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L'oggetto la colpì sul sopracciglio strappandola fuori a forza. La prima sensazione fu di avere qualcosa in bocca, un bolo di pane che si era messa a masticare prima di addormentarsi, le succedeva da bambina, una volta suo padre le aveva infilato dentro due dita per levarglielo, allarmato dal fatto che respirava male, e lei gliele aveva morse.

papà?

Ma non era pane. Quella cosa enorme e inerte era la sua lingua, che sembrava gonfia ma soprattutto aveva cambiato consistenza, pareva spugnosa e asciutta.

devo svegliarmi

no

Di nuovo la sensazione di un oggetto che la colpiva, questa volta su un braccio. Stava nuovamente sprofondando e ancora riemerse.

non voglio tornare, sto bene là

Ma se c'era una linea di confine tra il là e il qua ormai l'aveva oltrepassata. Fece alcuni respiri brevi, qualcosa le opprimeva il petto, era in una posizione strana, prona con il gomito piegato contro lo sterno, doveva girarsi. Il ricordo cercò di arrivare ma Anna lo scacciò via, non voleva ricordare e non voleva svegliarsi. Mosse una spalla, cercando di liberare il braccio incastrato.

«Si muove!»

«Ma cazzo, era ora!»

Riconobbe le voci suo malgrado, il ricordo trottò indietro e portò con sé la gabbia.

«Anna? Anna, sei sveglia?»

Ruotando, la spalla andò ad appoggiarsi al legno e la testa si inclinò all'indietro. Era una posizione comoda, la tentazione di rimanere così era tanta. Vicino all'orecchio arrivò il rumore di qualcosa di duro che cadeva e rotolava, poi un nuovo colpetto, poco sotto la gola. Aprì gli occhi, il soffitto del cassone la salutò. Era giorno, ma la luce era strana, forse pioveva. Inspirò profondamente e si rese conto di nuovo della sensazione aliena in bocca, come se la lingua fosse quella di un altro e la sua chissà dove se n'era andata.

devo bere

Tornò nella posizione iniziale, solo con il braccio steso di fianco. Le faceva male tutto, le gambe, la schiena, le sembrava di pesare ottocento chili.

come l'obeso

«Anna, se mi senti fai qualcosa.»

Di nuovo la sua voce. Avrebbe potuto ignorarlo, invece sollevò appena la mano, quasi in un saluto, non sapeva perché.

«Ha mosso una mano.»

«Pensavo fosse andata, porca merda!» "pam!"

sono qui, Saverio, sono qui

E allora per lui, per la sua voce ovattata oltre la parete, guardò davanti. L'obeso aveva cambiato posizione. Come ci fosse riuscito era un mezzo miracolo, ma adesso stava su un fianco, tutto proteso in avanti, la fronte appoggiata alle sbarre. Era chiaramente a disagio, da lì difficilmente sarebbe riuscito a mettersi seduto di nuovo. Aveva una mano messa a conca e da dentro pescava delle cose che si metteva in bocca.

me le tirava addosso. mi colpiva con quelle.

"Cosa sono?" compitò a vuoto, non uscì voce e le labbra si spaccarono. Non aveva saliva, la lingua non si era mossa.

«Non ho capito. Non riesce a parlare, Saverio!»

«Dille di bere! Devi bere, porca puttana!» "pam!"

"Lo so." cercò di dire, spruzzando qualche gocciolina di sangue. Non sentiva la lingua e le labbra sembravano carta vetrata. Strisciò sui gomiti cercando di individuare la ciotola per non andarle addosso. Per un attimo ebbe il dubbio di essere stata di nuovo addormentata, ma il carrozzone era nella stessa posizione di prima e sia l'obeso che Saverio non sembravano essersi appena svegliati. Arrivò alla ciotola, l'acqua era la stessa dell'ultima volta, le sembrò pochissima. Per paura di sprecarla immerse dentro la bocca e risucchiò. Il sollievo fu quasi doloroso, lo stomaco si contrasse e le venne un urto di vomito. Trattenne il fiato per dominarlo, non poteva sprecare niente, e se vomitava nella ciotola allora era finita. La nausea non accennava a passare, spostò la testa dall'acqua divenuta rossastra mescolandosi con il sangue e appoggiò la fronte al legno. Era debole, di una debolezza mai conosciuta prima, nemmeno quando aveva avuto la febbre a quaranta.

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