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«Nonna, ciao!»

La nonna mi guarda con compassione, quasi a volermi dire "non preoccuparti di niente". Non è mai stata una donna particolarmente affettiva, come tutti nella mia famiglia, ma ha un cuore grande e lo ha sempre avuto. E' dolce e disponibile, e dà tutto ciò che ha a chi ne ha bisogno.

«Ciao» mi bacia le guance.

«Come stai?» chiedo.

La nonna sta sempre bene. Ha ottant'anni e ancora riesce a saltare con la corda. Risponde che è tutto okay e si mette a cucinare, come sempre.

Prendo il cellulare e scrivo un messaggio:

Clari, che dici, le scrivo?

Sono in ansia da ieri sera, vorrei sentire Anna ma qualcosa mi dice che è arrabbiata con me. Devo chiederle spiegazioni, però... ne ho il diritto, no?

Io la manderei a quel paese, però se vuoi sentirla, scrivile.

Sorrido tra me. Clarissa non cambierà mai. Apro la cartella messaggi e cerco il nome di Anna.

Ciao, come va? Possiamo vederci oggi per un caffè?

La risposta arriva nell'immediato:

Tu non lo bevi neppure il caffè

Okay, questa ragazza inizia ad irritarmi.

Era un modo di dire. Arrivo al solito posto tra un'oretta.

So essere cocciuta quando voglio, ed esigo una spiegazione da lei, perciò ci andrò. Corro a prepararmi e decido di non pranzare. Mamma non ci fa neppure caso, d'altronde non pranzo quasi mai; peso quarantuno chili, sono magrissima, ma il mio peso è inferiore a quanto dovrebbe di soli due o tre chili, perciò mangiare poco mi basta.

Quando esco dalla doccia, mi sento rilassata. Stiro i capelli già quasi lisci per natura, e depilo le sopracciglia. Qualcuno sostiene che non dovrei farlo, infondo indosso solo felpe e jeans larghi, tutta roba da ragazzi, insomma... ma io mi sono sempre rifiutata.

«Io vado» annuncio.

Mamma e nonna mi guardano un po' rassegnate, e quando sto per aprire la porta di casa sento mia madre dire "non so più come comportarmi".

Questa frase mi turba. Perché parla di me in questo modo? Sì, è vero, non sto mai con lei a casa e forse non sono perfetta, non vado bene a scuola, ma perché è cosi disperata?

Mi seggo sul primo scalino vicino alla mia porta e mi afferro le gambe, mi rannicchio e piango. Cosa sto facendo di così grave? Perché la mamma non mi accetta per come sono? Capisco che in Sicilia la mentalità è un po' arretrata, ma sono sua figlia, perché dice queste cose di me?

Le lacrime vengono fuori da sole, senza che io cerchi di forzarle, e quando provo a fermarle per uscire dal portone in condizioni decenti, non riesco. Da quanto tempo volevo piangere e non l'ho fatto? Ecco, ora me lo merito. Sono una figlia di merda, che non ha neppure il coraggio di parlare con la propria madre. Basta piangere, Bea, basta, mi dico. Gli occhi mi bruciano e la mandibola mi fa male. Non so neppure dire da quanto va avanti questo sfogo. Prendo un fazzoletto dalla tasca e soffio il naso, quando finalmente i battiti rallentano, il respiro si regolarizza, e le mie lacrime si placano. Asciugo gli occhi con il fazzoletto e attivo la fotocamera interna per darmi un'occhiata. Per fortuna non mi trucco, penso tra me.

Sono patetica. Un fallimento. Una nullità.

Il cellulare squilla e mi avverte di un messaggio:

sono con la mia ex Giulia, se vuoi venire, vieni.

Come fiori in primaveraWhere stories live. Discover now