7 justice

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- La ragazza è con me-.
Impiegai qualche minuto per comprendere che quella voce avesse parlato a noi. Il mio aggressore serrò la bocca, forse pronto a sganciare un bel destro a colui che aveva parlato, ma non appena si girò, i suoi occhi neri, dapprima freddi e crudeli, sembrarono rimpicciolirsi per la paura.
- Scusami- borbottò scappando e io riuscì nuovamente a respirare senza il suo tocco.
Finalmente alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti quegli occhi ambrati meravigliosi.
- Posso?- mi chiese. Io annuì come catturata dal suo sguardo, non avevo neanche capito cosa volesse.
Mi prese dolcemente la mano e l'altra la posò sul mio fianco, poi mi avvicinò leggermente a lui.
Era tutto così strano, meravigliosamente anormale. L'immagine del lupo si affievoliva sempre più, ma quella sensazione di sicurezza era sempre più forte.
- Ehm... Grazie. Anche se me la potevo cavare benissimo da sola- risposi sicura. Da dove proveniva tutta quella sicurezza?
Il giovane rise e rispose che non aveva alcun dubbio.
- Adesso vuole dirmi cosa ci fa qui?- domandò pacatamente facendomi fare una piroetta.
- Solo se mi darai del "tu"-.
Lo guardai e i nostri sguardi si incrociarono.
Quei bellissimi occhi sembravano volermi risucchiare in un vortice di emozioni.
- Accetto- mormorò senza interrompere il nostro contatto visivo.
Anche se con riluttanza, guardai altrove.
- Sto cercando una mia amica come ti ho ben detto, o meglio qualcuno con cui lei si vedeva. Pensavo potessi essere tu-.
- Chi è esattamente che lo vuole sapere- chiese con una punta di preoccupazione.
Il suo corpo era divenuto improvvisamente più rigido.
- Io-
- Analizza questo "io". Chi sei, come ti chiami-
- Chiamami Bells. E tu? Tu chi sei-
Solo allora mi accorsi che non stavamo più ballando: eravamo fermi sulla pista a studiarci a vicenda, con sospetto, ansia, eppure nessuno dei due aveva paura dell'altro. Quella sensazione di protezione continuava a esserci, e non ero solo io a sentirla, ma anche lui. Ne ero certa.
- Luke. Stai parlando con Luke, un semplice costruttore, artigiano di famiglie ricche-.
- E come fai ad essere entrato? Se fossi stato un semplice artigiano dubito che saresti entrato qui dentro. Insomma l'entrata si paga-.
"Ma cosa mi frega a me!? Sembra gli stia facendo un interrogatorio".
E mentre tentavo di tenere a freno la mia lingua lunga, il ragazzo sembrò pensare a lungo.
Era molto attraente mentre rifletteva, gli si formavano delle bellissime rughe sopra il sopracciglio destro. Nell'osservarlo complessivamente si notava però che nascondesse un gran fardello sulle spalle, un enorme peso che nessuno era mai riuscito ad alleggerirgli.
Non rispose, mi sorrise semplicemente e poi mi fece di nuovo volteggiare fra le sue braccia. Tremai al suo tocco e lui sembrò accorgersene perché mi strinse più a sé.
Poi si avvicinò al mio viso mentre io mi scioglievo. Credevo di essere immune al fascino maschile, credevo di non credere a questi stupidi giochetti, eppure adesso ero lì. Sentivo il mio corpo sciogliersi a contatto con la sua mano, sentivo le guance a fuoco e i neuroni del cervello cercare di dare una qualche sequenza logica a dei pensieri sconnessi. Perché stavo pensando alla nutella in quel momento? Non aveva alcun senso! Eppure mi ritrovavo a pensare al sapore delle sue labbra, ai possibili gusti e sapori che avrei sentito sulle mie.
Avevo già baciato in passato, ma quello che sentivo in quel momento era una sensazione nuova. Quando fu vicinissimo a me, chiusi gli occhi aspettando un contatto.
- Sei davvero stupenda Bells, non avevo mai visto una ragazza così bella. Ma New Orleans è una città davvero piena di segreti. Segreti che è meglio mantenere tali. Non conosco questa tua amica, ma se è scomparsa vuol dire che forse voleva scomparire, e se questo suo amico era rimasto segreto per tanto tempo, forse, dico forse, è meglio che rimanga tale-.
Poi lasciò la presa e nella frazione di tempo che mi occorse per metabolizzare e capire cosa fosse appena successo, lui era già sparito.


Il terreno era morbido, fastidioso al tatto. Lo potevo sentire sotto la pelle dei miei piedi nudi. Si insinuava fra le dita, fra le unghie facendomi brontolare per il nervosismo.
Poi riprendevo a correre, più veloce di prima, seguendo una traccia che non riuscivo a capire. Sembrava alcol, mischiato a sudore e cattiveria. Camminavo per le stradine della città deserta, sotto la luce della luna mentre in lontananza, dei lupi ululavano. La lingua solleticava contro i miei denti, implorando e chiedendo dell'acqua. Eppure io non la ascoltavo, continuavo a correre nonostante fossi sfinita.
Andavo più veloce di un automobile eppure riuscivo ad analizzare ogni dettaglio.
Qualche albero si ergeva qua e là, abitato da scoiattoli che, al mio passaggio, rimanevano immobili senza fiatare. Tutto era buio, nero: la luce rischiarava un po' il mio cammino facendomi notare una fila di case accanto a me. Non mi curavo però dell'oscurità, seguivo il mio naso, l'odore che sentivo.
Riconobbi il bar dove abitavo, dove dormivo, eppure stanotte non entrai, continuai a correre un po' più avanti. Poi rallentai di colpo e, con passo felpato e i denti all'infuori, voltai l'angolo di un vicolo.
Tre uomini varcavano ubriachi con una birra in mano, ridevano felici, anche se di divertente non avevano proprio nulla.
Intanto tre donne si rivestivano nascondendo delle banconote nel corpetto.
Mi avvicinai di più all'uomo girato di spalle dalle spalle larghe e i capelli corti.
Poi ringhiai e tutti si zittirono. Era stato come un tuono proveniente dall'alto. Le tre donne urlarono e scapparono mentre i tre uomini mi guardavano terrorizzati. Nessuno di loro però mi importava particolarmente, tutta la mia attenzione era attratta solo da lui, dall'uomo che sentendosi il mio fiato sul collo, non si era girato. Poi improvvisamente mi avventai sulla sua caviglia e lui si voltò urlando. Non gli vidi il viso, tutte le mie attenzioni erano rivolte a quella gamba. Sentivo il sangue di quella persona scorrermi nelle vene lasciandomi un sapore metallico ma piacevole, la carne cruda era gustosa, pastosa ma soddisfacente. Affondai di più i denti e toccai l'osso, fu a quel punto che l'uomo mi tirò un calcio con tutta la sua forza. Distinto volevo arretrare, ma non avevo alcun controllo del mio corpo e rimasi immobile ad incassare il calcio. Mi aspettavo del dolore, ma sentì del semplice solletico e il rumore di un osso che si rompeva. Lasciai la presa e lui cadde non riuscendo a reggersi in piedi, l'osso del piede era completamente andato.
A quel punto lo guardai in viso e lo riconobbi: era l'uomo ubriaco che voleva farmi "ballare" con lui con la forza.
Fu un attimo: mi misi sul suo sterno, poi gli fissai gli occhi neri che divennero supplichevoli, nessuno dei suoi amici muoveva un muscolo.
- Vi prego aiutatemi!-
-"Nessuno può aiutare quelli come te"- dissi e poi mi scaraventai sul suo viso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 30, 2018 ⏰

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