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<Brutto moccioso! Sei inutile! Cosa ti ho tenuto a fare se non riesci ad aprire una cassaforte così semplice?! Tua madre è morta dandoti alla luce quindi vedi di guadagnarti da mangiare!> Urlò un uomo ad un bambino di appena quattro anni che piangeva per le percosse appena subite.

Era sempre stata così la sua vita da che ricordasse, quello che doveva essere suo padre lo obbligava ad usare i suoi poteri per aprire cassaforti e portoni.

Non conosceva affetto, non conosceva il calore di una famiglia, solo le botte della mano che avrebbe dovuto proteggerlo.

<Ora vattene! Se ti vedo nelle prossime ore giuro che ti ammazzo!> Il bambino non se lo fece ripetere e corse fuori per poi camminare per strada anche se era molto tardi, troppo tardi per un bambino e per di più da solo, ma era abituato e poi era un Ninja, per cui non era spaventasto, l'unico vero problema sarebbe nato se avesse incontrato un altro Ninja malintenzionato.

Camminò fino ad arrivare ad un parcogiochi, ogni tanto riusciva ad andarci anche di giorno, riuscendo a giocare con altri bambini, ma solitamente gli toccava andarci la notte, sempre ammesso che quello che chiamava padre non lo portasse in qualche posto per derubarlo, al contrario del bambino lui non era un Ninja, probabilmente qualche suo antenato lo era e anche la madre del piccolo era una Ninja, anche se debole, ma lui invece non lo era e quindi sfruttava i poteri di suo figlio, obbligandolo a sviluppare troppo presto i suoi poteri, solitamente sono poteri che vengono scoperchiati intorno agli otto anni.

Invece lui era sempre stato spinto al limite, esposto a rischi solo per avere prima i suoi poteri e poterlo usare come strumento, si stava infatti specializzando nell'utilizzo del potere della terra, per la precisione dei metalli.

Sviluppare troppo presto i propri poteri equivaleva poterne perdere il controllo, non era detto, ma era una cosa molto pericolosa sopratutto se si era obbligati a farlo.

Arrivato al parco si sedette su un'altalena doldolando lentamente facendo cingolare le catene arrugginite che lo tenevano leggermente sospeso dal terreno, lo toccava giusto con le punte, rendendogli possibile di spingersi così piano.

Non faceva troppo freddo ma poteva comunque vedere la condensa del suo alito, in oltre non era granchè coperto ma ancora una volta doveva ringraziare la sua natura da Ninja per non soffrirne la mancanza.

Sospirò e inevitabilmente la sua vista venne offuscata dalle lacrime che si stava sforzando di trattenere, non voleva piangere, non voleva sembrare debole, doveva trattenere le lacrime, non poteva tornare a casa con gli occhi rossi per il pianto, suo "padre" lo avrebbe picchiato ancora per aver mostrato debolezza, proprio lui che era un Ninja, come se in primis non fosse un bambino troppo piccolo per qualsiasi cosa quell'uomo lo obbligasse a fare.

Ma poi la sua attenzione fu attirata da una voce, un pianto disperato si sollevò nella notte, in quel silenzio assordante un urlo pieno di dolore acuto e stridulo, come se chiunque avesse urlato stesse venendo scuoiato vivo, quell'urlo gli fece salire un brivido freddo lungo la schiena che arrivò a qualsiasi suo arto quasi immobilizzandolo mentre gli occhi si spalancavano dal terrore di cosa quell'urlo potesse significare. Era inumano, un urlo di autentica paura, tirato senza preoccuparsi del dolore che potesse sentire alla gola dopo, senza preoccuparsi se fosse poi mancata la voce, il classico urlo tirato da un neonato ma con il tono di un bambino più grande che chiedeva a qualcuno di aiutarlo, chiamava a gran voce un certo Ryu implorando di far smettere qualcosa che le stava bruciando persino l'anima.

Solo quando quelle urla finirono ebbe il coraggio di alzarsi, le gambe e le mani gli tremavano come se fossero fatte di gelatina, non aveva idea di come fosse riuscito effettivamente ad alzarsi, non sapeva cosa avrebbe trovato se si fosse avvicinato verso dove aveva sentito qeull'urlo, aveva paura, una paura primordiale, una paura persino peggiore di quella che sentiva di solito, che neanche pensava di poter effettivamente provarla, una scoperta davvero orribile, sia per sensazione che per la situazione in cui si trovava. Voleva scappare, voleva sparire, voleva...

E allora perché si stava avvicinando? Perché le sue gambe per quanto traballanti lo stavano conducendo verso chi aveva gridato?

Era una domanda a cui probabilmente non avrebbe mai dato risposta ma avvicinandosi si rese conto che non aveva smesso di piangere, era solo diventato un singhiozzo quasi impercettibile.

Avvicinandosi trovˋuna bambina della sua stessa età dai capelli neri e l'occhio rosso, era piena di bende che coprivano pure un occhio e le orecchie, le maniche della maglia erano lunghe che coprivano le mani e le stava usando per asciugarsi le lacrime che uscivano dall'occhio scoperto.

Voleva parlare, dire qualcosa, ma la voce non usciva dalla gola, sentiva qualcosa che gliela stringeva ma senza farlo soffocare. Almeno finchè non si rese conto che la bambina lo stava guardando tirando su con il naso.

<S-stai... Stai bene?> Riuscì finalmente a chiedere, domanda stupida ma non riusciva a pensare a nient'altro.

La bambina annuì mettendosi le braccia incrociate sulle gionocchia.

<Cosa ti è successo?> Chiese preoccupato per le bende.

Ma la bambina non sembrò voler rispondere.

<S-sei ferita?> Provò ad insistere.

La bambina negò muovendo la testa <papà dice che devo sempre tenerle, ma non capisco perché>

Il bambino si sedette accanto a lei <perché piangevi?>

<Perché fa male...>

<Che cosa?>

La piccola per risposta usò i suoi poteri del fuoco, lievemente giusto per mostrare al bambino che aveva dei poteri, ma poi dovette ritrarre subito la mano.

<Anche tu... Sei un Ninja...>

<Sì... Ma fa tanto male... Papa dice che ho scoperchiato i miei poteri troppo presto>

<Anche io...> Disse il bambino sospirando.

<Come ti chiami?> Chiese la bambina al bambino.

<Basil e tu?>

<Arika, Arika Shika> Rispose la bambina e da quel momento in poi i due bambini iniziarono a parlare di tante cose, finchè Arika non propose a Basil di venire via con lui, cosa che non si fece ripetere due volte, non sarebbe mai tornato da suo padre, la vita con lei migliorò davvero molto e decise che sarebbe rimasto sempre al fianco di Arika, infatti crebbero insieme e quando furono più grandi divennero una coppia.

<E che fine ha fatto la tua amichetta?> Domandò Uarui alla fine del racconto.

Basil sospirò <non lo so bene, la sto ancora cercando, potrebbe anche essere morta per quanto ne so>

E fu allora che l'ombra capì <quindi... Sei come me...>

Basil non rispose, si limitò ad osservare un punto fuori dalla finestra, perché per entrambi era un argomento che in realtà nessuno dei due voleva toccare.

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