Prologo

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Prologo - Sei anni prima.

-Come vanno le cose?

-Male. Hanno già organizzato tutto. Il palco. Le transenne. Il tendone per il filmato. Il treno.

Lei si sedette sulla prima sedia che vide.

-Lanie, è la stessa cosa da quando siamo nati.

-Ma non avevamo Annie.

Lui si sedette vicino a lei. -Lo so. Lo so.

Annie si avvicinò alla porta, spiando nella cucina.

Lanie diede una gomitata a suo marito, alzandosi in piedi e asciugandosi gli occhi.

-Annie, tesoro.

-Oggi è il giorno della Mietitura?

-Sì, piccola-, disse Lanie, inginocchiandosi davanti a sua figlia. -E ho bisogno che tu faccia la brava come tutti gli anni.

Annie mise la sua manina sulla guancia della madre. Le dita erano così sottili. -Ma non piangere, ok?

-Certo. Devo essere più coraggiosa. E tu, invece, devi continuare a esserlo. Come fai sempre, ok?

-Ok.

-Allora andiamo a vestirci.

-Va bene.

Salirono di sopra, e Lanie fece indossare alla sua bambina un vestito giallo, che le apparteneva quando anche lei aveva sette anni.

-Ti ricordi come devi fare? Ti tappi le orecchie e torni a casa.

-Sì, mamma.

Lei sorrise, e l’abbracciò. -Ti voglio tanto bene, Annie. Tanto.

Si avviarono, e cinque minuti dopo si trovarono in piazza, insieme a tanti altri abitanti del Distretto.

Una donna in verde entrò dalle porte del Comune, alle spalle del tetro palcoscenico.

-Benvenuti, benvenuti…

-Annie, adesso. Vai.

Annie iniziò a correre, e nessuno se ne accorse. Percorse le stradine più strette e nascoste della città, ma a pochi passi dalla sua casa vide due Pacificatori.

Spaventata, corse fino al mare, e si arrampicò su un albero.

Sua madre non voleva che si avvicinasse all’acqua. Suo padre aveva perso una gamba, una volta, andando a pesca e trovando uno squalo. Guadagnarono molto, da quella pesca, così suo padre poté comprarsi una gamba finta e poté aprire il negozio che ora gestiva insieme a sua moglie Lanie. Così lasciò il mare e quella brutta esperienza alle spalle.

Annie notò che non era sola.

Poco dopo, arrivò un ragazzo. Portava solo un paio di pantaloni, la maglia e le scarpe lasciate sulla spiaggia, vicino ad un secchio.

Canticchiava una canzone senza parole, e continuava a lanciare uno strano bastone con tre lame attaccate da una parte.

Annie si allungò un po’ sul ramo dell’albero per vederlo meglio. Un centimetro, un altro…

CRACK.

I polmoni le bruciavano da impazzire, e aveva freddo.

-Come stai?

Aprì gli occhi, e si trovò sulla spiaggia, vicino alle scarpe, alla maglia e al secchio.

Girò la testa verso sinistra, dov’era l’albero su cui si era nascosta.

Invece di quello, trovò un paio di occhi azzurri troppo vicino ai suoi, e spaventata, gridò.

-Ehi, scusa. Non volevo…

Lei rimase muta, così lui incrociò le gambe. -Come ti chiami?

-Annie.

-Io sono Finnick.

Lui le porse la mano. Come se salvasse persone tutti i giorni.

-Sei scappata dalla Mietitura?

-Sì. Anche tu?

-Già. Ma forse hai bisogno di una coperta, o un asciugamano. Anche se è giugno fa freddino.

-Lo dice proprio uno in pantaloncini.

-Fregato. Avanti-, disse alzandosi. -Ti riaccompagno a casa.

Le tese la mano, e lei si aggrappò e si mise in piedi.

-Andiamo.

Camminarono per le strade deserte per un po’, fino ad arrivare a casa di Annie.

-È chiusa a chiave-, disse lei, provando ad aprire la porta.

-Vuoi che trovi una finestra aperta?

Lei sorrise, e andò sul lato della casa. Salì sul davanzale della finestra della cucina e così arrivò alla finestra della sua camera.

Aveva paura degli spazi chiusi, così lasciava sempre la finestra appena un po’ aperta. La aprì, e si infilò in casa.

-Vuoi che salga?

-No. Aspetta.

Si cambiò e scese in cucina, aprendo la porta. -I tuoi torneranno a casa subito, non credi?

-Sì.

-E non si preoccuperanno se non ti trovano?

Lui alzò le spalle, e scosse la testa.

-Penseranno che sono al mare. Sono sempre al mare.

-Io non ci vado mai.

-Perché?

-Mio papà è Lud Cresta.

-Ah. Quella sera era con papà. Mi ha raccontato tutto. Mi dispiace.

-Per la sua gamba?

-No, per il fatto che ora ha paura del mare. Io non saprei come fare. È l’unico posto in cui mi sento al sicuro. Riesco a stare immerso più a lungo di tutti. Tu quanti minuti fai?

-Nessuno. Io non so nuotare.

Lui spalancò la bocca. -Dici sul serio?

-Sì. Mi fa paura.

-Per tuo padre?

-E per oggi…

Lui non si perse d’animo. -Ti potrei insegnare-, disse, sorridendo.

Lei arrossì. -No, non fa niente. Davvero.

-Ma dai, ti ho salvato la vita. Vuoi che non sappia insegnarti? E poi noi siamo amici.

Lei sorrise, fiduciosa. -Davvero?

I'm Still BreathingWhere stories live. Discover now