"Mamma, papá...sono gay"

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Andrea aprì gli occhi lentamente, cercando di abituarsi alla luce solare che penetrava da uno spiraglio della tenda davanti alla finestra.
Si svegliò su un letto che conosceva poco, in una camera che aveva visitato spesso, in una casa che ormai era diventata anche la sua.
Era ancora molto scosso. Non ricordava esattamente quando si fosse addormentato, ma sicuramente non era previsto visto che era ancora vestito con jeans e felpa.
Si portò una mano al viso fino a passarsela nei capelli che gli si erano appicciati alla fronte per il sudore.
E poi avvertì due braccia che lo stingevano all'altezza del bacino. Conosceva bene quelle braccia, lo avevano stretto tante volte, ma sempre con dolcezza e affetto, con amore e passione, mai come in quel momento, mai per proteggere, non da qualcuno che avrebbe dovuto amarti incondizionatamente.
La sera prima, Andrea, aveva deciso di fare coming out con i genitori. Ormai erano mesi che stava con Pietro, ed era arrivato il momento di condividere con le persone che gli avevano donato la vita, una parte di se, la più importante forse.
Tornato a casa dal bar in cui lavorava per poter aiutare mamma e papà a pagargli una futura università, posò zaino e chiavi nell'atrio per poi dirigersi nella sua stanza.
I genitori erano ancora a lavoro, sarebbero tornati per l'ora di cena, e lui li avrebbe aspettati in camera da letto, gli avrebbe confessato tutto una volta sceso per mangiare.
Quando ormai era arrivato il fatidico momento, le mani di Andrea sudavano come la prima volta che aveva compreso il suo orientamento sessuale e aveva iniziato a pensare come l'avrebbero presa i suoi amici e la sua famiglia.
I suoi due migliori amici lo sapevano da un mese ormai e la sua rivelazione aveva spinto una ragazza del loro gruppo a fare coming out come Bisessuale.
La voce gli tremava leggermente e le parole "mamma, papà... sono gay" gli risuonarono lontane un migliaio di chilometri.
La reazione dei genitori però riuscì a portarlo di nuovo nella sala da pranzo in stile vintage, che la madre aveva sempre acconciato con cura.
La madre sbarrò gli occhi per poi abbassarli sulla zuppiera al centro del tavolo, senza realmente rendersi conto della presenza del recipiente stesso.
Il padre invece, si alzò dalla sedia, e nella fretta fece scivolare un cucchiaio sul tappeto.
Gli si avvicinò e gli mise le mani sulle braccia, che strinse forte per poi fissare suo figlio negli occhi.
La madre si alzò anche lei dal tavolo e cercò di prendere il marito per un braccio, per fargli mollare la presa sul suo adorato bambino, che adesso non poteva più riconoscere come tale.
"Lascialo Giovanni, lascia il ragazzo" urlava lei, mentre lui lo scuoteva, cercando forse di invocare un genio che spezzasse quella maledizione che era ricaduta su di lui, su suo figlio, e sulla sua famiglia.
"Perche' figliolo" continuava ad urlargli il padre scuotendolo.
Andrea era nuovamente lontano mille chilometri, le voci dei genitori erano ridotte ad un sussurrò spiacevole e incessante, il dolore che provava sulle spalle, causato dalla presa ferma del padre, era nulla in confronto a quello del suo cuore che si spezzava.
Non poteva credere, che i suoi genitori avessero avuto una tale reazione.
Il padre si arrese e si lasciò cadere sulla sedia, subito dopo aver mollato la presa sul ragazzo.
La moglie gli accarezzo il viso, mentre le lacrime le scendevano sul volto.
Sbigottito, furioso e deluso, Andrea corse in camera sua a racimolare il necessario: cellulare, caricabatterie, i suoi libri e quaderni, qualche foto di se con i suoi amici, il portafoglio e un paio di vestiti.
Corse giù in atrio e infilò tutto nel suo zaino, per poi prendere quest ultimo, il giubbotto e le chiavi e correre via da quella casa, scappare via senza guardarsi indietro.
Con le lacrime agli occhi, l'unica cosa che gli passava per la testa, era correre da Pietro.
Il ragazzo aveva un appartamento non troppo lontano da casa sua, gli sarebbe bastato prendere un autobus e fare dai cinque ai dieci minuti a piedi.
Mentre era in autobus, si infilò le cuffiette nelle orecchie e iniziò a piangere guardando fuori dai finestrini.
Pietro aveva un paio di anni in più di lui, lavorava come stagista in uno studio di avvocati, lavoro che alternava allo studio di giurisprudenza. Si erano conosciuti ad una festa, un diciannovesimo pieno di alcol e belle ragazze, peccato che a lui piacesse qualcosa di diverso dalle sinuose curve di una bella diciottenne ubriaca. Pietro era uno degli amici del festeggiato, ma sicuramente non un amante delle feste, su questo lui e Andrea si trovavano perfettamente d'accordo, fu così infatti che riuscirono a instaurare una conversazione. Poi tra un drink e l'altro, che si susseguirono con una velocità non poco trascurabile, i due finirono a farlo in una stanza degli ospiti.
Un modo di iniziare quella che poteva essere una relazione, ben poco romantico, ma poco male, visto che adesso riuscivano sempre a scherzarci sopra, ogni volta che subentrava una piccola lite.
Adesso era davanti alle scale del condominio dell'appartamento di lui.
Al citofono nessuno rispondeva, e non aveva portato con se le chiavi l'ultima volta che c'era stato, costretto ad aspettarlo si siedette sugli scalini.
La fortuna girò così tanto intorno ad Andrea, che iniziò a piovere e in poco tempo fu bagnato fradicio.
Agli occhi del ragazzo, sembrava proprio che qualcuno gli volesse togliere quel poco di felicità che gli era potuta rimanere, dopo tutto quello che era successo.
Le lacrime gli sfuggirono incontrollate dagli occhi e violentemente gli solcavano il viso e gli bruciavano la pelle, mentre la pioggia gli batteva sul volto e si mischiava con esse.
Fortunatamente non dovette aspettare troppo sotto quel temporale.
Pietro gli corse incontro con un ombrello in una mano e la busta della spesa nell'altra.
"Andrea, cos'è successo?" Chiese preoccupato Pietro, chinandosi per guardarlo in viso. Andrea alzò lo sguardo su di lui e lo fissò negli occhi scuri.
Alla vista delle lacrime, Pietro non esitò un secondo a precipitarsi ad aprire la porta.
Una volta entrati nell'appartamento, Pietro poggiò poco delicatamente ombrello, buste e cappotto in cucina e raggiunse Andrea che si era accomodato in salotto con le mani che gli coprivano il viso.
Gli spiegò tutto e Pietro dovette resistere per non andare dritto a casa dei genitori di lui per dirgli qualche parolina.
"Devi cambiarti o ti prenderai un malanno" disse Pietro cercando di sorridere, mentre andava a pescare dal suo armadio un jeans e una felpa asciutti e profumati.
Senza proferire una altra parola, Andrea prese poco delicatamente gli abiti e si diresse in bagno a cambiarsi.
"Andrea" disse ad alta voce Pietro "sai che ti amo, vero?" Chiese infine Pietro socchiudendo gli occhi in attesa di una risposta.
Una risposta che in quel momento non arrivò mai, in quanto Andrea si chiuse la porta del bagno alle spalle, mentre annuiva impercettibilmente.
Qualche minuto dopo il ragazzo uscì dalla toilette e si diresse in cucina.
"Vuoi un toast, o un po' di zuppa, pasta?" Chiese Pietro in leggero imbarazzo, non era solito a cucinare per altri, non era capace a cucinare nemmeno per se.
Andrea scosse la testa.
"Qualcosa da bere allora?" Insistette Pietro.
Andrea scosse nuovamente la testa. "Credo che mi andrò a stendere un po' su letto, se non ti da fastidio ovviamente", disse infine il ragazzo.
"Scherzi vero? Il letto sai dov'è, vai pure" rispose Pietro avvicinandosi a lui per rubargli un bacio, ma Andrea si era già incamminato verso la camera da letto.
Il ragazzo moro (che per la cronaca è Pietro), scosse la testa come per scacciare via brutti pensieri.
Una mezz'oretta dopo sentì dei singhiozzi provenire dalla camera da letto.
Si avvicinò lentamente alla porta e vide Andrea disteso sul letto, mentre cercava di sostenersi da solo con le proprie forze, ma non ci riusciva.
Tremava e singhiozzava, Pietro intuì che stesse anche piangendo.
Entrò nella camera e si stese sul letto al suo fianco, lo strinse forte cercando di calmarlo.
I singhiozzi si fecero sempre più forti.
Andrea si girò verso l'altro ragazzo e posò la sua testa bionda sul petto di lui, mentre quest'ultimo cecava di cullarlo tra le sue braccia.
"Perche' mi hanno fatto questo?" Chiese Andrea cercando di non urlare.
"Capiranno, anche i miei inizialmente non l'avevano presa bene"
"Tu non hai visto gli occhi di mio padre, che mi guardavano sconvolti, e mia madre, mia madre si stava chiedendo dove fosse finito il suo bel bambino perfetto" disse stringendo le mani attorno alla maglietta di lui.
E a quel punto anche Pietro iniziò a piangere, non poteva fare nulla è questo lo distruggeva, come si può non riuscire ad alleviare il dolore della persona che ami di più al mondo?
Lo strinse a se più forte che potava, per proteggerlo, per sostenerlo e per sostenersi, per farsi sostenere.
Portò la mano al suo viso e lo avvicinò al suo.
Le loro labbra, le loro guance, tutto dei loro visi si sfioravano delicatamente, mentre le lacrime di entrambi si mescolavano.
I loro corpi sembravano intersecarsi perfettamente, le mani di Andrea attorno al collo di Pietro e tra i suoi capelli, quello di Pietro sul bacino e sulla schiena dell'altro.
"Si" disse Andre all'improvviso, in un attimo in cui le loro labbra non erano una cosa sola.
"Cosa si?" Chiese Pietro confuso.
"Si, so che mi ami" iniziò Andrea "e Pietro, tu non puoi immaginare quanto io ami te"
Pietro sorrise, ormai nessuno dei due piangeva più, lo strinse ancora di più, se una cosa del genere è realmente possibile, e iniziò a baciargli le labbra, il collo, e poi nuovamente le sue labbra.
Oddio quanto amava quelle labbra, quanto amava Andrea, i suoi capelli, i suoi occhi azzurri come il mare, la sua intelligenza, la sua ironia che spesso lo faceva imbestialire.
Andrea amava un casino i suoi capelli e i suoi occhi scuri, che Pietro al contrario trovava tanto monotoni, amava un casino la sua calma e il suo sorriso dolce.
Quei due si completavano a vicenda, e presto o tardi tutti l'avrebbero capito, avrebbero capito che nel loro amore non c'era niente di male o di sbagliato, anzi non c'era niente di più puro del loro rapporto.
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Quei due si completavano a vicenda, e presto o tardi tutti l'avrebbero capito, avrebbero capito che nel loro amore non c'era niente di male o di sbagliato, anzi non c'era niente di più puro del loro rapporto

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One-shot by: Felicity-BlackWhere stories live. Discover now