IL TORNEO DI SABBIA

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 Will indietreggiò, pietrificato.

Perchè il torneo? E perchè dirlo proprio in quel momento? Forse volevo solo allontanarlo, forse era troppo presto dopo quello che le era successo quella sera...  il ragazzo si maledì in silenzio.

Lei lo fissava, seria. Aspettava la sua reazione. Aspettava la sua risposta. 

No, non voleva allontanarlo. Forse, anche.  Non sapeva cosa pensare. 

Ma quella non era stata una scusa. Lo capì dal suo sguardo. Lo sguardo freddo e deciso, come quello di un basilisco. Lo sguardo gelido con cui prendeva le decisioni. 

Molte volte aveva pensato che se lei fosse stata una regina, quello sguardo avrebbe stroncato centinaia di vite, con uno sguardo, una sola occhiata sarebbe bastata. Lui distolse lo sguardo, alzò le sopracciglia, sconvolto, passandosi le mani tra i capelli. 

Lea sospirò e prese lo scialle di Seraphine, mettendoselo con un movimento fluido intorno alle spalle, l'aria spostata gli scompigliò i capelli candidi. Lea lo vide fissare il pavimento di legno, la fronte corrugata.

- Pensaci.-  iniziò lei, facendo un passo - Se vincessi, non dovremmo più vivere così. Non succederebbero più cose come quelle avvenute stanotte. - affermò prendendogli le mani 

- Sparirà la paura di trovare la tavola vuota. Spariranno le bugie...- disse cercando lo sguardo di lui.  

William si divincolò dal suo tocco. Il torneo significava morte certa. lei poteva essere anche la più veloce, la più furba, la più brava, ma lì le cose toccavano un'altro livello, un livello che nemmeno Montgomey con tutti i suoi anni di allenamento avrebbe potuto insegnarle. 

si era portato  il pugno premuto sulle labbra, come per trattenersi dal dire qualcosa. 

- Guardami, William. - lo chiamò

- Il torneo di Sabbia. Tu. -  prese a dire, finalmente guardandola. Era così minuta, così piccola. Chiunque non avrebbe scommesso mezza moneta su di lei, ma lui sapeva che lei era quel genere di persona da riuscire a scendere all'inferno e ad uscirne con il diavolo in persona che le doveva un favore. Ma non quella volta. Combattere era una cosa. Uccidere un'altra. Perchè di quello si trattava nell'arena: o uccidi, o vieni ucciso. E lei non poteva trasformarsi in un'assassina solo per garantire del pane in tavola tutte le mattine, non glielo avrebbe permesso.

 - Ti farai ammazzare. -  disse quasi sprezzante. Non voleva ferirla, era solo terrorizzato. L'idea di vedere il suo cadavere  impastato della sabbia dell'arena gli faceva girare la testa solo all'idea. No. Non glielo avrebbe permesso, non quella volta. Avrebbe fatto di tutto per fermarla. Anche a costo di chiuderla sotto chiave nella taverna.

Lea alzò un sopracciglio. Non le aveva mai parlato così, quello non era  William, qualcosa non andava, ma quello non toglieva il fatto che nessuno poteva parlarle in quel modo. Arricciò le labbra, come se avesse un sapore aspro in bocca, annuendo lentamente. 

- Ma quanta fiducia, grazie. - rispose mettendosi le mani sui fianchi.

Lui serrò la mascella. Distogliendo lo sguardo.  - E' un torneo all'ultimo sangue, Lea. Pensi che avranno pietà di te? - continuò l'amico guardandola interrogativa.

- Pensi che io ne avrò per loro?- lo incalzò lei.  Rimase di sale. Aveva già deciso. Non vedeva il minimo dubbio. Ormai non c'era più nulla da fare. 

- Ma di cosa stiamo parlando!-  urlò adirato - Vuoi andare al macello dopo tutto quello che hai passato, che abbiamo passato?!- prese a dire, passandosi una mano sulla bocca. - Il principe vince da quattro anni di fila. Li uccide così in fretta da non fargli neanche sguainare la spada. E tu credi di poterlo battere? Sei brava. Molto brava. La migliore. Ma non quanto lui.-  disse concitato.

- Questo è da vedere. - rispose con una certa arroganza nello sguardo.

 - rispose con una certa arroganza nello sguardo

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 William lasciò la sua stanza senza aggiungere una parola.

 Lea fissò la porta per qualche istante sperando che lui rientrasse, ma non successe. Si strappò dalle spalle lo scialle gettandolo con stizza per terra. 

Si sedette sul letto, con un piede sul materasso e l'altro lasciato a penzoloni. Si mise le mani nei capelli. Se Will non l'avrebbe aiutata era sola. Non poteva dirlo e nessun'altro. Nessun'altro poteva capire e di nessun'altro si fidava. Il fuoco della vendetta le bruciava nelle vene ogni giorno e di notte in notte aumentava. Un giorno sarebbe esplosa e avrebbe ferito chiunque gli sarebbe stata vicino nel raggio di cento metri. Ma si imponeva di non farlo. Combattere era una valvola di sfogo, ma negli ultimi tempi non bastava più. Notava sempre più spesso che durante i combattimenti una rabbia irrazionale le cresceva nel petto e non riusciva più a controllarsi. Si fermava poco prima di finire l'avversario. Non era un'assassina. Ma lo sarebbe diventata al torneo. Doveva. La vita del principe per la sua. E non poteva permettersi di perdere, sentiva il peso della responsabilità sulle sue spalle. Tutti loro erano lì per lei. Per colpa sua.  Non li avrebbe delusi. Non di nuovo. 

Doveva solo non farsi scoprire per una settimana, poi il torneo avrebbe avuto luogo e ... il fato avrebbe fatto il suo corso. 

Tanto cosa poteva significare una bugia in più in una vita di menzogne...

Va bene, se sarò da sola, devo iniziare subito. Si disse. 

Il torneo sarebbe iniziato in sette giorni, e doveva pensare all'armatura, e alla tassa per l'entrata. Per non parlare poi del fatto che nell'arena non erano ammesse le donne, fatta esclusione per le prostitute dei gladiatori. Ma se lei andava lì per combattere non poteva presentarsi come una escort portando con sè spada e armatura in un sacco. Nessuno le avrebbe creduto, tanto meno l'avrebbero fatta entrare. Le serviva un'identità falsa, o quantomeno un nome falso, per l'aspetto non c'erano problemi, negli anni aveva imparato a camuffare il suo viso sottile e i lineamenti femminili con parrucche e cappelli.

C'erano troppe cose. Si grattò la testa preoccupata mentre il suo cervello calcolava come risolvere quei problemi. 

In più se la sua armatura e la spada fossero sparite notte tempo, Momo non ci avrebbe messo molto a fare due  più due... e non voleva far mentire William a suo zio a causa sua.

Era un bel casino.

- Lo Scaligero D'orato -حيث تعيش القصص. اكتشف الآن