"Ero certa di partire alla volta di Londra, oggi!" esclamai irascibile, lanciando un'occhiata in tralice alla buona governante, cavia incerta delle mie rabbie improvvise.

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"Siete incantevole, signorina Stevens!" esclamò la signora Chapman, osservando come il morbido tessuto del mio abito porpora si stringeva sotto i seni.

Era una donna di buona presenza, raffinata e formale, dalla capigliatura sempre impomatata e ordinata. Si poteva anche notare con quanta impressionante frequenza fosse accomagnata dal marito, il nobile Charlie Chapman. Avevano da tempo stretto un saldo legame di amicizia con la nostra famiglia, accompagnando e sorreggendo questa anche nei periodi di buio. Forse, a ciò si doveva la munificenza che i miei genitori esternavano nei loro confronti.

"Vi ringrazio, signora."

Mia madre, eccitata e gioiosa all'idea di poter sfoggiare le bellezze che rimanevano della nostra dimora, si apprestava a guardarsi attorno, irrequieta. "Ma dov'è il vostro tanto atteso ospite? Ne avete parlato così tanto, mia cara, che fremo dalla voglia di fare la sua conoscenza!" Ella congiunse speranzosa le mani, sorridendo leziosa.

La signora Chapman gesticolò, descrivendo un arco in aria con l'indice, pur conservando la sua eleganza. "Il signor Wilkinson giungerà qui a breve. Credo abbia avuto un contrattempo."

"Dio non voglia che mancherà a questo pranzo! Ma prego, accomodatevi." Mentre mia madre mostrava la sua più sincera cortesia nei loro confronti, decisi di udire le loro conversazioni.
Talvolta, era un passatempo efficace per uccidere il tedio.

"Come avete conosciuto questo signor... Wilkinson?" domandò mio padre, lisciando il tessuto del bavero della sua camicia, mentre soppesava la robustezza dei braccioli della poltrona sulla quale si era appena appollaiato.

"È da poco giunto nel Bedfordshire per questioni di affari, dopo la morte di suo padre. Precedentemente viveva a Londra e... questa caratteristica ha influito notevolmente sui suoi comportamenti..." ammiccò il signor Chapman, con il notevole sforzo di apparire impassibile, ma il suo tono improvvisamente acuto tradiva il suo intento.

Serrando le labbra in una linea tremula, sua moglie aggiunse: "Ha così tanti possedimenti da far invidia a tutta l'Inghilterra!"

Nella mia mente comparve l'immagine di un uomo di età avanzata, dai lunghi baffi scuri e dalla pelle consunta e rugosa, pertanto repressi un gemito di disgusto.

"Ciò farà sicuramente di egli un uomo incantevole! Chi eredita tali possedimenti non passa inosservato alla società inglese," ragionò mia madre, stringendosi nelle spalle, e sorseggiando il residuo della seconda tazza di té inglese della giornata.

Incurvai le sopracciglia nel dedurre come ella fosse indirettamente legata al denaro e catalogasse le persone in base al rango sociale cui appartenevano. Era stato sempre così. Potevo solamente accettare il flusso sconnesso dei suoi pensieri e ringraziare quel Qualcuno, che non mancava mai di assistermi, per poter vantarmi di avere ragionamenti giustamente differenti dai suoi.

"E la vostra bella figliola? A chi sarà data in moglie?" domandò la signora Chapman, sfogggiando un sorriso.

Rabbrividii.

"Oh, e chi può saperlo?" Mia madre finse una profonda sconsolazione.

Mio padre rimase in silenzio ed alzò lo sguardo solamente quando udì l'avvicinarsi di una carrozza.

"Dev'essere il signor Wilkinson!" Mia madre si alzò velocemente dalla poltrona su cui sedeva, agitata. "Fitzwilliam, andate ad accoglierlo!" disse poi, rivolgendosi a mio padre e incurvando le sopracciglia sottili sulla sua fronte avvizzita.

Rimasi composta, evitando di lasciar trapelare una finta eccitazione che non provavo.

"Ne rimarrete colpita, signora Stevens," commentò la sua amica, stringendo gli occhietti in due fessure rubizze.

Notai con quanta velocità tutti i presenti si alzarono, con la mia eccezione, pronti ad accogliere il signor Wilkinson. Alcuni passi risuonarono in cortile e mio padre, dopo aver controllato come scivolava la sua giacca lungo i fianchi, aprì la porta, lanciando un vago cenno alla governante, intimandole di uscire dalla stanza.
Cacciare una povera donna!

Si udì una serie lenta di passi sulla veranda. Stivali, si sarebbe detto. Da cavalcata. Stivali da cavalcata, riuscivo perfettamente a riconoscerne la sinfonia melodica che essi producevano sulle assi in legno. Poi la camminata si arrestò. Seguì un profondo silenzio, un silenzio che attendeva bramante. Pochi istanti dopo, l'ospite fece il suo ingresso. "Buongiorno."
Notai solamente come si profuse in cenni del capo, poichè la sua figura era coperta dalla presenza del signor Chapman dinanzi a me, che sostava in piedi, rigido e attento. Tuttavia, quando quest'ultimo si chinò per raccogliere in mano il suo bicchiere di vino, osservai di sfuggita quello che doveva essere il signore tanto atteso.

Non era un uomo di mezza età. Era un... giovane.

"Allyson," disse mia madre, congiungendo le mani e girando sui tacchi, "non vieni a dare il benvenuto al signor Wilkison?"

Rifiuto e seduzioneWhere stories live. Discover now