Forse era proprio quello il punto. Il coccodrillo era importante, sì, al punto da non potergli parlare, ma era anche chi subiva la peggiore vessazione. La gabbia bassa, la schiena contorta, nessuno con cui comunicare, nemmeno se avesse voluto.

Ce l'ha con noi, con tutti noi. Ma il coccodrillo lo odia.

La sorte del coccodrillo, però, non era quella che le stava maggiormente a cuore. Non aveva più sentito la voce di Saverio, dopo i lamenti del giorno prima. Una parte di lei era offesa, doveva aver capito che le era capitato qualcosa di grave, l'aveva ben sentita urlare, la sera prima, ma non aveva detto niente, nemmeno una parola.

Forse teme che sia morta e non ha il coraggio di chiedere.

Vigliacco.

Però ricordava anche quanto fosse stato male nei precedenti due risvegli, Giulio le aveva detto che reggeva malissimo le anestesie, che vomitava. Fece per uscire dal suo nido caldo e chiamarlo, poi ci ripensò. Se lo chiamava la sentiva anche Nicola, e in quel momento Nicola era l'ago della bilancia.

Prima i pazzi

poi gli idioti

poi i saggi.

A meno di non meritarsi la tigre.

Dalla sua posizione vedeva un pezzo della gabbia del Rosso, che però stava dormendo dall'altro lato e non poteva vederla. La gabbia del coccodrillo sembrava come sempre vuota, lui si addossava sul fondo, e adesso, con la paglia, era del tutto invisibile. La gabbia di Nicola taceva, Sandra russava piano. Osservò il punto della sua gabbia in cui era convinta ci fosse l'obiettivo.

Se è un gioco, se ci sono delle regole, se esistono i turni per stare con i pazzi, gli idioti e i saggi allora vuol dire che c'è uno schema.

E se c'è uno schema allora posso impararlo.

Se lo imparo posso prevederlo.

Se lo prevedo posso anticiparlo.

Non pensò l'ultima frase, preferì tenerla nascosta anche a se stessa.

Ma prese soprapensiero la carta unta del suo poco cibo e la passò di nuovo sulla pelle ustionata.



*

Le mani di Nicola. Le mani di Nicola pulite, con le unghie curate. Le sue unghie, là dove terminavano i polpastrelli ancora arrossati, erano lunghe e scheggiate. Anna non ci badava spesso, se avesse avuto vestiti o tessuti in cui impigliarle sarebbe impazzita per il fastidio, ma adesso le unghie servivano solo a passare tra i capelli lerci e per sminuzzare il cibo nel sacchetto. Ed erano lunghe e rotte, come quelle del Rosso e di Vasco.

Ma non come quelle di Giulio.

L'occhio malevolo con cui lo aveva osservato fin dall'inizio l'avrebbe spinta a notarlo, ma in effetti Giulio era a posto, pulito

se non lo lavasse si infetterebbe tra le pieghe del grasso

e senza barba. La barba non ce l'aveva nemmeno Saverio e quella del Rosso era molto corta, a differenza dei capelli lunghissimi. Erano tracce di accudimento, qualcosa di molto diverso dalla sopravvivenza. A lei aveva fatto una flebo per idratarla e forse per nutrirla, non ne sapeva granché, le aveva cambiato i vestiti e aveva pulito la gabbia da escrementi e vomito.

Lo fa con tutti. L'odore resta, il legno ne è impregnato, ma lo fa ogni settimana.

Dunque un gioco che richiedeva impegno, organizzazione, con delle specie di punti o bonus che si potevano guadagnare o perdere. Se buttavi gli escrementi fuori dalla gabbia Lui non te la puliva.

зооWhere stories live. Discover now