di estate, di caldo e di libertà, se non fosse stato per il paesaggio irrimediabilmente autunnale all'esterno: alberi dalle foglie caduche dorate e marroncine, soffi di vento freschi che penetravano dalle fessure delle finestre più vecchie.

- Io, come avrai sentito, sono Angelica invece. Tu? - si presentò la ragazza.

- Beatrice. Più comunemente, solo Bea.

Abbozzò un sorriso, perché non si era aspettata che una come Angelica le si avvicinasse. Una come lei, bella e sicura di sé, se la sarebbe aspettata insieme alle snob fin dal primo secondo, per seguire un po' il principio greco secondo cui il simile attrae il proprio simile.

Uscirono dall'aula insieme, ma fu il turno di Bea di aguzzare la vista e intercettare un ragazzo nei paraggi: si trattava di Riccardo Amante, e sicuramente non aspettava lei.

- Abbiamo lezione nella prima aula appena svoltato l'angolo là in fondo. Io inizio ad andare, d'accordo? - si rivolse ad Angelica.

- Ehm... Okay, arrivo. - annuì quest'ultima, notando finalmente Riccardo.

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora