Inverno

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La neve nella notte aveva sempre suscitato in Elizabeth un profondo senso di smarrimento

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La neve nella notte aveva sempre suscitato in Elizabeth un profondo senso di smarrimento. Come se in quella vasta distesa bianca la vita smettesse di darle le indicazioni necessarie per sopravvivere.

Soffocante. Per Elizabeth la neve era soffocante.

La guardava cadere, dalla finestra della sua stanza, e si scopriva ad odiare ogni fiocco più del precedente. Nascondevano la terra, nascondevano la via per il torrente, ormai di certo ghiacciato. Nascondevano ciò che ad Elizabeth piaceva contemplare in primavera. I boccioli dei fiori, la rugiada sui fili d'erba, i nuovi germogli.

Poi decise che sarebbe uscita. Voleva soffocare.

Indossò il mantello pesante, col cappuccio foderato col pelo bianco di una volpe giovane, e gli stivali alti, nascosti dall'orlo della lunga gonna. Prima di infilarsi il cappuccio, strinse i lunghi capelli castani con un nastro rosso, in modo da impedire che il vento potesse disperderli sul suo viso.

Osservò per qualche secondo i guanti di pelle sul mobile dello specchio, ma finì per uscire silenziosamente dalla stanza senza metterli. Voleva sentire il freddo nelle dita. Voleva camminare negli infiniti terreni della villa di suo padre fino a perdersi, e avvertire le nocche gelarsi e diventare violacee. Voleva che la neve la temprasse, che le cambiasse la temperatura del cuore, troppo vivo, troppo esuberante.

Elizabeth aveva amato per poco ma pianto a lungo. Come la volpe che aveva fornito il pelo per foderare il suo mantello, così la giovane Newfield si era lasciata sedurre da un cacciatore esperto, che l'aveva spogliata del suo tesoro più grande. La dignità, forse.

Percorse con passo malfermo i corridoi freddi della tenuta. La famiglia si preparava al trasloco, perché non era bene passare l'inverno in campagna. La città chiamava. E chiamavano caldi salotti e gli alberghi accoglienti. Chiamava la vita mondana.

Il mobilio in ogni stanza era celato da lenzuola bianche per evitare che polvere o altri agenti esterni potessero rovinarne le superfici. Il cuore di Elizabeth si aggrappò alla cassa toracica e la strattonò quando passò oltre lo studio di suo padre. Non volle fermarsi, e lo strascico del mantello continuò a strisciare sulle lisce travi del corridoio.

Le scale a chiocciola la condussero nella cucina della servitù, deserta, e una piccola porta dai cardini rovinati le permise di uscire inosservata dalla villa.

Il freddo la colpì al petto come una cinghiata inattesa, ma Elizabeth non rabbrividì. Fece anzi il primo passo nella neve, e il suo piede affondò nella morbidezza che tanto la disgustava.

«Cosa c'è sotto il tuo manto?» chiese in un soffio. «Cosa vuoi nascondere? Cosa vuoi mostrare

Inspirò chiudendo gli occhi. Il cappuccio le scivolò appena, sospinto da una folata improvvisa, ed Elizabeth lo acciuffò prima che cadesse sotto la nuca.

𝙡𝙖 𝙥𝙖𝙪𝙧𝙖 𝙙𝙚𝙡 𝙡𝙪𝙥𝙤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora