Aggrottai la fronte, incespicando. "Certo," mentii.

Non ricordavo quanto i suoi capelli fossero biondi, ma distinsi nitidamente le sue iridi screziate di un grigio cenere.

Mi guardai attorno, stupita ma anche beata dall'assenza del signor Wilkinson che, ancora, stentavo a credere fosse il cugino di Bethan.

Eppure, ero certa di non poter ritenere questo particolare una colpa da addossare alla fanciulla.

"Ho così tante vicende da raccontarti!" Bethan si strinse al mio fianco, esultante, mentre fiumi di guardie sorvegliavano l'ingresso del palazzo. L'atrio era addobbato con i colori più vivaci, in sintonia con l'ampio pavimento lustrato, il quale provocò in me un lieve sbandamento.

"In tutti questi mesi, Bethan, non ho avuto modo di farti visita nella tua dimora, e devo ammettere che è di una bellezza incatevole," sorrisi.

"Ma oh! Il merito non è mio, cara amica mia! Tra pochi giorni lascerò questa casa..."

"E per quale ragione?"

"Mi sposerò, Allyson."

Il mio cuore perse un battito, un respiro. Rimasi interdetta, sorpresa, pensando con quale coraggio avesse deciso di unirsi in matrimonio ad appena diciassette anni.

Le situazioni mutavano, cambiavano aspetto e natura, correvano incontro al proprio destino, mentre io indugiavo immobile ad osservare.

"Avrò modo di raccontarti ogni singolo dettaglio al riguardo," disse, poi si riprese e iniziò a gesticolare. "Questo palazzo è di mio cugino Bradley! Lui si è occupato del suo decoro, con un impegno tale da rendere questa casa migliore di una reggia!"

Improvvisamente desiderai non aver mai espresso ammirazione nei confronti di quel palazzo. Sfoggiai un viso stupito, mentre, segretamente, lottavo contro il desiderio di fuggire da tanta ricchezza.

"Immagino che tuo... cugino consideri la finezza di una dimora un particolare molto rilevante."

"Esatto, signorina Stevens." Inaspettatamente, udii una voce maschile, seguita da un frenetico tacchettare di scarpe e, quando alzai lo sguardo, notai la figura slanciata del signor Wilkinson scendere da -quelle che appresi fossero- le scale più belle avessi mai visto.

La sua lunga giacca blu cingeva perfettamente le sue spalle e rese la sua immagine ancor più imponente e robusta di quanto ricordassi.

Egli ci raggiunse, sciorinando un sorriso sghembo. "Siete la benvenuta." Portò la mia mano alle sue labbra, baciandola, poi osservò qualcosa alle mie spalle. "O meglio, i benvenuti," si corresse.

Non sorrisi, ma abbassai lo sguardo, tuttavia riuscivo ad avvertire i suoi occhi puntati saldamente sulla mia immagine.

"Credo tu abbia avuto già il piacere di conoscere il mio amato cugino!" Bethan sorrise, estasiata.

Piacere e amato, due parole che cozzavano in una frase simile, pensai.

"Sì, ne ho... avuto l'occasione..." Per la prima volta, guardai il signor Wilkinson negli occhi: essi erano più verdi ed esoterici, ora.
Ci osservammo per un lungo istante: la mia espressione imperscrutabile e quasi cupa fronteggiava la sua, divertita, ammaliata, fiera, orgogliosa, sfacciata, ed immancabilmente tinta dall'ardore giovanile.

"Oh, mio caro signor Wilkinson!" Mia madre fece il suo ingresso. La luce nei suoi occhi confermava l'emozione che provava, mentre ammirava la chioma scarmigliata del giovane.

"Siete elegante come sempre, signora Stevens," si complimentò egli.

Ella sembrò quasi svenire alle sue parole, ma si limitò ad esprimere gratitudine con un sorriso forzato.

Rifiuto e seduzioneDonde viven las historias. Descúbrelo ahora